20 Giugno 2024 - 11.14

MONDO – Anche ‘l’uomo di Putin’ in corsa per il Nobel per la Pace: levata di scudi contro la candidatura vergogna

(comunicazione di Incandenza) Un’operazione di “ripulitura”, un esempio di soft war ai massimi livelli. E ancora, un tentativo di inquinare il tavolo culturale europeo diffondendo false informazioni. Questo lo scenario contestato dai 123 parlamentari di Ucraina, Romania, Lituania e Lettonia che in questi giorni hanno sottoscritto una lettera per chiedere al Comitato per il Nobel di togliere la nomination per Ruben Vardayan. Se ne è parlato alla conferenza stampa organizzata lunedì a Bruxelles, a cui hanno preso parte Yuriy Kamelcuck, membro del Parlamento ucraino, insieme alle Europarlamentari Karen Melchiorr del gruppo Renew Europe e Viola Von Cramon di Verdi/Alleanza libera europea.

Nel corso della conferenza Kamelcuck ha presentato il documento con cui i rappresentanti politici dei quattro Paesi contestano la nomination di Vardayan. “Ruben Vardayan – spiega Kamelcuck – è un imprenditore russo-armeno, diventato famoso dopo l’indagine dell’OCCRP, Organized Crime and Corruption Reporting Project, che ha rivelato dei passaggi di denaro attraverso la sua azienda agli stretti amici di Putin. Tra il 2006 e il 2013, oltre 4,6 miliardi di dollari sarebbero passati attraverso i conti offshore di Vardanyan. Lui stesso è stato inserito nelle liste preliminari di sanzioni, o direttamente nelle liste di sanzioni, da membri del Parlamento Europeo, dal Congresso degli Stati Uniti, dall’Ucraina guidata da Zelensky. Inoltre, secondo The Washington Times, il candidato al premio Nobel per la pace è anche collegato al regime criminale iraniano, che fornisce armi alla Federazione Russa dall’inizio della guerra, attraverso la Fondazione Gorchakov della Russia”.

Una situazione che crea imbarazzo nel Comitato per il Nobel. Anche in considerazione dei precedenti su questo fronte: nel 2022 gli ambasciatori di Russia e Bielorussia non sono stati invitati alla cerimonia di premiazione del premio Nobel a Stoccolma, mentre nel 2023 gli inviti per gli ambasciatori di Russia, Bielorussia e Iran sono stati prima inviati e poi ritirati dopo un’ondata di indignazione pubblica. In un comunicato stampa datato 2 settembre 2023, il Comitato Nobel ha poi dichiarato: “È importante e giusto raggiungere il più ampio possibile con i valori e i messaggi che il Premio Nobel rappresenta – ad esempio, attraverso il chiaro messaggio politico dell’anno scorso con il premio per la pace assegnato ai combattenti per i diritti umani dalla Russia e dalla Bielorussia così come agli ucraini che lavorano documentando i crimini di guerra russi”. La nomination dunque appare come un’altra campagna per diffondere l’influenza russa.

“Nel momento in cui Belgio, Svezia, Romania, Lituania, Lettonia e molte altre nazioni – prosegue Kamelcuck – sostengono l’Ucraina finanziariamente, politicamente e militarmente, il più prestigioso riconoscimento planetario permette la candidatura di un uomo di Putin”.

La situazione è stata rilanciata e portata all’attenzione del grande pubblico tramite l’azione dei parlamentari di Ucraina, Romania, Lituania e Lettonia. In totale 123 nomi, da questi quattro Paesi, hanno firmato lettere collettive chiedendo al Comitato Nobel di rifiutare la candidatura di Vardanyan nel 2024 e negli anni successivi. Tra questi, ci sono 18 membri della Verkhovna Rada dell’Ucraina, 71 membri del Seimas della Repubblica di Lituania, 21 membri del Seimas di Lettonia e 12 parlamentari della Camera dei Deputati della Romania, oltre al deputato europeo rumeno Cristian Terhes.

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