La zona “Sud Tirol” costretta al lockdown
Fin da bambini ci hanno insegnato che non è mai bene gioire delle disgrazie altrui, anche perchè “di male ce n’è per tutti”.Non è quindi per prendermi una qualche soddisfazione che oggi commento le ultime decisioni delle Autorità altoatesine in tema di limitazioni al Covid, ma sicuramente qualche riflessione va fatta.Non posso infatti dimenticare che circa una decina di giorni fa il Presidente della Provincia autonoma dell’Alto Adige aveva deciso che per la sua Provincia valevano le regole della zona gialla, derogando così alle ordinanze nazionali che consideravano Bolzano “zona rossa”, mentre la Commissione Europea la voleva inserire addirittura fra quelle rosse scuro, cioè con rischio rafforzato (se ricordate bene per Bruxelles dovevano essere rosso scuro anche Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna).Sono le prerogative dell’autonomia, si disse! E qualcuno si chiese se oltre alle zone rossa, arancione e gialla ci fosse la “zona Sud Tirol”!Quindi in virtù di quella ordinanza del Presidente Arno Kompatscher, pur essendo formalmente “zona rossa”, Bolzano applicava le regole della zona gialla, e quindi scuole in presenza, cinema, teatri negozi e bar aperti, ristoranti aperti fino alle 22, dunque operativi anche per il servizio cena.A voler dirla tutta un vero e proprio “paradosso”, che oltre a creare polemiche fra commercianti e ristoratori soddisfatti e coloro che temono nuovi contagi, suscitò le proteste ad esempio dei ristoratori veneti.Non ci voleva molto per capirlo; bastava mettersi nei panni di un ristoratore veneto, da mesi operativo a ritmo dimezzato (solo a pranzo) e poi azzerato (solo asporto), con i dipendenti da mesi in cassa integrazione. Come poteva non incazzarsi di brutto il nostro esercente scoprendo che a pochi chilometri di distanza, nella provincia che magari confina con la sua, ma in un’altra Regione, i suoi colleghi potevano lavorare tranquillamente, raccogliere prenotazioni, cucinare come se niente fosse, nonostante i “colori” attribuiti da Roma?Basta fare qualche semplice esempio per capirci meglio. I ristoratori bellunesi di Cortina d’Ampezzo o dell’Alpago, del Cadore o del Comelico erano, come da norme vigenti, sottoposti al coprifuoco, mentre a pochi chilometri di distanza, in una zona “teoricamente rossa” si continuava a lavorare come se niente fosse. Sapere che i vostri clienti possono andare bellamente a cenare in Alto Adige mentre non possono venire da voi perchè siete chiusi diventa francamente piuttosto frustrante.Come si dice nel nostro Veneto: “na vera tolta pal c…”.E’ chiaro che la rabbia dei ristoratori veneti non era rivolta contro i loro colleghi altoatesini, anche perchè a onor del vero loro non c’entrano niente con le decisioni della Giunta Provinciale di Bolzano.Ciò non vuol dire che siano tollerabili queste differenze, nella stessa Nazione, in territori confinanti, con l’aggravante in questo caso che ad essere penalizzati risultavano i residenti di una Regione valutata meno a rischio, il Veneto appunto.Detto questo, c’è un piccolo particolare che forse è sfuggito ai Governanti Alto Atesini, e che spesso sfugge anche a coloro che propugnano “aperture” come se il loro fosse un territorio Covid-free.Quella che il virus di Whan è un virus “democratico”, che è riuscito ad abbattere in un lampo tutte le barriere e tutte le differenze, quelle razziali, religiose, quelle tra ricchi e poveri, tra potenti e deboli. Davanti al virus siamo tutti uguali, e le fughe in avanti, le furbate, servono a poco, perchè inevitabilmente si è costretti a pagare dazio.E così la Giunta di Bolzano è stata indotta dalla repentina crescita dei contagi, ad intervenire ancor prima della naturale scadenza dell’ordinanza n. 3 prevista per il 15 febbraio, emanando un nuovo provvedimento che impone di fatto il lockdown per tre settimane a partire dall’8 febbraio.Quindi a partire da lunedì prossimo, e per le successive 3 settimane, vi saranno nuove regole che puntano principalmente a “ridurre i contatti fra le persone e, di conseguenza, a limitare la diffusione del Covid-19”.Le misure decise sono quelle classiche del lockdown: generale divieto di spostamento dal proprio comune di residenza, se non per motivi di lavoro, di salute o di urgente necessità. Bar e ristoranti chiusi, come pure le strutture ricettive dell’ambito turistico. Serrande abbassate anche per buona parte dei negozi, mentre aziende produttive e artigianali potranno lavorare, ma a condizione di testare regolarmente i propri collaboratori e collaboratrici.Per ciò che attiene la scuola, sono previste lezioni in presenza per le sole scuole materne, mentre a partire da lunedì 8 febbraio tutte le scuole medie e tutte le scuole superiori torneranno alla didattica a distanza per il 100% delle ore di lezione. Identico passaggio, da didattica in presenza a didattica a distanza, anche per le scuole elementari, ma a partire da mercoledì 10 febbraio. Dopo la settimana di vacanza prevista per il periodo di Carnevale (mi chiedo che senso abbia) si prevede il ritorno in aula in presenza per scuole elementari e medie, mentre ragazze e ragazzi delle scuole superiori continueranno con la Dad per un’altra settimana.Ovviamente sono stat confermate tutte le limitazioni ai contatti nei luoghi pubblici e privati, abitazioni comprese, ed in alcuni ambiti (es. treni, autobus ecc.) è stato addirittura previsto l’obbligo della mascherina FFP2.Concludendo, come vi ho detto altre volte, sono un sostenitore dell’autonomia regionale, ma credo che in questo caso la Provincia Autonoma di Bolzano non l’abbia interpretata al meglio. Perchè non bisogna essere epidemiologi per capire che in una pandemia mondiale non possono esistere “zone franche”, e che maggiori sono i momenti di contatto fra i cittadini, maggiori sono i rischi di un’esplosione del contagio. Per non dire che, o riteniamo che il virus sia talmente scaltro da riconoscere i confini delle Provincie Autonome, fermandosi quindi prima di entrare in “zona Sud Tirol”, oppure siano di fronte all’ennesimo stortura che crea operatori di serie A ed operatori di serie B, a seconda del territorio di residenza.Detto questo auguriamo ai nostri amici alto atesini di riuscire quanto prima a bloccare l’impennata del Covid, per poter ritornare ad una qualità della vita migliore, che però non vuol dire “liberi tutti”, ma impone di attenersi alle regole ed alle precauzioni del caso.