“Skianto”: il ritorno di Filippo Timi a Vicenza
Di Ilaria Rebecchi
Minuti di applausi per la nuova performance da regista e attore dell’istrionico Filippo Timi, tra i più eccellenti protagonisti della scena teatrale e cinematografica italiana, tornato al Comunale forte dei precedenti successi “Don Giovanni” e “Favola”, questa volta con il dolceamaro monologo “Skianto” ad indagare sull’infanzia tumultuosa di un bambino nato con la scatola cranica sigillata.
La piéce, fiorita su suggerimento della guru teatrale Andrée Ruth Shammah, vede affrontare un testo struggente e realistico con auto-ironia e delicatezza, e con quell’ingenuità tipica dei più giovani e puri non traviati da artifizi e follie mentali, anche nel dolore del manifestare con parole, gesti, balli, canti e urla la frustrazione di una prigionia fisica più che mentale vista con gli occhi del portatore d’handicap senza filtri o censure.
Accompagnato dalla straordinaria voce e dalla virtuosa chitarra di Andrea Di Donna (assolutamente da tenere d’occhio) “Skianto” è come un’irriverente favola senza lieto fine, prodotta dal Teatro Franco Parenti e dallo Stabile dell’Umbria, dove un bambino disabile si auto dichiara (e raramente accade che la disabilità sia vista nell’arte con gli occhi di chi la vive – ndr) intrappolato da una gabbia fisica nella sua vivace visione del mondo, nei sogni e nella quotidianità palesata anche nel dialetto umbro, a perfetta sintesi di un’opera di poco meno di un’ora e mezza che mette d’accordo dramma, commedia, musical e prosa.
“È arrivata l’ora per me di skiantarmi addosso alla vita, cadere di faccia contro le contraddizioni, fare un frontale con la tenerezza, spaccarmi il naso contro il pugno di ogni pregiudizio, cadere piatto sull’acqua gelida di quel mare di sogni sporchi”.
Pattinaggio, balli, canto, un nonno rude, la speranza d’esser come Pinocchio e una fatina dei sogni consumata dalla vita, in un’opera dove regnano i riferimenti alla cultura dei primi anni’80, tra Fantastico, Super Classifica Show e Candy Candy, tra ambizioni pop, la riproposta di brani di Michael Jackson e Britney Spears in chiave struggente e disperata, e lo stream of consciousness di un alter ego che sembra sintetizzare le difficoltà dell’autore da bambino e quelle incrociate nella vita: “Skianto” dipinge senza remore una diversità apparentemente insuperabile, laddove teatro e scrittura sembrano terapeutici anche per l’autore stesso, sempre più completo e realistico anche nel sfiorare come una piuma la tragedia della vita, facendola brillare tra luci al technicolor e piroette sui pattini a rotelle.
“Siamo stelle filanti. Un soffio d’amore ci da l’abbrivio di pochi metri di vita; un volo patetico fra ridolini e trombette e poi si cade a terra pronti per essere calpestati e scolorire nella memoria di un carnevale che se ne va”.