PASSAGGIO A NORD – Le guide dell’Altopiano pronte a ripartire con le dovute precauzioni
La primavera avanza: i prati verdi si tingono del giallo del tarassaco sull’Altopiano dei Sette Comuni, il cielo è azzurro e l’aria è limpida. Di fronte a un simile spettacolo, è impossibile pensare che la montagna possa vivere giorni bui. Ma quale sarà il futuro delle nostre montagne? L’abbiamo chiesto ad Anna Sella, accompagnatrice di media montagna e guida naturalistica ambientale che nel 2008 ha dato vita all’associazione Guide Altopiano, insieme alla collega Francesca. Perché, come scrisse William Blake, quando uomini e montagne si incontrano, grandi cose accadono.
Chi sono le guide
dell’Altopiano?
«Siamo un gruppo di guide con abilitazioni miste: tra di noi ci sono accompagnatori
di media montagna iscritti al collegio delle guide alpine, guide naturalistiche
ambientali, accompagnatori turistici, istruttori di nordic walking, di
equitazione, di mountain bike, e anche un bagnino per l’accompagnamento su
barca. Insomma, copriamo tutta l’attività outdoor a 360°».
La montagna ai tempi del
coronavirus. Quando sperate di potere tornare al lavoro come accompagnatori e
come state ripensando la vostra attività?
«Per il momento, purtroppo, siamo un po’ in balia delle decisioni del governo,
ma noi saremmo già pronti a ripartire con tutte le dovute cautele, quindi con mascherine,
gel disinfettante e così via. Essendo la nostra un’attività all’aria aperta non
ci sarebbero poi nemmeno problemi circa il distanziamento: in escursione possiamo
tranquillamente tenere anche due metri di distanza l’uno dall’altro. Sicuramente,
per il futuro, abbiamo deciso comunque di limitare i numeri: se fino a qualche
mese fa organizzavamo escursioni con una ventina di persone, adesso ci
limiteremo al massimo a dieci persone. Poi ci sarà il grande problema del cibo:
prima, per pranzare durante un’escursione o cenare tutti insieme al suo termine,
ci appoggiavamo a strutture alberghiere o rifugi che adesso dovranno
attrezzarsi per mantenere le distanze di sicurezza. Di conseguenza, anche noi,
per lo meno inizialmente, faremo probabilmente solo pranzi al sacco. Non
sapendo quale sarà il destino dei nostri partner di attività, non possiamo
prevedere nulla. Purtroppo è un momento di crisi per il nostro settore: il
turismo è stato messo in secondo piano. Speriamo quindi non ci daranno delle
limitazioni troppo restrittive, perché altrimenti diventerebbe difficile,
nonché quasi impossibile, fare un accompagnamento per tre o quattro persone. I
costi infatti lieviterebbero».
Dal 4 maggio è giustificata
ogni uscita dal domicilio per l’attività sportiva o motoria all’aperto anche
lontano da casa. Si ritorna quindi a camminare in montagna nella propria
regione e nel rispetto delle raccomandazioni prescritte. Quali i vostri
consigli per vivere in questo momento la montagna in sicurezza?
«Sicuramente
di non essere sprovveduti. Consideriamo il periodo: siamo ancora ad inizio
maggio e quindi dovremmo in ogni caso escludere la montagna alta, dove è ancora
presente la neve. In secondo luogo, consiglio di seguire tutte le prescrizioni:
capisco che andare in montagna con la mascherina non sia tanto comodo, ma
bisogna utilizzare il buon senso anche in camminata. Un conto è se si è soli in
mezzo a un bosco, ma sono molto preoccupata per questo weekend: cominceranno ad
esserci persone, e laddove ci sono persone bisogna mantenere le distanze e
usare tutte le precauzioni. È importante rispettare le regole se non vogliamo
tornare al punto di partenza e stare di nuovo a casa. Credo sia una questione
di educazione civica: in questo momento più che mai non ci possiamo permettere
di non rispettare le regole, anche se scomode. Le regole della montagna poi rimangono
invariate. Anche se è da due mesi che non usciamo, bisogna utilizzare sempre la
massima prudenza: dall’abbigliamento alla scelta dell’itinerario. In montagna
non si andrebbe mai via da soli, ma dato il particolare momento storico, se si
va da soli, bisogna almeno ricordarsi di dire sempre a un familiare dove si va e
quale percorso si è scelto di fare».
Si è detto che la montagna sa
aspettare, ma come sta la natura senza l’uomo?
«Abito in prossimità del bosco e mi son resa conto che gli animali ora escono molto
di più allo scoperto. Vicino a casa mia ho visto passeggiare caprioli e camosci.
Credo che gli animali abbiano avuto un momento di respiro e si siano chiesti dove
improvvisamente eravamo finiti tutti. D’altra parte, la montagna è fatta anche di
attività umane che non possono essere trascurate, basti pensare alla
manutenzione dei sentieri. In questo periodo alcune attività per fortuna non
sono mai cessate proprio perché c’era necessità di non fermarle: la cura del
bosco, per esempio, così come l’attività dei boscaioli. Non abbiamo foreste
vergini, abbiamo un bosco che è gestito dall’uomo e che deve continuare ad
essere gestito».
Abbiamo vissuto giorni di
isolamento e di distanziamento sociale e abbiamo avuto molto tempo per
riflettere sulle cose più importanti nella nostra vita. Sapranno le persone
mettere di nuovo al centro la natura?
«Io credo che questo periodo di isolamento abbia sicuramente avvicinato le
persone a quelle che sono le reali esigenze e abbia fatto loro capire il valore
reale delle cose. Nelle nostre escursioni cerchiamo di spiegare l’insegnamento
che la natura ci può dare: più vivi a contatto con la natura, più ti distacchi
dalle cose superflue e materiali della vita. Io penso che questi due mesi di
isolamento in realtà, anche se non erano in natura, hanno fatto percepire il
valore delle cose più semplici che ci son state portate via in questo momento
di isolamento sociale. Spero sia stato un insegnamento e che, ora che abbiamo
sentito cosa significa la sua mancanza, ci sia più rispetto per la natura.
Quando manca una cosa, solitamente poi si impara a darci il giusto valore. Almeno
me lo auguro, anche se sono un po’ preoccupata dalla ripresa delle attività
economiche: se in questo periodo abbiamo assistito ad una riduzione significativa
dell’inquinamento, è vero anche che ora quasi tutti gireranno di più con la
propria automobile, utilizzando meno i mezzi pubblici».
Abbiamo visto gli effetti della
reclusione sul nostro corpo e sulla nostra mente. La montagna è un toccasana
per il benessere psicofisico?
«Assolutamente sì, ci sono molti studi che lo dimostrano. Chi vive a contatto
con la natura ha un contatto diretto con la terra che lo rende psicologicamente
più felice, perché ritorna ad avere un rapporto più sereno con l’ambiente
esterno. Credo che l’ambiente esterno influenzi sia il comportamento sia la
socialità. Molte persone utilizzano la montagna come una cura per il proprio
malessere: tanti escono con noi perché si sentono soli, hanno bisogno di star insieme
ad altre persone. Unire la socialità di un gruppo alla vita di una montagna, quindi
al valore e alla bellezza paesaggistica, credo che diventi come una droga: crea
dipendenza».