24 Ottobre 2019 - 10.44

“Vicenza, cinque cose che odio di te…”

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di Alessandro Cammarano

Vicenza è una città bellissima; non lo diciamo con spirito di campanile – vabbè forse un po’ sì, ma solo un pochino – ma perché i monumenti del centro storico, i dintorni, i Berici che le fanno corona e le montagne in lontananza la rendono uno scrigno prezioso. Ci sono anche delle vere brutture, per non dire orrori, che macchiano in parte lo splendore non solo di Palladio. Sperando che il lettore non decida di passare alle vie di fatto, venendoci a cercare per picchiarci selvaggiamente al grido di “Vicenza città bellissima”, abbiamo fatto una piccola classifica delle cinque cose che a nostro giudizio sono cose davvero brutte, promettendo che il prossimo pezzo sarà invece sulle cinque davvero belle o bellissime.

Iniziamo con Campo Marzo, che più che brutto è ad oggi un orrore indecente. Porta di Vicenza per chi arriva in treno – poi parleremo anche di quello… – è ridotto ad un orrendo bivacco di umanità eterogenea fatta di senzatetto e tossicodipendenti che si sono appropriati di uno spazio che chi scrive ricorda come uno dei suoi luoghi di gioco preferiti. Si era tentato il rilancio con la piccola biblioteca, che aveva attirato un pubblico diverso dalle badanti e i loro picnic, ma il nuovo corso della politica – quello che per intenderci “l’ordine prima di tutto” – ha reputato di doverla abbandonare al suo destino trasformandola in un Bed and breakfast per pantegane. Senza parole. Al momento Campo Marzo, che si anima solo nel periodo delle abominevoli giostre, fonte anch’esse di risse e spaccio più che di divertimento per i più piccoli, è al primo posto degli orrori cittadini.

A breve distanza il secondo, ovvero la stazione ferroviaria – alla cui costruzione si oppose fieramente Antonio Fogazzaro, a questo punto forse non con tutti i torti – unica tra quelle riqualificate da Trenitalia che non ha un singolo spazio commerciale affittato e in uso. Non c’è più nemmeno l’edicola, quando a Padova o a Verona alla stazione si può anche fare la spesa grazie ai piccoli supermercati aperti al loro interno. Un bar, una tabaccheria, la libreria e null’altro; anche la banca ha chiuso. Ma che città è quella che accoglie il turista senza un punto d’informazione turistica disponibile alla discesa dal treno?

Non va meglio a chi arriva in città in auto provenendo da ovest – e qui siamo alla terza schifezza – dato che la zona di San Lazzaro è di fatto abbandonata a se stessa. C’era un albergo, un buon quattro stelle, che è stato chiuso diventando in breve rifugio di sbandati di varia estrazione. Giusto di fronte all’ex hotel fatiscente il vecchio capannone industriale semidiroccato che dovrebbe diventare – udite udite – l’ennesimo ipermercato, probabilmente inutile dal punto di vista commerciale ma forse capace di riqualificare in parte l’area. Se si prosegue su viale Verona–Viale San Lazzaro si incontrano palazzi che avrebbero fatto orrore anche ai quartieri popolari londinesi di epoca vittoriana, quelli stigmatizzati da Dickens per intenderci.

Il quarto grido di dolore è la viabilità, contorta, confusa, schizofrenica. Non è solo colpa dei cantieri che spuntano come funghi dopo un temporale, ma da chi gestisce i flussi di traffico e la cantierazione dei lavori, riuscendo a creare ingorghi terrificanti, resi ancora più demoniaci dalla protervia degli automobilisti. Riuscire a passare indenni la rotatoria della Auchan è impresa da raccontare, anche se all’Albera il destino non è migliore.

Quinto grido disperato: Piazza Matteotti che sembra un parco di Amsterdam. Siamo d’accordo che le bande di ragazzini avvolte in nuvole di fumo aromatico e pungente, di quello che lascia storditi – a volte anche piacevolmente – gli anziani che passano sotto il palladiano portico colonnato di Palazzo Chiericati, non sia il massimo della vita, ma non è che multando gli adolescenti scapestrati si risolva nulla. Educare è sempre meglio che reprimere; chi scrive è un Dan Chisciotte idealista, ma forse lo spiegare che ciò che sta dentro il palazzo è molto ma molto meglio di quel che c’è fuori potrebbe aiutare. Alla prossima, con le cinque cose belle di Vicenza.

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