22 Novembre 2019 - 21.21

PASSAGGIO A NORD – A caccia di tartufi nelle montagne vicentine

Prezioso gioiello dei nostri boschi dall’aroma inconfondibile, ingrediente pregiato e molto apprezzato. Con l’arrivo dell’autunno il tartufo ritorna a profumare i nostri piatti. Difficile non conoscerlo e non amarlo, ma forse non tutti sanno che il mondo dei tartufi è pieno di curiosità. Il tartufo è un fungo ipogeo che vive in simbiosi con le radici di alcune piante, cresce in ambienti non inquinati e si può trovare anche nelle nostre montagne oltre i mille metri. Il resto ce lo racconta Silvano Marangoni, allevatore e addestratore di cani da tartufo.

Per andare a tartufi è necessario possedere un apposito tesserino? 
«La raccolta del tartufo è regolata da una normativa nazionale, che ha demandato ad ogni regione la facoltà di disciplinare la raccolta dei tartufi con una legge propria. Una volta ottenuto il permesso, che è appunto emesso dalla regione, c’è la possibilità di andare a tartufi in tutta Italia. Quando il tartufaio esce dalla propria regione, deve quindi conoscere le norme della regione dove andrà. Per esempio, i tempi di maturazione sono diversi a seconda della regione. Può capitare inoltre che in alcune regioni si possa andare a cercare tartufi di notte e in altre no. In Veneto, per avere il tesserino è necessario sostenere un apposito esame a Venezia. Una volta rilasciato, il tesserino vale cinque anni e poi si può rinnovare. Per il momento siamo l’unica regione dove i possessori di tesserino non devono pagare una tassa annuale».

Qual è il periodo di raccolta?       
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Nel Veneto, nel suo complesso, abbiamo la raccolta ammessa tutto l’anno. Nelle montagne vicentine, proprio dall’autunno fino all’inizio dell’inverno, possiamo trovare due tipi di tartufo caratteristici di questa stagione: il Mesenterico, che sarebbe il tartufo nero di Bagnoli, e l’Uncinato che è una varietà dello Scorzone o del tartufo estivo. Questi si possono trovare anche oltre i mille metri».

Si può andare a cercare tartufi senza cani?
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Si potrebbe tecnicamente, ma è assolutamente vietato dalla normativa. Certamente, ci sono svariati modi con cui si può capire dove c’è un tartufo: purtroppo la tecnica più usata è quella di andare nell’albero simbionte e di zappettare tutto intorno per tirare fuori i tartufi. In questo modo però si rompe la simbiosi tra l’albero e il fungo, creando un grave danno all’ambiente. In quel luogo infatti stenterà a riapparire il tartufo. La legge prevede invece che si possa prendere il tartufo solamente dove il cane ha iniziato a scavare. Dopodiché il lavoro può essere finito dal cane, oppure può intervenire il tartufaio con un attrezzo. Anche qui, ci sono dei limiti: gli attrezzi troppo grandi possono essere invasivi e fare danni alle radici o al micelio».

Come ci aiutano questi preziosi animali?
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Il tartufo, quando la spora è pronta, comincia ad emanare un forte profumo. Può essere infatti che il tartufo sia già bello grosso, ma non essendo pronto non emana alcun odore. L’odore serve ad attrare gli animali che lo vanno a cercare per mangiarselo. Il cane ci aiuta proprio in questo: grazie al suo fiuto sopraffine riesce a percepire il profumo del tartufo da fuori anche a decine di metri di distanza. L’emanazione non dipende solo dalla maturazione del tartufo, ma anche da un sacco di fattori ambientali, tra cui l’umidità, la temperatura, la presenza del vento e così via».

Ogni razza di cane può essere addestrata per cercare tartufi?
«Tutti i canipossono essere addestrati per la ricerca del tartufo, specialmente quelli da cerca come il Lagotto, il Labrador, il Cocker, il Retriever e così via. Certo, l’epigenetica, che studia le mutazioni genetiche e la trasmissione di caratteri ereditari non attribuibili direttamente alla sequenza del DNA, ci mostra come le reazioni che un cane elabora a seguito degli stimoli dell’ambiente possono essere trasmesse ai suoi discendenti per via ereditaria. Nel momento in cui un cane viene addestrato per fare un determinato lavoro, i suoi figli saranno più portati a far quel medesimo lavoro».

Cosa ci dice la legge in merito alle quantità che è possibile raccogliere?
«Nelle altre regioni ci sono dei limiti di quantità, nel Veneto attualmente invece non ne abbiamo. Nel caso poi volesse venderli, il tartufaio paga una ritenuta di acconto di cento euro all’anno che gli permette di emettere ricevute fino a settemila euro senza avere nessun altro tipo di tassazione».

Quali sono i comportamenti da tenere per rispettare l’ambiente?
«Secondo la legge bisogna sempre coprire le buche aperte per l’estrazione dei tartufi con la terra precedentemente rimossa e il terreno deve essere regolarmente livellato per coprire la micorizza. In questo modo si evita di danneggiare la simbiosi fra albero e fungo. Personalmente cerco poi anche di diffondere le spore nel momento in cui è finita la stagione. Solitamente tengo da parte del tartufo che macino e spargo nei boschi di modo da avere una continuità della specie».

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