A proposito di Greta… a proposito del clima
di Umberto Baldo
Fino a non molti anni fa l’interesse dell’uomo qualunque per il clima si limitava di fatto alle previsioni del tempo per il giorno dopo.
Fra l’altro molto meno precise di quelle di oggi, visto che la scienza è progredita, ed i satelliti aiutano molto i meteorologi. In tempi recenti la sensibilità collettiva si è comunque sempre più concentrata sui cambiamenti climatici, sollecitata in questo dal fatto che, oggettivamente, siamo di fronte ad un progressivo aumento della temperatura media dell’atmosfera terrestre, i cui effetti sono ben visibili, e vanno dallo scioglimento dei ghiacciai a fenomeni atmosferici estremi quali alluvioni, cicloni, ondate di calore, siccità e quant’altro.
Che il fenomeno sia serio non c’è alcun dubbio, tant’ è vero che, a partire dagli anni ’70, si è aperto un dibattito a livello internazionale che ha visto varie conferenze organizzate dall’Onu, fra cui quella in corso in questi giorni a Madrid, e si sono firmati protocolli, di cui quello di Kyoto del 1997 è il capostipite.
Peraltro quasi tutti disattesi. Vi avviso subito che se pensate di trovare in queste poche righe una soluzione ai problemi del clima siete su una strada senza uscita. Sarebbe pura follia solo immaginarlo, e quindi qui ci limiteremo a dare uno sguardo alla problematica, concentrandoci su alcuni protagonisti dello scontro. E di questi tempi non si può parlare di clima ignorando Greta Thunberg, la ragazzina svedese che è diventata un fenomeno mediatico planetario, finendo per incarnare l’icona della lotta per contrastare il cambiamento climatico.
Questa “santificazione” non era scontata, ma a mio avviso era abbastanza prevedibile, in quanto, in questa fase storica dominata dai social, Greta è diventata qualcosa che sta a metà tra una moda politico-mediatica, ed un movimento di massa già presente ad attivo in alcune fasce delle nostre società occidentali. Le sue parole cadono come pietre sulla cattiva coscienza collettiva, suscitando un movimento di massa che assume per certi aspetti toni quasi “mistici”.
Il meccanismo è simile a quello che divide coloro che sono favorevoli all’immigrazione, da coloro che invece sono per la chiusura di tutte le frontiere.Anche per il clima si riproduce la medesima divisione fra buoni e cattivi.
Il tutto condito dai toni quasi “millenaristici” della ragazzina svedese, che minaccia un’apocalisse prossima futura, cui si oppongono coloro che invece sostengono che siamo di fronte a fenomeni che la Terra ha già visto nello scorrere dei secoli e dei millenni.
A rispondere alle sollecitazioni di Greta sono stati ovviamente tutti i movimenti ambientalisti, ma la vera novità è che il suo messaggio ha pesantemente coinvolto il mondo giovanile, che nel marzo scorso ha scioperato e manifestato per chiedere politiche più incisive contro il cambiamento climatico.
Senza voler sembrare a tutti i costi un iconoclasta, non posso non osservare che mobilitare i giovani consentendo loro di saltare un giorno di scuola, meglio se venerdì, non è poi così difficile. E poi sono sicuro che, riposti i cartelli pro Greta, la quasi totalità di quei ragazzi che si sono sgolati nelle manifestazioni, la sera stessa hanno mangiato i soliti hamburger, hanno utilizzato l’aria condizionata a “manico”, e magari sono volati per il week end a Londra spendendo meno di 20 euro con una compagnia low cost.
E pensare che Greta, che individua negli aerei una delle principali fonti di inquinamento atmosferico, per andare e venire dall’America ha utilizzato un catamarano.
E’ comunque evidente che si tratti di una provocazione, perché lo capisce anche un bambino che bloccare il traffico aereo vorrebbe dire bloccare il mondo, e che l’alternativa “acquea” non sarebbe certo praticabile per la quasi totalità dei comuni mortali.
In questo vero e proprio fenomeno “mediatico” la società, come spesso succede, si è divisa fra “pro” e “contro”; quelli che proponevano per la ragazzina addirittura il premio Nobel, e quelli che vedono Greta oggetto di una strumentalizzazione da parte degli ayatollah dell’ambientalismo nimby. In generale io trovo che si pecchi di un atteggiamento troppo ideologico sia da parte degli ambientalisti che dei “negazionisti”.
Ovviamente, per completezza del ragionamento, ritengo utile riportare anche le ragioni di chi pensa che il problema dei cambiamenti climatici sia troppo serio per lasciarlo sulle spalle di una ragazzina.
E badate bene che non si tratta di persone qualsiasi.Stiamo parlando di scienziati del calibro di Renato Angelo Ricci, professore emerito di Fisica all’Università di Padova, già presidente della Società Italiana di Fisica e della Società Europea di Fisica. «Non si può prendere una ragazzina e mandarla in giro per il mondo a “lottare”, contro il cambiamento climatico. Ma che significa? È un’affermazione che ha la stessa logica di chi afferma di volere “lottare” contro il fatto che la terra giri su se stessa”. Con queste parole si è espresso il prof. Ricci. Con Ricci si sono schierati fior di scienziati quali Uberto Crescenti, Franco Prodi, Antonino Zichichi.
I quali non hanno solo parlato, ma hanno messo nero su bianco una petizione “controcorrente”. Un documento in cui, basandosi su dati scientifici, hanno specificato che la prima questione da puntualizzare è che relativamente al clima quello che non si sa è più di quel che si sa.E di conseguenza uno scienziato serio, che non voglia cavalcare tendenze di moda o sterili polemiche, e non lasciarsi trascinare in inutili allarmismi, deve giocoforza basarsi su “fatti concreti”, e non accontentarsi di modelli considerati infallibili, che prefigurano scenari opinabili.
Sempre gli stessi scienziati lamentano che chi non si allinea alla “vulgata” prevalente, che predica che i cambiamenti climatici hanno per lo più origine dalle attività umane, è destinato ad essere messo al bando. Denunciando l’assurdità di questa situazione, che impone ad illustri studiosi di andare in pensione per poter dire veramente cosa pensano, perché se lo facessero quando sono in attività diventerebbero subito dei “negazionisti” imbecilli o addirittura criminali.
Secondo i “gretini”, come qualcuno ironicamente definisce i seguaci della Thunberg, la riprova della veridicità della sequenza logica “cambiamento climatico=riscaldamento globale=riscaldamento globale antropico” starebbe nel fatto che viene condivisa da più del 90% degli scienziati.
Al riguardo, mi permetto timidamente di osservare che se le verità scientifiche si affermassero a colpi di maggioranza, ai suoi tempi Galileo era un isolato quando affermava che la terra è rotonda, e se avesse vinto la maggioranza degli studiosi che seguivano le teorie metafisiche propugnate dalla Chiesa Cattolica, oggi saremmo tutti “terrapiattisti”.
Va quindi riaffermata la necessità di ribadire la validità del “metodo scientifico”, che per merito di Galileo è l’unico valido per spiegare i fenomeni della fisica.Le posizioni estemporanee, peggio se sostenute da certezze basate su tesi ideologiche, sono sempre da evitare.
Tanto per capirci, pensate che quarant’anni fa, a metà degli anni settanta del secolo scorso, Newsweek Magazine del 28 aprile 1975 usciva con un articolo in cui segnalava la presenza di minacciosi segnali che il trend climatico della Terra volgeva verso il “raffreddamento”. Predicendo crollo della produzione agricola mondiale e catastrofi varie. Previsioni che non si sono rivelate veritiere, come possiamo adesso constatare.
Come vi accennavo all’inizio, questo non è il luogo per schierarsi fra i sostenitori di Greta, o accreditarsi fra coloro che contestano le sue certezze. Ma non si può negare che nella storia del nostro Pianeta, che è ben più lunga di quella dell’uomo, il clima sia sempre cambiato.I passaggi fra periodi freddi e periodi caldi ha provocato nei millenni sconvolgimenti epocali, innalzamento ed abbassamento del livello dei mari, ed estinzioni massive di specie animali e vegetali. Limitandoci a periodi a noi più vicini, il clima cominciò a scaldarsi ai tempi di Augusto, e non è un caso che Roma si sia espansa prima a sud e poi a nord delle Alpi. Ma gli inverni cominciarono a farsi più freddi e umidi intorno al 250 d.C., ed il clima rimase freddo fino al IX secolo. L’Alto Medioevo fu un bruttissimo periodo; le cronache di Gregorio di Tours, nel VI secolo, narrano di piogge, temporali, nevicate e gelate, inondazioni e carestie.Tutto cambiò fra l’anno 1.000 ed il 1.330, e talvolta in quei secoli faceva più caldo che ai nostri giorni, tanto che le cronache parlano di sepolture in Irlanda ed in Groenlandia. Naturalmente ci furono alti e bassi. Nel 1.118 ghiaccia la laguna di Venezia, e successivamente solo cent’anni dopo, nel 1.234. Nell’estate del 1.022 a Norimberga si registrarono decessi causati dal caldo, e si riusciva a coltivare la vigna sulle rive del Baltico, in Inghilterra, in Scozia e nella Norvegia meridionale. Gli episodi di rilievo sono infiniti, a riprova che il clima è sempre stato una variabile incontrollata, e forse incontrollabile.E qui sta il punto della questione.Non c’è dubbio che le argomentazioni di Greta Thunberg sono in larga parte condivisibili, ma bisogna evitare che si affermi una sorta di religione dogmatica dell’ambientalismo. Per certi aspetti l’ecologismo è un “”vezzo da ricchi”, e non a caso molti grandi Paesi in via di sviluppo, come Brasile, India, Cina denunciano l’ ”eco-colonialismo” dei Paesi industrializzati, respingendo ogni freno alla loro potenzialità di crescita, fosse anche in nome dell’equilibrio ambientale globale o dei diritti delle comunità locali. Non dico che abbiano ragione, ma il rischio è di cadere in una pretesa “Faustiana” di dettare legge al clima.
Di volere il tempo non “come Dio lo manda” ma come lo vogliamo noi. Né troppa acqua né poca, né sole torrido ma neanche anemico, tutto ben temperato, senza sbalzi né sconquassi. Ciò non vuol dire che non si debba fare niente, che non si debbano mettere in atto comportamenti rispettosi dell’ecologia. Ma senza inutili isterismi. Soprattutto senza sperare che siano risolutivi, perché non esiste possibilità di ritornare al giardino dell’Eden.