20 Gennaio 2021 - 10.01

COVID VENETO – La diatriba sulla riapertura delle scuole, con più di 8.000 morti

E’ passato quasi un anno da quando il Covid è arrivato fra noi, stravolgendo le nostre vite, facendo crollare molte nostre certezze.E durante tutti questi mesi c’è una costante che ci ha accompagnato ogni giorno; i numeri della pandemia.Una valanga di numeri, spesso di non facile comprensione, spesso contraddittori, che ogni giorno ci sono stati forniti dalle più varie Autorità.Numeri che magari leggiamo distrattamente mentre ci districhiamo tra zone rosse, arancioni o gialle, tra ristori che non arrivano, divieti di spostamento, coprifuoco, piani di vaccinazione di massa.Bollettini, dati regionali, nazionali, provinciali, ospedalieri, numero di tamponi molecolari o rapidi, numero dei positivi, numero di ospedalizzazioni in zona Covid o in terapia intensiva, posti a disposizione. E ancora grafici delle curve epidemiologiche, proiezioni statistiche, modelli esponenziali, picchi, plateau, scostamenti, accelerazioni, flessioni e quant’altro.Forse troppi dati, troppi numeri, c’è di che perdersi! Tanto che sono certo che dopo mesi di pandemia non sono poi tanti gli italiani che vi prestino veramente attenzione.Meglio, penso che alla fine due siano i dati su cui un po’ ci soffermiamo, perchè sono i più immediati, i più comprensibili: il numero degli infetti (ovviamente quelli che si è riusciti ad intercettare), e quello tragico dei morti. Oltre a tutto, a minare la credibilità di tutti questi dati c’è il fatto che è sempre più chiaro che gli stessi mancano di omogeneità.Nel senso che è ormai assodato che le Regioni procedono alla raccolta ed all’elaborazione dei dati della pandemia spesso con metodiche differenti, e dopo quasi un anno l’Autorità Centrale, sia essa il Ministero della Salute o la Protezione Civile o l’Istituto Superiore della Sanità, non è ancora riuscita a fornire dati “certificati”, vale a dire certi e coerenti.Prendiamo ad esempio il numero dei “guariti”.  Se ci pensate bene è un dato privo di significato, da un lato perchè è influenzato da quanti sono i casi lievi o poco gravi inseriti nel conteggio dei dati positivi rispetto ai casi “gravi”, dall’altro perchè sappiamo che poiché ci sono in giro moltissimi positivi “asintomatici”, che superano l’infezione senza particolari problemi, i guariti “totali” sono in realtà molti di più di quelli “ufficiali”.Ma questo dato viene fornito quasi sempre per primo nelle conferenze stampa, perchè ha un alto valore comunicativo e psicologico, nel senso che fa passare il messaggio che dal Covid si può guarire.Ho già detto che i due dati che a mio avviso meglio fotografano la situazione sono il numero delle infezioni e quello dei decessi.E concentrandosi sul nostro Veneto, questi due dati hanno raggiunto nelle ultime ore un livello che rappresenta il superamento di una “soglia psicologica”.Oggi siamo arrivati a toccare i 300mila veneti contagiati dall’inizio della pandemia, precisamente 300.127.Sia chiaro che in sé il numero fornisce solo un’indicazione momentanea, una “fotografia”, dato che è chiaro che con l’epidemia ancora in atto, e presumibilmente lo sarà ancora a lungo, questo è un valore che continuerà a crescere, anche se ovviamente tutti speriamo che il vaccino riesca una buona volta a fermarlo.Ma, come accennavo, ha sicuramente un valore simbolico, perchè rappresenta lo scavalcamento della soglia psicologica delle 300mila unità. Come pure “psicologica” è la soglia degli 8.000 morti, superata per la verità con i dati forniti dalla regione Veneto il 18 gennaio.Ma permettetemi di dire che i due dati “di soglia” non hanno lo stesso valore.Per l’evidente motivo che la stragrande maggioranza di quei 300mila alla fine hanno già superato o supererà l’infezione, mentre quegli 8.000 non vedranno più né un’alba né un tramonto.Un numero è sempre un numero, di per sé freddo.  Ma pensate a cosa rappresenta se lo riferiamo a persone.  8.000 morti equivale alla totale sparizione di un paese intero, come se su Sandrigo o Rossano Veneto o Piovene Rocchette, fosse stata sganciata una bomba atomica.E molte famiglie che hanno perso un papà, una mamma, un nonno, una nonna, un fratello o una sorella, non pensano certo all’ultimo Dpcm, agli spostamenti, alle zone colorate, bensì alla sparizione di affetti, di storie d’amore, di sorrisi da guardare, di corpi da abbracciare, di memorie cancellate per sempre.Da circa un paio di settimane i numeri del contagio e delle ospedalizzazioni  in Veneto registrano una contenuta flessione. E fa bene Luca Zaia ad essere molto cauto, affermando: “Io trovo un clima di esultazione per i dati Covid in calo, noi invece siamo fortemente preoccupati. Il Covid ci ha abituati a cambi di scena repentini”.In questa situazione a luci ed ombre, rimane aperto il problema della riapertura delle scuole superiori, dopo il parere  del Comitato Tecnico Scientifico secondo cui: “Le scuole vanno dunque riaperte se qualche Presidente di regione decidesse diversamente, se ne assume la responsabilità”.Sul tema, come documentato da Tviweb, si sta aprendo anche nei nostri territori un duro scontro fra genitori favorevoli e genitori contrari alla riapertura delle lezioni in presenza, con petizioni e ricorsi alla Magistratura.Mi auguro che il nostro Presidente non si faccia tirare per la giacca, o condizionare dalla piazza, e continui nella sua azione di governo ad ispirarsi al principio della massima prudenza.Da queste sue dichiarazioni ci sembra di poter essere rassicurati al riguardo:  “Ci rifiutiamo di far partire una guerra fra poveri. Noi abbiamo una responsabilità: garantire la salute ai cittadini. Firmare un’ordinanza per chiudere una scuola è una sconfitta, questo l’ho sempre detto. Ma davanti alle relazioni che ci hanno fatto, abbiamo compiuto questa scelta.  I colleghi delle Regioni sono abbastanza arrabbiati sul tema della riapertura delle scuole. Mettetevi nei panni di chi deve garantire la salute pubblica, e si vede questo chiude-non chiude. Ci dicono adesso che il parere di scienziati, come Burioni o Palù, sono smentiti dal Cts. Quelli che vanno in Procura a rispondere siamo però noi”. Continui così Presidente, perchè è facile fare della filosofia seduti sulle poltrone ministeriali nelle aule ovattate dei Dicasteri, o farsi belli nei talk show televisivi, più difficile confrontarsi con la realtà quotidiana dei territori, fatta di contagi, di operatori ospedalieri allo stremo, di terapie intensive al limite.

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