Teatro Olimpico, viaggio al di qua del confine…
Dopo l’attesissima prima di “Io, Nessuno e Polifemo” di Emma Dante e la calorosa accoglienza del pubblico e della critica, il 67° Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza, “Il viaggio al di qua del confine” prosegue con un appuntamento oltre i confini del mito, oltrepassando le regole della tradizione che narra di amore e tradimenti con uno spettacolo che racconta della storia di Elena di Troia, in modo inconsueto e trasgressivo, nella prospettiva del marito tradito e abbandonato.
Il secondo appuntamento sarà con “Ménélas rebétiko rapsodie” di Simon Abkarian, in scena sul palcoscenico del Teatro Olimpico venerdì 26 e sabato 27 settembre alle 21.00; lo spettacolo è recitato e cantato in francese con sopratitoli in italiano.
Il 67° Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza è promosso dal Comune di Vicenza, Assessorato alla Crescita, in collaborazione con la Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza; è realizzato con il contributo di AIM Gruppo e Il Giornale di Vicenza per la Cultura.
Simon Abkarian, attore francese di origine armena, nasce artisticamente al Théâtre du Soleil di Ariane Mnouchkine, per diventare poi una star del cinema e della televisione francese; il suo volto è noto al grande pubblico per l’interpretazione nel ruolo del cattivo (il trafficante d’armi Alex Dimitros) in Casino Royale, episodio 2006 della serie di James Bond; ha dato la voce al severissimo padre della piccola Marjane Satrapi nel film di animazione Persepolis del 2007; è stato più volte il bandito in popolari serie tv francesi.
Nella “seconda parte” della sua carriera, Simon Abkarian ripercorre in un’alternanza costante alcuni topoi del mito greco e diverse tappe fondanti della storia del suo popolo. Con la sua compagnia ha messo in scena: Pene d’amor perdute di Shakespeare (Théâtre des Bouffes du Nord, 1998), L’Ultime Chant de Troie di cui ha realizzato un adattamento da Euripide, Eschilo, Seneca e Parouïr Sevak (MC93 di Bobigny, 2000) e Tito Andronico di Shakespeare (Théâtre National de Chaillot, 2003). Nel 2010/2011 ha presentato Mata Hari di Jean Bescos al Théâtre des Bouffes du Nord e al Théâtre National di Tolosa. Nel 2008 ha scritto e messo in scena Pénélope ô Pénélope. Lo spettacolo ha ottenuto il Prix du syndicat de la critique 2008 per il migliore testo teatrale (Théâtre national de Chaillot, 2008; tournée 2009/2010 in Francia, a Beirut, Madrid…). Nel 2011/2012 ha scritto Ménélas rapsodie. Nel settembre 2013 ha presentato il seguito di Pénélope, Le dernier jour du jeûne al Théâtre du Gymnase di Marsiglia.
È dunque questa veste di uomo di spettacolo conscio della sua identità, delle sue radici e delle lacerazioni della storia del Mediterraneo (nato in Francia nel 1962, è cresciuto in Libano all’epoca della guerra civile, è dovuto emigrare nuovamente a Parigi e poi in California) ad aiutare Abkarian nella sua ultima fatica teatrale, in cui si trova a incrociare, o meglio a incarnare la parabola di Menelao, il re di Sparta al quale un bel giorno il fedifrago principe troiano Paride involò roditoriamente la moglie Elena, la donna più bella del mondo.
Nell’ambito del 67° Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico, direzione artistica di Emma Dante, Abkarian porta dunque all’attenzione del pubblico un poema in musica e parole, a volte grossolane, di amore e disinganno, che racconta la sofferenza amorosa di Menelao per Elena, la donna che l’ha stregato. Con lui, a cantare le pene d’amore in musica, ci saranno due musicisti greci, Giannis Evangelou alla chitarra e Grigoris Vasilas alla voce e al bouzouki. Un tavolo, tre sedie e una tovaglia diventeranno schermo per le parole delle canzoni e contribuiranno a ricreare l’atmosfera di un caffè mediterraneo o balcanico, per catturare lo spettatore nel mistero del mito che travalica i confini geografici.
Oltre ad esserne il protagonista, Simon Abkarian firma anche la regia di “Ménélas rebétiko rapsodie”; la direzione di scena è affidata a Maral Abkarian, il disegno luci a Jean-Michel Bauer.
Del suo lavoro, andato in scena con successo nei teatri francesi, Abkarian ci dice “Ho voluto interrogare e comprendere la solitudine di Menelao e tentare di ridisegnare i contorni di questa pena d’amore, sempre occultata dalla guerra di Troia. Ho voluto convocare una parola scritta, una lingua densa e ardua, un linguaggio poetico, lirico, triviale. A far diventare tutto questo teatro saranno l’incarnazione, la magia, e l’arte della recitazione. Come nel mio precedente lavoro Pénélope ô Pénélope, ho voluto tendere verso una lingua francese che non disdegnasse i congiuntivi e i condizionali. Ho voluto ridare centralità al verbo, senza artefici. Nella messa in scena, pertanto, non si ricorrerà a effetti di alcun tipo. Ci saranno soltanto tre sedie, un tavolo, un attore e due musicisti. Dei rebeti.”.
Il Menelao di Abkarian dà così voce a un lungo e tormentato monologo, che attraversa con rara potenza verbale tutta la gamma dell’espressività, e a tratti si anima di scambi e battibecchi con la coscienza del protagonista (e la voce allora si sdoppia), a tratti viene inseguito e interrotto dagli altri due artisti presenti in scena, due Greci d’oggi che suonano e cantano rebètika al tavolo di un bar, come fossimo in una taverna degli anni ‘20 a Smirne o al Pireo. Lo straniamento che produce nel pubblico questa eteroclita ambientazione
– che non vuole in realtà “attualizzare” né “storicizzare”, ma semmai “ripercorrere” contaminando momenti della storia – è raddoppiato dalla singolarità del protagonista nel quadro del suo lungo pedigree letterario. ..
L’umanità di questo Menelao è tanto più intensa in quanto non indulge alla riconciliazione post eventum …. il Menelao di Abkarian si ferma a guardare in faccia la propria paura, prende la parola in prima persona dinanzi a noi, e nel suo monologo intessuto degli stili e dei registri più diversi ci parla della sofferenza di un uomo, della forza dell’amore, del dolore come strumento di conoscenza, dei vincoli del potere, dei legami di ospitalità, e di molte altre cose. Una dolente realtà di canto e di parole sulle sponde del Mare Nostrum. (Filippomaria Pontani).
Il terzo appuntamento del 67° Ciclo di Spettacoli Classici – venerdì 3 e sabato 4 ottobre – sarà “Giulio Cesare. Pezzi staccati” alle 20.00 e alle 22.00, intervento drammatico della Socìetas Raffaello Sanzio, ideazione e regia di Romeo Castellucci.
Informazioni e biglietti per gli spettacoli
I biglietti sono in vendita alla Biglietteria del Teatro Comunale, sul sito del Teatro www.tcvi.it
I biglietti per gli spettacoli sono in vendita anche alla biglietteria del Teatro Olimpico, in Piazza Matteotti 3, la sera degli spettacoli, dalle ore 19 alle 21, a partire da mercoledì 17 settembre.
Il prezzo dei biglietti è di 28,00 euro (intero), 24,00 euro (ridotto over 65), 15,00 euro (ridotto under 30). Per la performance “Giulio Cesare. Pezzi staccati” (3-4/10) il prezzo dei biglietti è di 10,60 euro (intero) e 8,00 euro (ridotto over 65 e under 30).
Per ulteriori informazioni:
infolimpico@tcvi.it – tel.: 0444 327393 – www.tcvi.it/classici2014