10 Aprile 2020 - 15.44

Dagli anziani rapaci ai menefreghisti dei divieti: storie di Covid-19

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di Alessandro Cammarano

Prosegue la clausura da Covid-19 – lock-down lo facciamo dire e usare a quelli che non mettono insieme un congiuntivo e un condizionale – che forse si allenterà un po’ dopo il Lunedì dell’Angelo altrimenti chiamato Pasquetta. In attesa del tripudio dei crediti miliardari, che speriamo arrivino davvero e presto, a beneficio di piccoli e grandi e soprattutto in barba agli orribili coltivatori di tulipani – per i cui bulbi nel XVII secolo andarono a zampe all’aria – che ci mettono le pale dei mulini tra le ruote, continuiamo a stigmatizzare i comportamenti di pochi irresponsabili che mettono a repentaglio la salute di molti. Nonostante l’inasprirsi delle sanzioni, o meglio delle ammende – pochi sono a conoscenza del fatto che l’ammenda comporta una condanna penale e la conseguente macchia sulla fedina, con tutto ciò che comporta di negativo – i maniaci del giro in auto non demordono. Sulle giustificazioni riportate nelle autocertificazioni si potrebbero scrivere romanzi, il più delle volte comici ma in alcuni casi degni di Stephen King. Fermato dalla pattuglia di turno il furbastro esibisce con malcelata sicumera il foglio prestampato – giunto oramai alla quattordicesima versione con integrazioni e riscritture – su cui, alla voce “dicci perché sei in giro”, stanno vergate a caratteri incerti e in Italiano il più delle volte discutibile frasi del tipo “o andato a una visita medica” oppure “mia nona la g’aveva el cagotto fulminante e gli ho (stavolta con l’H) portato i fermenti latici”. Peccato che il lestofante da osteria abbia sul sedile posteriore dell’auto la sacca con le racchette da tennis e, interrogato dal Carabiniere, si giustifichi con un “la nonna scagazzona ha, del tutto casualmente, un campo di terra rossa e perfettamente battuta proprio accanto alla corte dove vive. Ho approfittato per fare due palle con Giobatta il contadino suo dirimpettaio”. Denunciato! Peggio è il “manager” rampante che, generalmente alla guida di un’auto che il più delle volte non si può permettere, sventola infastidito l’autocertificazione che recita “Partecipazione a inderogabile meeting per operare un focus sul core-business della corporation”; il solerte brigadiere di pattuglia obbietta avanzando un: “Mi scusi, ma questa cosa non si poteva fare in videoconferenza?”. Il cialtrone incravattato rilancia con un arrogante “Lo smart working è riservato ai collaborators; noi managers (con la esse!!!) abbiamo bisogno dell skin-contact face-to-face”; il brigadiere conclude con un lapidario “Il magistrato la sentirà via Skype, si faccia trovare. Intanto firmi qui.”. Il peggio avviene però al supermercato, visto da molti come l’unica via di fuga dalla forzata permanenza ai propri domicili. Schiere di novelli Edmondo Dantès – meglio conosciuto sotto il nome di Conte di Montecristo – si mettono in fila anche più volte al giorno, millantando vuoti di memoria abissali a seguito dei quali, appena tornati a casa con i sacchetti della spesa si accorgono, ma guarda un po’ tu, di aver dimenticato le uova. Allora nel pomeriggio si rimettono in coda per l’acquisto per poi “dimenticare” qualcosa d’altro da comprare il giorno seguente e così via. Il lanciafiamme sarebbe d’obbligo. Una sottocategoria del supermercatista compulsivo è quella del “vecchio rapace”; il sesso è indifferente: donna o uomo che sia l’arpia o l’avvoltoio da corsia dei surgelati è egualmente pericoloso. Insofferenti alla mascherina – il fatto di essere scampati alla Spagnola, all’Asiatica, alla Terza Guerra Punica e alla Peste Nera li rende spavaldi –, intolleranti ai guanti e spesso scaracchianti si aggirano tra pelati e biscotti incuranti delle distanze di sicurezza; anzi, si ammucchiano, fanno crocchio, discutono sul rincaro di tre centesimi della fecola di patate, con i carrelli fanno barricate che nemmeno i rivoltosi durante la Comune di Parigi. Guai a contraddirli! Ti si rivoltano contro con sguardi che in quello di Medusa in confronto è un occhio benevolo e frasette del tipo “Ai miei tempi i giovani portavano rispetto!”, oppure “La dittatura ci vorrebbe!”. Non vale la pena di ribattere, sennò bisognerebbe uscirsene con una cosa sul genere di “Signora, ai tempi da lei così aulicamente vagheggiati l’avrebbero arsa sul rogo dopo averla torturata…”. Il meglio, comunque, lo danno alla cassa. Sgomitano, sbuffano, si schiariscono la gola – mettendo in giro qualunque bacillo disponibile su piazza – e soprattutto ti stanno a quindici centimetri; inutile opporsi, non capirebbero, in particolare gli uomini che tra l’altro sono più lenti di un bradipo bidattilo a sistemare la spesa nei sacchetti. Pericolosissime anche le mammine con passeggino e bimbo/a– bardato come “The day after tomorrow” e di conseguenza spesso cianotico – che di solito si trovano nel settore Bio e lacrimano sul tofu mancante o sulla quinoa che scarseggia, fino a farsi prendere dalle convulsioni per l’assenza di curcuma; sappiamo con certezza che riproveranno nel pomeriggio, magari col bimbo di un’amica e un’autocertificazione fantasiosa. Consiglio finale: mezz’ora d’aria in terrazzo e mandate la nonna di un amico a fare la spesa per voi.

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