Contagio nelle RSA, gli operatori: “Non siamo untori”
Con un duro comunicato la Segretaria Generale Funzione Pubblica CGIL Vicenza, Giulia Miglioranza, respinge le accuse rivolte agli operatori sanitari che lavorano nelle RSA di fronte all’aumento di contagi.
“Continua a salire -scrive- purtroppo, il numero dei focolai nelle RSA vicentine, e con questi sale anche il numero di lavoratrici, lavoratori ed ospiti positivi al COVID 19, ormai nell’ordine delle 300 unità (se non oltre). Numeri che confermano le difficoltà di arginare un virus così subdolo e che alimentano una forte preoccupazione per le settimane a venire, nelle quali una situazione già di per sè emergenziale rischia di diventare esplosiva. Per questo è fondamentale, oggi più che mai, che ciascuno sia chiamato ad agire fino in fondo il proprio ruolo, respingendo la tentazione, sempre dietro l’angolo, di chiamarsi fuori dalle responsabilità scaricando le colpe su altri.
Non abbiamo davvero dubbi sulla buona fede che ha spinto il dott. Volpe a rilasciare le dichiarazioni che abbiamo letto in questi giorni negli organi di stampa; crediamo però che nel clima di tensione sociale che sta montando anche nella nostra regione, dove dobbiamo assistere tra incredulità e sconcerto a vergognose campagne social contro le lavoratrici ed i lavoratori della sanità, sia molto pericoloso un ragionamento che suggerisca quale unica causa dei recenti contagi nelle RSA i comportamenti individuali del personale che vi lavora e che non vi sia pari accento sull’organizzazione del lavoro e sull’applicazione dei protocolli di sicurezza da parte delle strutture. Gli operatori socio sanitari, gli infermieri e tutte le altre figure professionali presenti nelle strutture residenziali per anziani in questi mesi stanno affrontando l’emergenza non solo con grande responsabilità, ma facendosi carico, loro malgrado, delle inefficienze di un sistema che sono venute improvvisamente a galla dopo che per anni la politica regionale le ha ampiamente sottovalutate. A partire da una ormai insostenibile carenza di personale, frutto di una programmazione regionale inadeguata, che obbliga le lavoratrici e i lavoratori a massacranti turni di lavoro, a lavorare ad organici ridotti e a saltare i riposi settimanali, spesso senza avere nemmeno la necessaria formazione. Registriamo come alcune RSA del nostro territorio non abbiano approfittato della “tregua estiva” per adeguarsi alle esigenze che questa fase impone e non abbiano fatto tesoro dell’esperienza dei mesi scorsi. Registriamo che tra i fattori di rischio non si possa sottovalutre il fatto che in alcune strutture vi siano ospiti che hanno la possibilità di tornare al proprio domicilio per poi rientrare in struttura. Che, nonostante l’assoluta necessità di isolare i reparti, si sia comunque continuato in alcuni contesti ad organizzare il personale in maniera promiscua tra più reparti e che vi sia ancora ad oggi chi non ha attivato idonei percorsi formativi sulla gestione delle epidemie, sull’utilizzo dei DPI e la sicurezza sui posti di lavoro, che avrebbe dovuto essere un’assoluta priorità. Registriamo che Regione Veneto non sta intervenendo in maniera decisa per provare a trovare soluzioni alla mancanza di personale sanitario e socio-sanitario, che sta già spingendo alcune strutture di fatto a chiudere ai nuovi ingressi, e quindi a scaricare sulle famiglie la gestione dell’anziano. Siamo perfettamente coscienti della difficoltà, ci verrebbe da dire della quasi impossibilità, di tenere fuori il virus dalle RSA, tanto è aggressivo e tante sono le variabili che ne contraddistinguono le capacità di trasmissione; tuttavia, se anche possiamo accettare di assegnare al caso o alla “sfortuna” una parte della responsabilità quando emerge un focolaio in una struttura, è chiaro che nulla c’entra il caso nella capacità di gestire, isolare e contenere il contagio e non possiamo certo mettere sullo stesso piano chi ha saputo agire con le necessarie misure preventive ed intervenire con tempestività riducendo al minimo il danno, con quegli enti che contano decine e decine di contagiati o di decessi, pensando magari di far passare l’idea che tali situazioni siano il risultato del comportamento disattento di qualche individuo. I tanti, troppi, operatori della sanità e del socio-sanitario che si sono ammalati, anche gravemente, in alcuni casi perdendo la vita, ci dicono eloquentemente che queste persone sono a tutti gli effetti tra le prime vittime del COVID 19, come tali vanno considerate e non possono essere in nessun modo trattati da untori!”