3 Ottobre 2024 - 9.44

1992: l’estate del “prelievo forzoso”. Retroscena di una rapina

Umberto Baldo

Non ho potuto non chiedermi perché un ottantacinquenne che è stato per anni il geloso e riservato custode dei conti pubblici, dal suo scranno di Ragioniere Generale dello Stato, di punto in bianco abbia deciso di concedere un’intervista ad uno dei quotidiani più diffusi, svelando i retroscena di uno dei provvedimenti più controversi della storia della Repubblica italiana.

Ma cominciamo con l’inquadrare il periodo attraverso la mia personale esperienza. 

Eravamo nella prima decade di luglio del 1992, ed io con mia moglie Ivana eravamo in ferie, e precisamente in viaggio verso l’Olanda.  

Il primo giorno, dopo una tirata di centinaia e centinaia di chilometri in auto, alla sera ci fermammo a pernottare in quel di Colmar, nell’Alsazia francese.

Cosa fa un bancario passeggiando la sera per le vie in cerca di un ristorante?

Butta l’occhio sulle vetrine chiuse delle Banche, per vedere se sono uguali o diverse da quelle nostrane.

Allora l’euro era ancora di là da venire, ed ogni sportello bancario aveva ben esposto il tabellone dei rapporti di cambio fra le varie valute.

Ricordo nettamente che dovevo essermi incantato di fronte ad uno di questi tabelloni, tanto di indurre mia moglie a chiedermi se avessi qualche problema.

Io le risposi che non mi capacitavo del fatto che avevo cambiato lire italiane contro franchi francesi solo il giorno prima in Italia; ma se avessi cambiato in quel momento quei franchi, sempre contro lire, avrei guadagnato circa il 30%.

Confesso che non sono mai stato particolarmente duttile in materia di cambi, ma dopo aver rifatto più volte i calcoli ero sicuro del fatto mio, e dissi ad Ivana “Caspita, dai valori che vedo sembrerebbe che qui in Francia la nostra lira sia svalutata del 30%”.

Inutile dirvi che i banchieri francesi prezzavano la lira al valore reale, tanto che l’11 luglio, comprando ad Amsterdam un quotidiano italiano, appresi che il Governo Amato aveva deciso di applicare un prelievo forzoso retroattivo del 6 per mille sui conti correnti degli italiani.

Tornando all’intervista di Monorchio, che a mio avviso il “Ragioniere” ha deciso di concedere perché ad una certa età i ricordi sono difficili da custodire, specie se di quella portata, se la trovate (è stata pubblicata sul Corriere della Sera) vi consiglio di leggerla, non solo perché svela i retroscena di una “notte drammatica della Repubblica”, ma perché rievoca personaggi come Guido Carli, Carlo Azeglio Ciampi, Mario Sarcinelli, Mario Draghi, Francesco Cossiga, Oscar Luigi Scalfaro, Lamberto Dini, che furono attori in quegli anni. 

Ma venendo a quella notte fra il 9 ed il 10 luglio 1992, che credo nessuno che all’epoca avesse l’età della ragione, ed un saldo positivo sul conto corrente, abbia mai dimenticato, per la valenza e la portata di quella decisione di mettere le mani direttamente nelle tasche degli italiani ho sempre pensato ad un Consiglio dei Ministri con il coltello fra i denti.

Ma le cose si sono svolte in un modo nettamente diverso, quasi inimmaginabile.

Vale la pena di rievocare perché si giunse a quella drammatica decisione.

Lo spiega bene Monorchio: “L’Italia non aveva più soldi. Non avevamo niente. Niente. Da settimane la lira era sotto attacco speculativo. I mercati ci avevano abbandonato. E i tedeschi completarono l’opera: la Bundesbank annunciò che non ci avrebbe più sostenuto.  Carlo Azeglio Ciampi, che allora era Governatore di Bankitalia, provò per mesi a difendere la permanenza della lira nel Sistema monetario europeo, prima di essere costretto a mollare”.

Non so se vi è chiaro, ma il Paese era ad un passo dal default!  

Non c’erano più soldi per pagare nemmeno le pensioni alle nonne o gli stipendi agli statali.

Monorchio rammenta le critiche che colpirono Ciampi e le respinge: «Lui impedì che lo Stato finisse in ginocchio. Nel frattempo il Governo di Giuliano Amato  si adoperò con una manovra da 92 mila miliardi di lire, e con un decreto da 30 mila miliardi”. 

Fu allora che non si vide altra soluzione che mettere le mani sui risparmi dei cittadini.

Ma chi decise il prelievo forzoso retroattivo?

Anche in questo caso non c’è nulla di meglio delle parole di Monorchio: «La decisione fu assunta in un incontro a quattr’occhi tra il presidente del Consiglio e il ministro delle Finanze Giovanni Goria. Era notte fonda ed eravamo riuniti a Palazzo Chigi, alle prese con i numeri della manovra. Mancavano fra i sei e gli ottomila miliardi.  A un certo punto Goria disse ad Amato: “Andiamo di là”. Tornarono dopo venti minuti e il premier disse ai ministri: Potete andare a dormire. Non lei Monorchio”».

Ma la vera particolarità fu la riservatezza che avvolse l’intera operazione.

La decisione del prelievo forzoso fu cioè tenuta assolutamente segreta, per evidenti motivi: se fosse trapelato qualcosa il sistema Italia sarebbe collassato. 

Di conseguenza nessuno fu informato: non i Ministri, non il Capo dello Stato, e nemmeno il Governatore di Bankitalia Ciampi (che si incazzò di brutto).

Capite che era del tutto anomalo che le massime cariche dello Stato fossero tenute all’oscuro di una tale manovra, che avrebbe per anni condizionato la fiducia dei cittadini nello Stato.

C’è un altro particolare “gustoso” svelato da Monorchio, relativo sempre alla segretezza: “Quando verranno desecretati i verbali della riunione, si vedrà che tra i provvedimenti citati quello del prelievo forzoso non è agli atti. Per non menzionarlo, il premier si trincerò dietro una sorta di scioglilingua e passò avanti”.

Pensate ragazzi, uno scioglilingua (sic!).

Resta il fatto che la decisione rimase segreta (anche per Monorchio) fino alla sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale (e ancora oggi inspiegabilmente quel verbale di un provvedimento finanziario di 32 anni fa è coperto dal “segreto di Stato”).

Ma d’altronde come non capire che si era di fronte ad una emergenza “vera”, forse senza eguali nella storia repubblicana, e che Giuliano Amato, per fronteggiare la speculazione dei mercati che si accanivano sulla lira,  si prese la responsabilità politica di un provvedimento da regime sudamericano.

Ed ebbe il coraggio di farlo ben sapendo, come poi accadde, che gli si sarebbero riversate addosso le proteste di tutti: Ministri, Partiti di maggioranza. Forze di opposizione, Sindacati e quant’altro.

Ma in fondo Giuliano Amato si trovò a raccogliere i frutti avvelenati delle politiche dei Governi degli anni 70-80, che vararono una serie di riforme senza alcuna copertura finanziaria. 

Si creò così lo zoccolo duro del debito pubblico, che poi si amplificò a dismisura con il sopraggiungere dell’inflazione a due cifre (erano gli anni delle baby pensioni, di quelle di invalidità ai falsi invalidi, dei posti nelle ferrovie,  dei forestali ……ecc.).

E da quel momento la crescita del debito non si  è più fermata, fino a raggiungere il record attuale di 3mila miliardi, ma non di vecchie lire, bensì di euro.

Un’ultima notazione per la precisione: Andrea Monorchio alla domanda del giornalista se fosse d’accordo con il prelievo forzoso deciso da Amato risponde con un secco “NO”.

Umberto Baldo

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