Caritas vicentina sui profughi: “Niente strumentalizzazioni!”
Con una lunga nota Don Giovanni Sandonà, direttore della Caritas Diocesana Vicentina, interviene sul tema dei migranti. Oltre che a precisare e a descrivere il fenomeno migratorio nelle sue diverse componenti, Sandonà invita a non strumentalizzarlo per scopi politici. In questo post pubblichiamo interamente l’intervento, che farà sicuramente discutere perché assolutamente in contrasto con molti degli interventi di diversi leader politici nazionali e locali negli ultimi giorni. Ecco quindi il documento di Sandonà…
Le polemiche di questi giorni sull’arrivo di profughi, l’ipotizzata integrazione dell’operazione Mare Nostrum con Frontex Plus, così come la vicenda dei tassisti arrestati in Germania ci mette davanti agli occhi ancora una volta, tutta la complessità di questo fenomeno epocale, sul quale credo ciascuno debba impegnarsi ad evitare interventi fuori modo, più che fuori luogo, per la responsabilità dei contraccolpi sociali, etico-culturali ed educativi che queste prese di posizione possono avere.
Ancora a fine marzo di quest’anno avevamo pubblicamente sottolineato quanto la situazione fosse preoccupante perché non c’era un piano di emergenza da parte del Governo nel caso in cui gli sbarchi avessero dovuto continuare, come era prevedibile.
Già sei mesi fa ricordavamo come la pressione di centinaia di migliaia di persone pronte a partire dal Nord Africa fosse stata segnalata dall’autunno 2013 dall’UNHCR e ricordavamo anche come si trattasse di persone con precisi progetti migratori per lo più in transito in Italia, quindi diversi da quelli degli arrivi del 2011.
Oggi il mondo è sempre più instabile. Attualmente gli arrivi a cui stiamo assistendo sono frutto del conflitto siriano, ma anche di molteplici e nuove situazioni di instabilità politica ed economica; il tutto aggravato dalla situazione in Libia che, con “due governi” e “due parlamenti” contrapposti, implode nel cuore del Mediterraneo, ove si imbarcano anche molti migranti economici provenienti dall’Africa subsahariana. Ecco perché la gran parte delle persone che sbarcano in Italia hanno il loro progetto migratorio verso altri Stati dell’Unione. Siriani ed eritrei, infatti, non permangono nelle strutture di accoglienza, ma riprendono immediatamente il loro viaggio verso altre destinazioni, prevalentemente nord europee.
Diversa è la situazione degli afghani e pakistani che giungono via terra in Friuli Venezia Giulia e che si vanno ad aggiungere alle già faticose accoglienze dell’operazione Mare Nostrum. Queste persone non permangono solo poche ore sul nostro territorio, ma si fermano il tempo necessario alla definizione della loro posizione legale.
La situazione è quindi molto complessa e variegata, ogni singolo segmento migratorio è composto da flussi che si differenziano l’uno dall’altro. Inoltre oggi è in atto in Iraq un nuovo flusso che sta coinvolgendo migliaia di cristiani e islamici moderati cacciati a forza dalle milizie dell’Isis.
Già a marzo dicevamo che si trattava di un’emergenza umanitaria che non pareva destinata a ridursi ma anzi, al contrario, ad aumentare. Ecco perché parliamo di fenomeno epocale. Rammarica, quindi, dover constatare la facile previsione, ma non si vede ancora un’adeguata consapevolezza di quanto sia epocale e quindi tutt’altro che transitorio questo fenomeno. Confermo quanto detto allora: è doveroso il soccorso in mare, non possiamo infatti essere complici di vere stragi di vite umane, ma neppure l’accoglienza può essere improvvisata. Se l’esperienza del 2011 è stata lacunosa, quella di quest’anno, è vero, lo è stata ancora di più.
Una situazione così complessa, dunque, non può essere affrontata con slogan o strumentalizzata a scopi ideologici o di facile consenso, che hanno come conseguenza moltiplicare le paure, fomentare contrapposizioni etnico-classiste e alimentare derive etiche. Anche la cronaca di questi giorni inerente ai “tassisti” conferma quanto detto con un nuovo inedito tassello, che va ad aumentare ulteriormente lo spettro della complessità del fenomeno. Se poi a questo aggiungiamo l’atteggiamento degli Stati dell’Unione Europea, che in tempo di campagna elettorale fingevano di non sapere e non vedere e oggi ricominciano, con un tasso di ipocrisia evidente, a tutelare le frontiere, ben si capisce che non bastano titoli-ricette.
E quindi? Occorre piuttosto educare la consapevolezza dell’immensa complessità del fenomeno migratorio. Plurale nelle sue cause e quindi altrettanto plurale e necessariamente sinergico nelle azioni risolutive. Questo vuol dire governo del soccorso e dell’accoglienza su scala nazionale, coinvolgimento della riluttante Unione Europea, interventi delle economie e delle diplomazie intercontinentali per la stabilizzazione politica ed economica del bacino del Mediterraneo, del Medio Oriente e dell’Africa Sub-Sahariana. Tutte azioni più facili a dirsi che a farsi, e tanto meno dall’oggi al domani.
Forse dunque, per non contrapporre a titoli altri titoli, risulta più realistico accettare come fisiologico questo fenomeno, anche se questo non vuol dire subirlo. Ben venga quindi anche la tutela della legalità lì dove si moltiplicano episodi delinquenziali, ma senza scorciatoie semplicistiche che come già dicevo, hanno come conseguenza quella di moltiplicare le paure, fomentare le contrapposizioni, alimentare derive etiche e di tipo etnico-classista.