8 Gennaio 2021 - 11.41

Falò della Befana: quante cose da bruciare!

Il falò della Befana, non solo la Vecia è da bruciare

di Alessandro Cammarano

“L’Epifania tutte le feste si porta via”: così recita un antico detto, patrimonio di saggezza popolare, ma quest’anno la Befana – o Vecia che dir si voglia – avrebbe tantissime cose da trarre con sé alla fine di quelle che sono state tra le più surreali tra le festività natalizie da alcuni decenni a questa parte.

Come l’Araba Fenice la simpatica vecchierella distributrice di doni e carbone – a seconda dei comportamenti di ciascuno – viene bruciata alla fine della festa in un falò che segna una fine e contemporaneamente un inizio nuovo, nel ripetersi di un ciclo sempre uguale eppure ogni volta diverso.

Il rogo liberatorio, tradizione delle nostre campagne, è proibito a causa dell’emergenza perdurante, ma nulla vieta che esso sia acceso in maniera virtuale – da quanti mesi molte delle nostre attività usuali si svolgono in forme lontane dalla realtà, in fondo? – per ridurre in cenere personaggi e comportamenti che nei mesi scorsi si sono distinti per la loro incomprensibilità o peggio hanno messo e mettono a repentaglio il bene pubblico.

A bruciare per primi dovrebbero essere le uscite irresponsabili – i social media permettono di esprimersi senza freni – di quelli che negano non solo la pericolosità, ma la stessa esistenza del Covid, riconducendo tutto a fantomatici complotti interplanetari alla cui base ci sarebbero organizzazioni segrete guidate da satanisti alieni celati sotto le mentite spoglie di star del cinema. Follia? Certo, ma anche tragica realtà a dimostrazione che dai tempi della grande peste del 1630 – quella narrata dal Manzoni, per intenderci – poco o niente è cambiato se non il fatto che all’epoca i Don Ferrante, il quale dava la colpa dell’epidemia alle stelle e che maledicendo le stelle morì, esistevano ma non avevano la cassa di risonanza di Facebook & Co.

A questi personaggi si dovrebbero unire i noVax da tastiera, quelli “che leggono”, “si informano” e soprattutto “fanno girare”. Soggetti che discettano di argomenti scientifici infiorando i loro interventi accademici con legioni di “a” e “o” senza H o ancora di “bhe” e “mha” che gettano luce su abissi di analfabetismo funzionale e che a chi replica alle loro farneticazioni riservano aggettivi del calibro di “sapientone” o frasi sul genere di “studia!”, che dette da uno che fatica a distinguere il soggetto dal predicato farebbero ridere se non facessero piangere.

Al rogo anche gli emoticon ridanciani in calce alle notizie sui numeri di contagi e soprattutto di vittime largiti a piene mani dagli stessi di cui sopra e dai loro sodali. Della morte non si ride; mai.

A onor del vero non si può tacere la tendenza costante all’improvvisazione della politica che dopo la prima ondata pandemica si è fatta trovare completamente impreparata quando si è presentata, dopo essere stata ampiamente prevista la seconda ondata che ha costretto – anche per colpa della gente; non ci stancheremo mai di ribadirlo – a nuovi ricorsi a limitazioni e divieti vari durante le festività e che con tutta probabilità la Befana non si porterà via.

Tra le fiamme dunque anche i consigli dei ministri fatti all’ultimo minuto, notturni e discordi, ai quali seguono conferenze stampa sempre più balbettanti del Presidente del Consiglio oramai sempre più “vaso di coccio in mezzo a vasi in ferro”, novello Don Abbondio dai silenzi imbarazzanti.

Tra le fiamme anche il “rottamatore”, quel Matteo Renzi il cui senso dello stato è pari a quello di un plancton e che ormai da anni lavora per distruggere qualsiasi cosa gli passi tra le mani, il tutto in nome di un desiderio di potere al cui confronto quello di Re Sole viene derubricato a “legittima ambizione”. Dictat, minacce sempre meno velate, repentini dietrofront e calci negli stinchi: Renzi è come il compagno di scuola odioso che non ti faceva copiare o, peggio, suggeriva sbagliato, o ancora l’amichetto che se non giocavi come voleva lui bucava il pallone.

Una bella bruciacchiata anche al ministro Franceschini, reo di aver derubricato lo spettacolo dal vivo a semplice passatempo e, visto che ci siamo, facciamo sentire il calore delle fiamme della Vecia pure all’opposizione più adusa allo strepito che alla proposta.

A danzare intorno al falò, in un girotondo liberatorio, dovrebbero esserci tutti gli operatori sanitari, i volontari e i cittadini che quotidianamente contribuiscono a rendere la situazione meno pesante: a loro doni bellissimi, agli altri carbone come se piovesse.

Alessandro Cammarano

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