Predazioni da lupo: “Per poter lavorare in malga dobbiamo essere tutelati”
Gli allevatori veneti hanno perso poco meno di 800 animali a causa delle predazioni da lupo. Ed i casi, nell’ultimo triennio, sono in netto aumento. Dal 2017 al 2019, infatti, sono stati registrati almeno cento casi in più.
Tempi duri per chi fa l’allevatore e decide di portare in malga i propri animali per assicurare agli stessi un livello indubbio di benessere e, ai consumatori, un prodotto di maggior qualità. Infatti, la minaccia del lupo continua ad essere all’ordine del giorno e rappresenta una complicazione in più, che si aggiunge al già impegnativo lavoro di chi ha un allevamento.
“Si dice che la qualità paga, ma a giudicare dai numeri non sembra proprio così. Nel triennio 2017-2019, rispetto al precedente periodo 2013-2016 – spiega il presidente di ARAV, Floriano De Franceschi – la presenza di nuclei stabili di lupo e le conseguenti predazioni hanno iniziato ad interessare non più solo la Lessinia, ma anche le aree pedemontane del Vicentino, del Bellunese e del Trevigiano. Dal 2017 al 2019 i capi oggetto di predazione sono passati da 385 a 480, ma a questi non possiamo non aggiunge i 302 capi ad oggi dispersi, che portano a ben 782 i capi di fatto sottratti agli allevatori veneti”.
La risposta che arriva dalla Regione Veneto è il rifinanziamento del fondo indennizzi e prevenzione con 250 mila euro.
Risale a quasi due anni fa, però, il protocollo firmato con la Regione, esattamente il 10 luglio 2018, dal titolo “Danni arrecati dal lupo”. Un documento recante misure precise per la prevenzione ed il contenimento dei predatori, ma, ad oggi, questa iniziativa è rimasta in gran parte lettera morta, avendo previsto soltanto un modesto ristoro a favore degli allevatori colpiti.
All’epoca, il presidente di Arav, Floriano De Franceschi, tra i firmatari del protocollo unitamente a Regione Veneto, Coldiretti Veneto, Lattebusche, Latterie Vicentine, Latteria Soligo ed i Consorzi di tutela Asiago, Monte Veronese e Montasio, era stato chiaro: “l’attesa è stata lunga, ma auspichiamo di arrivare ad un piano di contenimento, unico sistema per salvaguardare animali, territorio e produzioni”. Ed aveva aggiunto: “si sente sempre più spesso parlare di benessere animale, ma non si tratta di un vezzo, bensì di un punto di arrivo di un sistema allevatoriale che mira sempre di più alla qualità dell’allevamento e delle produzioni, per consentire la sostenibilità delle stalle. Gli animali vengono portati in montagna per assicurare un’alta qualità del latte, ma tutto ciò si può continuare a fare a patto che il territorio sia sicuro e non comporti la perdita di animali. Il lupo, così come gli altri grandi predatori che negli ultimi anni hanno fatto capolino, rappresenta un problema concreto e noi allevatori, oggi, se decidiamo di andare in malga, sappiamo di non avere mezzi efficaci per proteggere i nostri animali e siamo spesso costretti a restare svegli di notte per evitare che finiscano preda dei grandi carnivori”.
Due anni fa Arav riteneva che la Regione avesse fatto ciò che poteva, ma che ad agire dovesse essere il governo centrale, con disposizioni chiare ed attuate urgentemente, almeno per scongiurare che negli anni a venire si ripetessero le predazioni. “Oggi ci ritroviamo a parlare dello stesso tema – conclude De Franceschi – con la differenza che gli animali “sottratti” agli allevatori, nel frattempo, sono aumentati. E non vediamo all’orizzonte un interessamento e delle soluzioni tali da garantire un’inversione di tendenza. E pensare che sovente gli allevatori vengono tacciati come coloro che non mettono in pratica il benessere animale, anzi “sono accusati di maltrattamenti, sfruttamenti ed ogni altra nefandezza, ma su ciò che i lupi ed altri predatori fanno, e che è dimostrato dalle numerose foto di uccisioni, nessuno si esprime o agisce”.
La posizione di Arav resta quella di sempre: “occorre un Piano di contenimento del lupo, per far sì che gli allevatori possano tornare a lavorare in malga. “L’Altopiano di Asiago, ma anche il Veronese, il Trevigiano ed il Bellunese, le aree più colpite dalle predazioni, sono ricchi di eventi anche per la nostra presenza e la diffusione dei predatori mina pesantemente tutto ciò, con un impatto sul turismo e l’economia del territorio. Un territorio che rischia di vivere una situazione di abbandono e noncuranza, per l’allontanamento dalle malghe da parte degli allevatori”.