PASSAGGIO A NORD – Parco del Sojo: arte e natura a Covolo di Lusiana
Osserva la natura in profondità e comprenderai meglio ogni cosa, scriveva Albert Einstein. Il contatto con la natura ci aiuta a ritrovare il benessere e l’equilibrio, ma anche a capire l’importanza di sapere guardare oltre le apparenze, proprio come fa l’arte. Esistono dei luoghi speciali dove arte e natura sanno vivere insieme: è il caso del Parco del Sojo, nel comune di Lusiana Conco. Un luogo speciale dove il paesaggio naturale non si limita ad accogliere le numerose sculture di artisti italiani e stranieri, ma diventa esso stesso opera d’arte. All’interno del parco, disseminate tra i boschi e il prato, sono collocate più di ottanta sculture realizzate con i materiali più diversi. Alle volte vengono scolpite direttamente sul posto, modellando la materia che la natura mette generosamente a disposizione. Un universo di gnomi, guerrieri, figure femminili, camaleonti e tanto altro: tutte le sculture parlano direttamente all’anima attraverso un impatto visivo di grande forza. Ci incamminiamo in un viaggio sorprendente tra arte e natura con Diego Morlin, l’ideatore del Parco del Sojo,
Quando nasce il Parco del Sojo?
«Il
Parco del Sojo non è inizialmente nato come parco di arte contemporanea. Avevo
questo sogno di acquistare un terreno in un luogo appartato per passare i fine
settimana in tranquillità con la mia famiglia. Credo che la natura sia ancora un
ambiente capace di farci vivere delle emozioni e di farci stare bene. Un amico
mi ha fatto sapere che c’era questo meraviglioso terreno in vendita vicino alla
contrada Covolo, una delle più antiche dell’Altopiano, e me ne sono subito
innamorato. Era proprio quello che stavo cercando. La proprietà comprendeva
anche una parte del Sojo, che è una palestra di roccia, un’opera d’arte fatta
dalla natura. E poi c’erano questi boschi di roverella, di carpino e di altre
piante nobili. Abbiamo ristrutturato la casa e ho chiesto a mio papà, che è
scultore, ceramista e pittore, di fare quattro sculture simboliche che
potessero diventare i protettori della casa. Ha realizzato un cardinale, un
carabiniere, uno gnomo e un befano in pietra locale. Di lì a poco è nato il Parco
con le prime sculture. Nel 2005 lo abbiamo inaugurato con degli amici e fatto
una piccola cerimonia. È cominciato così questo viaggio importante che non
considero ancora terminato: il Parco del Sojo per me è come un figlio».
Con il Parco del Sojo avete
valorizzato un’area che altrimenti sarebbe rimasta in stato di abbandono. Qual
è stato il riscontro del pubblico?
«Quando l’abbiamo trovato era un posto abbandonato da trent’anni. C’erano solo
dei ruderi e non si arrivava nemmeno in macchina perché la stradina per
arrivarci era franata e ho dovuto rifarla. C’è da dire però che il luogo era
già bello di suo, anche senza fare niente. È un parco molto diverso dagli altri:
ho girato tutti i parchi d’Italia però non hanno la stessa forza evocativa del
Sojo. Le persone che vengono capiscono che il mio non è uno spazio espositivo
né un museo. È qualcosa di più e lo percepiscono. Quando entrano mi dicono: “Qui
è il paradiso”. Abbiamo saputo mettere insieme l’arte della natura, che è
l’identità del luogo, con l’opera dell’uomo, ovvero le sculture che si
integrano in maniera totale con l’ambiente circostante. Si respira un’atmosfera
positiva e di serenità. Con il passare del tempo vediamo che le opere si stanno
amalgamando così tanto nella natura che diventano quasi parte di essa. A qualche
opera magari ogni tanto diamo una rispolveratina e allora riprende vigore e
bellezza, però ci sono delle opere che più passa il tempo più belle diventano.
D’altro canto siamo felici perché la contrada Covolo avrebbe potuto correre il
rischio di diventare, nel corso degli anni, come tante contrade dell’Altopiano
che si sono spopolate. Ora nel fine settimana accade il contrario: arriva
moltissima gente per visitare il Parco, tanto che stiamo pensando insieme all’Amministrazione
di creare un nuovo parcheggio perché il numero dei visitatori è aumentato di
molto negli ultimi tempi».
Quante opere accoglie attualmente il Parco e come vengono scelte le installazioni?
«Adesso sono un’ottantina. Ora meditiamo molto prima di inserire qualche nuova installazione. Abbiamo diverse richieste anche di artisti importanti, ma preferiamo privilegiare artisti che abbiano il nostro stesso modo di vedere la natura e l’arte. Ci interessa che l’artista abbia la giusta sensibilità e la giusta forza interiore. Nell’arte molto spesso accade che molte persone di cultura e di spessore non abbiano la forza o i mezzi economici per imporsi, a differenza di chi non ha avuto paura di rischiare ed è diventato famoso. Per questo ci piace dare spazio a quegli artisti anche meno conosciuti che però hanno qualcosa dentro di forte. Noi cerchiamo di valorizzare anche queste persone perché è giusto che possano avere la possibilità di esprimersi».
Quando è possibile visitare il
Parco del Sojo?
«Il
Parco è chiuso durante la settimana, ma è aperto il sabato, la domenica e nei
giorni festivi. Ad agosto siamo aperti tutto il mese. Consigliamo sempre di
prendersi un po’ di tempo per la visita perché non bisogna avere fretta: è come
una caccia al tesoro. Il Parco è aperto dalle 10 alle 18, anche se talvolta
accade che le persone d’estate non vogliano più andare a casa perché entrano in
sintonia con il luogo e si rilassano sul prato. Organizziamo anche delle visite
guidate su prenotazione per piccoli gruppi anche al di fuori del weekend. Devo
dire che quando facciamo le visite guidate, sappiamo quando iniziamo e non
quando la finiamo. Quando incontriamo persone curiose e interessate, succede
che il confronto con l’opera diventa veramente una lezione di storia dell’arte
e, allo stesso tempo, una lezione di vita. Siamo fortunati perché le persone
che vengono a visitare son sempre belle persone che condividono con noi l’amore
per l’arte e per la natura. Molto spesso capita di fermarci a chiacchierare con
i visitatori: noi diamo, ma riceviamo anche tanto indietro».