24 Luglio 2020 - 9.58

PASSAGGIO A NORD – Per non dimenticare: visita ai luoghi della memoria sul Monte Ortigara

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di Anna Roscini

Se le montagne potessero parlare, chissà quante storie avrebbero da raccontare. Passi, suoni, visi e, talvolta, anche tanta sofferenza. Ci troviamo a 2105 metri di altitudine, sul Monte Ortigara nell’Altopiano dei Sette Comuni, teatro di crudeli e sanguinose battaglie durante la Prima guerra mondiale. Proprio su questa cima, nel giugno del 1917, persero la vita oltre 12.000 soldati mandati sul fronte a combattere in nome della patria; proprio qui i migliori battaglioni alpini furono sconfitti dagli austroungarici. Una montagna dunque divenuta sacra, testimone di ciò che è stato e che non deve più accadere. Proprio in ricordo di questo luogo, gli astronomi Ulisse Munari e Maura Tombelli, dell’Osservatorio astrofisico di Asiago, scelsero di chiamare “Monte Ortigara” l’asteroide 8944, così da tenere sempre viva la memoria di una delle più tragiche battaglie della Grande guerra e di tutti coloro che qui si sacrificarono.

La battaglia del Monte Ortigara, il calvario degli Alpini
Sono appena passate le cinque del mattino del 10 giugno quando i comandi italiani danno inizio alle operazioni belliche contro le linee austroungariche. Le divisioni partono verso le pareti scoscese della montagna, mentre 430 cannoni e 220 lanciabombe iniziano a colpire le trincee asburgiche. Su tutto l’Altopiano si alza una fitta nebbia: al momento dell’attacco le fanterie escono dalle trincee sotto la pioggia. Sono in parte favorite dalla nebbia che, in alcune zone, le nasconde agli occhi del nemico. All’estremità nord del fronte, l’attacco viene sferrato attraverso tre varchi: sulla sinistra nella Valle dell’Agnella, centralmente dai battaglioni Sette Comuni e Verona e, infine, sull’estrema destra dai battaglioni Bassano e Monte Baldo. Passano otto giorni e inizia il bombardamento: le fanterie italiane escono dalle trincee per ripetere l’attacco. È il 19 giugno quando Cima Ortigara viene vinta in quarantacinque minuti, ma gli Alpini sono stanchi e decimati e non hanno le forze di continuare l’avanzata per riconquistare l’Altopiano e ottenere un “completo successo tattico”. Alle 2:30 del 25 giugno parte il contrattacco austroungarico: un forte boato sconvolge la vetta e, quarantacinque minuti dopo l’inizio della controffensiva, un razzo segnalatore bianco squarcia il cielo confermando al generale Goiginger che il monte Ortigara è stato riconquistato. I comandi italiani, invece di ripiegare, rispondono ordinando un vasto contrattacco che porta a crescere il numero dei soldati caduti. Il 26 giugno il generale Cadorna ordina finalmente di assumere un atteggiamento difensivo, ma il Cuneo, costretto a rimanere ad alta quota, viene condannato. È il 29 giugno quando i resti del battaglione vengono fatti prigionieri dagli austroungarici e si conclude la battaglia sul Monte Ortigara. Per comprendere la violenza del combattimento, basti pensare che in una sola mezza giornata gli austriaci consumarono 200 tonnellate di munizioni.

Sui passi della storia: escursione al Monte Ortigara e visita ai luoghi della memoria
Da Gallio si seguono le indicazioni per località Campomulo: dopo avere superato il rifugio Campomuletto la strada diventa sterrata ed è bene procedere con maggiore cautela. Si prosegue mantenendo la strada principale per circa 7,5 km fino a raggiungere il bivio che conduce al Piazzale Lozze (1771 m), dove si lascia l’automobile. Da qui, si prende il sentiero 840 e si giunge alla Chiesetta del Lozze (1890 m), ricostruita nell’aprile del 1927; al Sacello, che raccoglie i resti dei caduti tra le rocce dell’Ortigara, e al monumento dedicato alla Madonna degli Alpini. La bandiera tricolore dipinta sui sassi nel sentiero ci indica per tutto il nostro itinerario la direzione da seguire: procediamo in mezzo a profumati cespugli di pino mugo e arriviamo al Baito Ortigara. Da qui si può scegliere di salire a Cima Ortigara sia dal sentiero di sinistra, in 35 minuti, che dal sentiero di destra, in 45 minuti passando per il Passo dell’Agnella. Consigliamo di scegliere il primo e di utilizzare il secondo per la discesa (entrambi numerati 840). Arrivati sulla sommità, a quota 2105 m, troviamo ad attenderci la colonna mozza eretta nel 1920 dall’Associazione Nazionale Alpini per non dimenticare. Lasciato il cippo italiano, si prosegue verso il cippo austriaco (2086 m). Si comincia dunque la discesa per il sentiero che passa per il Passo dell’Agnella: il primo tratto su roccia si rivela il più insidioso e sono presenti, nei tratti più difficoltosi, delle corde fisse per facilitare la discesa. Circa a metà del percorso si entra all’interno di una stretta galleria. Si prosegue per il Vallone dell’Agnellizza con l’affascinante Cima Caldiera che si erge sulla sinistra. Una volta arrivati al Baito Ortigara, si riprende il sentiero per la Chiesetta del Lozze e poi si continua in discesa fino al punto di partenza.

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