ASIAGO – Il turismo delle disgrazie: i curiosi armati di smarphone nei boschi devastati
Gente ovunque. Ma non per aiutare, spalare, pulire, liberare le strade. No: per fotografare, documentare, “catturare” lo strazio dei boschi devastati, in un paesaggio quasi lunare. In Altopiano, nel weekend appena passato, non è sfuggito ai più i molti “turisti delle disgrazie”: curiosi che sono saliti in quota solo per fare qualche foto dello scempio di un habitat – che ha solo bisogno ora come ora di pace – per postarla sui social. Nonostante gli innumerevoli appelli del Cai, che sono rimbalzati nella websfera e anche nei mass media tradizionali, sono stati molti coloro che sono saliti per vedere di persona la devastazione del maltempo. Certo, c’è stato chi ha pianto sinceramente i boschi andati, perché erano parte di una Storia, di un vissuto, della vita di molti. Certo, i locali avevano anche bisogno del turismo del Ponte di Ognissanti, per riprendersi: gli asiaghesi lo aspettavano dalla fine dell’estate, il lungo Ponte. Ma molti sono stati coloro che sono saliti, armati di smartphone, solo per fare foto, parcheggiando ovunque le auto e ostruendo chi da una settimana senza tregua sta cercando di sistemare, pulire, raccogliere, salvare il salvabile. E c’è stato anche chi si è portato a casa qualche ramo di abete rosso caduto, così, come souvenir di un bosco che non c’è più. Mentre passa l’ennesimo turista hi-tech in scarpe da ginnastica con drone al seguito, un vecchio malgaro scuote la testa, demoralizzato: “Lasciateci piangere i nostri boschi e tornate poi, ad aiutarci a piantare altri alberi dove adesso ci sono solo crateri. Qua vedo persone con i telefonini e nessuno con la pala in mano”. Gli controbatte il giovane nipote: “Nonno, lo sai che i tg nazionali non hanno mai parlato dell’Altopiano in questi giorni? E’ solo grazie alle persone comuni che sono salite fin qui a fotografare che l’Italia si è resa conto del nostro disastro”. Opinioni diverse, di generazioni – forse – opposte. Insomma, chi per un eccesso di zelo, chi per una poco encomiabile curiosità, rischia di intralciare le già problematiche operazioni di sistemazione. “Potrei sopravvivere alla scomparsa di tutte le cattedrali del mondo, non potrei mai sopravvivere alla scomparsa del bosco che vedo ogni mattina dalla mia finestra”- diceva il Maestro Ermanno Olmi, che proprio qui girò in concomitanza con il centenario della grande guerra il suo film “Torneranno i prati”: ma dove finisce la voglia di documentare oggettivamente questo strazio naturale e inizia la spettacolarizzazione dell’Altopiano martoriato? Lo ha detto anche il Governatore del Veneto Zaia, lanciando ieri un appello ai cittadini: “Evitate il turismo delle disgrazie. Non siete d’aiuto. Aspettate che si ripristini bene la viabilità e poi cominciate ad andarci per andare a sciare o fare una gita, la montagna si aiuta anche così”. Aggiungendo anche che: “Non deve serpeggiare la leggenda metropolitana che lì non vale la pena di andare – ha aggiunto – perché non c’è più nulla”. “Alla fiera di Longarone, Arredamont – ha rilevato facendo un esempio -, ci si arriva tranquillamente, si può andare per dare una mano agli artigiani espositori”.
Foto di Marco Cherubin