PASSAGGIO A NORD – Il ritorno del lupo nel Vicentino: una convivenza possibile
di Anna Roscini
C’era una volta un lupo, anzi tanti lupi. All’inizio del Novecento scomparvero progressivamente da tutto il nord Italia, per poi farvi ritorno. Da Esopo a Fedro, dai fratelli Grimm alle pagine dei giornali odierni: da sempre il lupo ricopre il ruolo del cattivo, ma nella realtà? Se fossero le favole e non i lupi ad essere pericolose? Andiamo a conoscere meglio questo affascinante, quanto temuto, animale con lo scrittore e naturalista Giancarlo Ferron.
Come mai il lupo ha fatto
ritorno nel Vicentino e da dove è arrivato?
«All’inizio
degli anni ‘70 la popolazione di lupi era ridotta a circa un
centinaio di esemplari che occupava un ridotto territorio
dell’Appennino centro meridionale. Dopo la tutela legale della
specie, che ha trasformato il predatore da specie “nociva” a
specie “particolarmente protetta”, il lupo appenninico ha
ri-colonizzato spontaneamente tutta l’Italia e parte della Francia.
Il secondo motivo di questo ritorno è l’epocale cambiamento
ambientale avvenuto in Italia negli ultimi decenni che si può
riassumere in quattro punti: il progressivo abbandono delle zone
montane e rurali da parte dell’uomo; la conseguente espansione del
bosco e delle zone incolte; l’aumento esponenziale dei grandi
mammiferi come capriolo, cervo e camoscio; l’introduzione di
animali alloctoni a scopo venatorio come il muflone e, soprattutto,
il cinghiale. I nostri lupi, intesi quelli vicentini, sono frutto di
un incontro di due popolazioni: quella appenninica e quella dinarica
(slovena). Nella primavera del 2012 un lupo maschio e una lupa
appenninica fondano un nuovo branco sulle montagne della Lessinia
veronese. Dal quel giorno ad oggi c’è stata una progressiva
ri-colonizzazione delle pre- Alpi e delle Alpi del nordest italiano.
Soggetti provenienti dalla Lessinia, dalla Svizzera e dalla Slovenia
stanno riconquistando territori in provincia di Trento, Belluno,
Treviso e Vicenza. Nel Vicentino ci sono branchi stanziali in
Altopiano e sul Monte Grappa.»
Perché
alcune persone credono che sia stato reintrodotto?
«Perché
credere è più facile che sapere. Credere alle chiacchiere del bar è
più comodo che mettersi a leggere qualche libro o partecipare a un
convegno. Il ritorno del lupo è un fatto documentato
scientificamente in maniera incontestabile; negare questo è come
sostenere che la terra è piatta».
Di
cosa si nutre? Come ha modificato l’equilibrio preesistente?
«Il
lupo è un grande predatore: preferisce prede selvatiche di medie e
grosse dimensioni. I predatori catturano gli animali più deboli
fisicamente e meno esperti, quindi giovani, vecchi e malati. I dati
ci dicono che il lupo può far diminuire fortemente il numero dei
mufloni (specie alloctona) ma non intacca più di tanto la densità
di cervi, caprioli e camosci. Il lupo è anche un opportunista quindi
se trova animali domestici non custoditi ne approfitta. In materia di
equilibri si può concludere che quello naturale è stato integrato e
perfezionato; invece l’equilibrio lupo allevatore è abbastanza
compromesso».
Quali
misure sono state adottate per proteggerlo dai bracconieri?
«Le
misure per proteggere il lupo dal bracconaggio non sono diverse da
quelle previste dalle leggi vigenti per proteggere il resto della
fauna selvatica. Il lupo è classificato dalla norma come specie
particolarmente protetta, pertanto uccidere un lupo è un fatto che
costituisce reato e che prevede la pena dell’arresto da due a otto
mesi».
Quali
invece per proteggere l’attività degli allevatori?
«Le
misure attualmente disponibili per tutelare il bestiame allevato
vanno dall’indennizzo del danno provocato dai lupi, alla fornitura
di difese passive come recinti elettrificati o dissuasori acustici.
Detto così sembra facile ma non lo è affatto: la posa in opera e la
manutenzione dei recinti elettrificati comporta un lavoro in più per
l’allevatore. Inoltre la difesa efficace deve essere integrata con
la presenza dell’allevatore in malga e l’ausilio di cani da
guardiania».
Convivenza
tra uomo e lupo, è possibile?
«Certo
che è possibile: in nessun luogo del mondo l’uomo ha smesso di
fare l’allevatore per colpa del lupo. I contadini non hanno smesso
di coltivare per colpa della grandine o della siccità. Il problema è
che c’è bisogno di un cambiamento culturale profondo e di un
coinvolgimento istituzionale molto forte. L’amministrazione
pubblica deve stare vicina all’allevatore sia da un punto di vista
tecnico, con periti del settore che consigliano il pastore sui
migliori sistemi di difesa, sia da un punto di vista economico».
Perché
oggi questa convivenza si respinge con diffidenza anziché scegliere
la strada della conoscenza e dell’accettazione?
«Perché
la convivenza è la via più difficile e onerosa ma è anche l’unica
possibile. Il vecchio sistema, che consisteva nella eliminazione
fisica di tutto ciò che creava disturbo all’uomo, ha portato
all’estinzione di una infinità di specie viventi indispensabili
per la sopravvivenza del pianeta su cui viviamo. Oggi si parla di
“antropocene” per indicare che l’uomo è la causa della sesta
estinzione di massa».
Il
lupo nelle fiabe è sempre cattivo, nella realtà come lo
descriverebbe? È pericoloso per l’uomo?
«Il
lupo cattivo delle fiabe non è quello che gira per i boschi ma è la
nostra “bestia interiore”. La vera belva feroce è dentro di noi:
è provato che l’uomo è capace di crudeltà che non trovano
paragoni in tutto il resto del mondo animale. Per questo le fiabe ne
parlano spesso, è un modo per esorcizzare la paura di ciò che siamo
noi verso i nostri simili. Per quanto riguarda il lupo selvatico non
ci sono problemi di pericolosità. Il lupo non si è mai estinto
dall’Italia eppure non ci sono notizie di aggressioni verso l’uomo
negli ultimi cento anni. A livello globale si trova qualche
statistica ma riguarda casi limite e con numeri trascurabili. Il lupo
non è pericoloso per l’uomo o non lo è di più di un camoscio o
di qualsiasi altro animale selvatico».
Quale
valore può rappresentare per le nostre aree montane?
«Ci
vorrebbe un libro per rispondere a questa domanda. Il lupo, come
qualsiasi altro essere vivente animale o vegetale, è un tassello
importante del grande puzzle della biodiversità del Pianeta.
Considerando i disastri ambientali che noi, come specie, abbiamo
causato alla Terra, dobbiamo chiederci se quando una specie ricompare
in un certo territorio la dobbiamo prendere a fucilate, oppure se
dobbiamo proteggerla come un valore comune. Non dimentichiamo mai che
il primo problema del pianeta è il riscaldamento globale, il secondo
è quello della perdita di biodiversità».