8 Luglio 2018 - 10.14

PFAS: interrogazione di Pierantonio Zanettin

Sulla vicenda PFAS torna Adn intervenire il deputato di Forza Italia, Pierantonio Zanettin, con un’interrogazione presentata in questi giorni al Governo.
“Come noto le falde acquifere venete risultano gravemente inquinate da Pfas e da tempo la Regione Veneto e Arpav si sono attivate con iniziative, sia relative al monitoraggio e trattamento delle acque destinate alla alimentazione umana, sia con approfonditi studi per accertare le cause dell’inquinamento. A seguito delle misure tempestivamente adottate dai Gestori del servizio idrico interessati, è stata registrata, nella zona interessata, una significativa diminuzione della concentrazione delle sostanze PFAS nelle acque potabili erogate mediante rete acquedottistica, con valori che già dal mese di settembre 2013 risultavano al di sotto dei livelli di performance indicati dall’Istituto Superiore di Sanità. Grazie all’attività e agli investimenti dei gestori Acque del Chiampo e Acque Veronesi, entro la metà di ottobre 2017 l’acqua distribuita nei Comuni con massima esposizione sanitaria, rispettava obiettivo di essere priva di PFAS. Secondo gli studi condotti dagli organi di controllo la maggiore responsabilità dell’inquinamento andrebbe ascritta alla ditta Miteni di Trissino, che nei decenni scorsi avrebbe interrato grandi quantità di scarti industriali, che sarebbero filtrati nel sottosuolo raggiungendo ed inquinando la falda. In queste ultime settimane tuttavia la ditta Miteni ha sostenuto che in realtà nel Veneto e nel vicentino da anni circolano grandi quantità di prodotti generatori di Pfas, molto più ingenti di quelle da lei prodotte creando volutamente confusione tra sostanze perfluoroalchiliche prodotte e poi sversate in falda dalla Miteni stessa quanto meno dall’anno 1990 (come attestato dalle indagini ambientali commissionate al tempo da Miteni e rese pubbliche sono nel 2017 grazie all’attività del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Treviso) e quelle acquistate e utilizzate peraltro in maniera legittima da altri soggetti. In particolare la Miteni ha citato uno studio dell’Echa, agenzia di regolamentazione delle sostanze chimiche dell’UE, pubblicato il 26 giugno scorso, documento richiesto da Germania e Norvegia che porterà alla definizione di una norma specifica sull’utilizzo del Pfoa. L’acido Pfoa è la seconda sostanza sostanza considerata più pericolosa (dopo il Pfos) della famiglia Pfas e risulta inserita nella tabella 3 “Schema individuazione target prioritari per il controllo delle sostanze negli articoli” del piano nazionale delle attività di controllo sui prodotti chimici anno 2018 in particolare nel settore tessile e prioritariamente per abbigliamento sportivo e tecnico. Da una parte la Regione Veneto ritiene che la Miteni in passato potrebbe aver scaricato 2-3 tonnellate l’anno di sostanze legate ai Pfas, dall’altra ora uno studio della società internazionale Global Markrt InSight commissionato dalla stessa Miteni, sostiene che solo lo scorso anno sono entrate nel Veneto circa 100 tonnellate di prodotti legati ai Pfas. Miteni sostiene peraltro che anche l’Echa riporterebbe per il Veneto valori ancora più elevati 1) i dati in possesso del ministero dell’Ambiente circa l’utilizzo sull’intero territorio nazionale, ed in particolare nel Veneto, di composti poli o perfluorurati, o di altre sostanze organiche che in seguito a processi di degradazione possano rilasciare tali composti poli o perfluorurati 2) i dati dei monitoraggi sulle acque destinate alla alimentazione circa la presenza di Pfas e Pfoa sull’intero territorio nazionale, ed in particolare nel Veneto. 3) i dati dei monitoraggi sulle acque superficiali circa la presenza di Pfas e Pfoa sull’intero territorio nazionale. 4) le risultanze analitiche dei controlli effettuati nel settore tessile e se il Ministero intenda estendere il controllo anche ad altri articoli del settore, dato che costituiscono di gran lunga il maggior quantitativo di articoli importati da extra UE e si chiede se il Ministero competente possa escludere che vi sia dilavamento di sostenze perfluoroalchiliche e loro derivati nel normale uso quotidiano (che comprende pulizia e lavaggi ripetuti) o nei processi di fine vita in discarica.”

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