I vaccini che Zaia vuole per il Veneto ed il ‘niet’ della Ue
di Umberto Baldo
Era un Luca Zaia particolarmente irritato quello che mercoledì, nel corso della sua conferenza stampa quotidiana, ha risposto ad un cronista che gli chiedeva a che punto fosse il tentativo della regione Veneto di procurarsi vaccini anti Covid aggiuntivi rispetto a quelli forniti dallo Stato.
Tanto irritato che ad un certo punto ha abbandonato l’italiano dicendo: “parlo in dialeto cusì la xente capise meio, e no resta dubbi su quelo che digo”.
Quello della carenza dei vaccini in questa fase è sicuramente un problema estremamente serio, perchè è intimamente legato al contenimento della pandemia, nel senso che una campagna vaccinale completata in tempi rapidi quasi sicuramente contrasterebbe il proliferare di quelle “varianti” che stanno togliendo i sonni agli epidemiologi, e obbligando a nuovi lockdown come in Umbria.
Cerchiamo di capire meglio quale sia l’oggetto del contendere.
Abbiamo capito tutti che gli accordi con le multinazionali del farmaco che producono i vaccini sono stati avocati dalla Commissione Europea, con l’accordo degli Stati membri. Non tutti per la verità, visto che ad esempio l’Ungheria, constatata la lentezza delle forniture “europee”, ha “strappato” con la Ue, approvando il vaccino russo Sputnik V.
Intendiamoci, c’era una logica nel concentrare gli acquisti a Bruxellex, spiegata bene a suo tempo dalla Presidente Ursula Von der Leyen: «Immaginate cosa sarebbe accaduto se solamente alcuni Paesi dell’Unione avessero avuto accesso ai vaccini mentre gli altri no. Sarebbe stato un disastro per il mercato unico e una reale minaccia all’unità dell’Ue».
Oltre a tutto era ragionevole sperare che avendo come interlocutore unico un colosso come la Ue, con 450 milioni di cittadini da vaccinare, i rapporti con le ditte produttrici sarebbero stati più agevoli e proficui. Sottilineo che l’accordo, accettato anche dall’Italia, impedisce agli Stati membri della Ue di avviare negoziati paralleli per procacciarsi ulteriori forniture di vaccini.
Se non che le cose non sono andate, almeno finora, nel migliore dei modi, tanto che nei giorni scorsi, illustrando all’Europarlamento i progressi sulla lotta al Covid, la Von der Layen ha fatto una sorta di autodafè dichiarando: Siamo arrivati in ritardo nel concedere le autorizzazioni. Siamo stati troppo ottimisti sulla produzione di massa. E forse abbiamo anche dato per scontato che le dosi ordinate sarebbero arrivate in tempo”.
Ma le cose stanno ancora peggio in realtà, perchè, come ammesso dalla Presidente, aumentare la produzione di farmaci sta diventando complesso, in quanto ci sono difficoltà perfino a reperire le materie prime. Mancano cioè le molecole sintetiche necessarie per consentire alle fabbriche di potenziare le linee, e nessuno lo aveva previsto.
Ciliegina sulla torta, Johnson&Johnson, la multinazionale il cui vaccino è molto atteso perchè richiede una sola iniezione, e che è sotto contratto con l’Europa per la fornitura dello stesso, ha ottenuto il permesso di riempire e rifinire le fiale contenenti le dosi negli Stati Uniti. Poco male, si potrebbe pensare, il vaccino prodotto in Europa viene “imbottigliato” negli Usa, e poi riattraversa l’Atlantico per essere inoculato a noi europei.
A parte questo incomprensibile “va e vieni transoceanico”, va considerato che negli Usa è ancora vigente il divieto alle esportazioni di vaccini, e quindi non c’è nessuna garanzia che Joe Biden autorizzi poi la ripartenza dei vaccini verso l’Europa. Per Washington insomma quasi sicuramente è ancora valido il principio “prima gli americani”.
Come definire questa situazione?
Non trovo di meglio dell’espressione del Ministro tedesco Scholz, che qualche giorno fa ha definito il piano vaccinale europeo contro il Covid “un’autentica merda”.
Era chiaro fin dall’inizio della pandemia che i vaccini sarebbero diventati oggetto delle brame degli Stati, perchè in questa fase valgono più dell’oro.
E non stupisce quindi se gli Emirati Arabi Uniti stanno stracciando tutti, Israele escluso, nella corsa all’immunità.
Ma la stessa Germania nel dicembre scorso si è assicurata una quota aggiuntiva di 30 milioni di dosi del vaccino Pfizer-Biontech, il primo a essere distribuito nella Ue dopo il via libera dell’Agenzia europea del farmaco prima di Natale. Ma su questo ritorneremo più avanti.
Bene, in tutto questo “casino”, perdonatemi il termine, Luca Zaia ha scoperto che gli scenari sono cambiati, nel senso che ci sono stock di vaccini (milioni di dosi a quanto di dice) prodotti dalle stesse case farmaceutiche, ma in mano ad intermediari a livello mondiale. Quindi un vero e proprio “mercato parallelo”.
Certo si potrebbe discutere a lungo sull’eticità di queste disponibilità di vaccini oltre le quote concordate con la Ue, nel momento in cui le multinazionali del farmaco lamentano difficoltà produttive e di rispetto dei tempi di fornitura, ma tant’è, si sa come gira il mercato, nel quale la regola è sempre quella; business is business.
Vista la situazione, Luca Zaia ha pensato di dare mandato al Direttore Generale della Sanità Veneta Luciano Flor di sondare il “mercato parallelo” alla ricerca della disponibilità di stock di vaccini ad un prezzo accettabile.
Da quanto dichiarato dal Governatore Veneto, non è che le offerte di vaccini siano per poche migliaia di dosi, bensì per quantitativi minimi rilevanti, per cui è trapelato che potrebbero essere della partita anche altre Regioni, come l’Emilia Romagna ed il Friuli Venezia Giulia.
Ma sono certo che se le cose evolvessero in senso positivo, anche altre Regioni si farebbero avanti.
Zaia ha spiegato bene le ragioni di questa scelta, che al momento è solo un tentativo di cui è difficile ipotizzare l’esito.
Ma le sue argomentazioni a mio avviso sono inoppugnabili.
Ha spiegato che le dosi vaccinali il Veneto le vuole “avere nell’ambito della legalità totale, e che quindi le trattative saranno rispettose di tutte le leggi nazionali ed europee”, e che i vaccini devono provenire dalle stesse ditte che li producono per la Ue, quindi dotati di tutte le certificazioni ed autorizzazioni previste.
Apriti cielo! La sua iniziativa è stata bollata dai soliti epigoni del comunismo nostrano come controproducente, e tale da scatenare la guerra fra Regioni ricche e Regioni povere sul vaccino.
A queste critiche, che paventano che dette “esplorazioni” siano in contrasto con il piano vaccinale nazionale, Zaia ha risposto: “Non viviamo questa trattativa come una contrapposizione al Governo: dobbiamo prendere atto che viene prima la salute dei veneti. Uno potrebbe dirmi: “A che titolo compri questi vaccini?” Io rispondo: “A che titolo dico di no a un’offerta mettendo a repentaglio la salute dei miei cittadini?”
Credo che ai più questa dovrebbe apparire come una risposta di buon senso, e d’altronde era successo la stessa cosa all’inizio della pandemia quando, a fronte della carenza di mascherine, il Veneto fu tra le Regioni che si mossero con più disinvoltura sul mercato non solo per acquistare milioni di mascherine da distribuire alla popolazione, ma anche di macchinari per processare i tamponi, e di respiratori per attrezzare i reparti di terapia intensiva, veri e propri salva-vita.
Fu questa strategia, unita all’utilizzo massivo dei tamponi molecolari, che consentì al Veneto di contrastare l’epidemia in modo più efficace rispetto ad altre regioni del Nord Italia.
Su questa iniziativa del Veneto sui vaccini è calata la scure della Commissione europea, un portavoce della quale ha dichiarato che “tutti gli Stati membri dell’Ue fanno parte di tutti i contratti negoziati dalla Commissione Europea con le case farmaceutiche per acquistare in anticipo i vaccini anti-Covid, e quindi non c’è alcuna possibilità legale per loro di negoziare contratti bilaterali con le compagnie farmaceutiche che fanno parte del portafoglio Ue”.
E’ chiaro che, come spesso avviene in politica, si “parla a nuora perchè suocera intenda”, ed il massaggio costituisce un chiaro altolà al Veneto e alle Regioni italiane, con l’invito neanche tanto mascherato allo Stato italiano di bloccare sul nascere queste iniziative.
Peccato che queste precisazioni non siano state fatte quando, come specificato sopra, la Germania si accaparrò 30 milioni di dosi aggiuntive. Si disse che lo aveva fatto prima dell’accordo Ue, ma resta il dubbio che anche per la tedesca Von der Leyen “le leggi si applicano ai nemici, ma si interpretano per gli amici”.
Mi sembra di vederli gli uffici legali della Regione, del Ministero e della Ue, lavorare a testa bassa per sciogliere i nodi giuridici della questione.
Luca Zaia sembra non essere particolarmente intimorito, tanto che sembra voler tirare diritto per la sua strada, dichiarando al riguardo che: “Se qualcuno a Bruxelles è convinto che l’acquisto in autonomia sia illegale deve dirlo formalmente e non attraverso dichiarazioni anonime. Siccome però non è così noi andiamo avanti”.
La morale di questa vicenda mi sembra quella che le “burocrazie”, siano nazionali od europee, difficilmente brillano per acutezza e perspicacia.
Da uomo della strada ritengo che se il Veneto ed altre Regioni riuscissero, e non è né facile né scontato, ad approvvigionarsi di quote aggiuntive di vaccini, non solo non ci sarebbe alcun danno, ma addirittura il vantaggio di una campagna vaccinale più spedita, e alla fine maggiori quote disponibili per le altre Regioni.
Ma, come vi dicevo, la logica dell’uomo della strada non è quella dei cervelloni di Roma o Bruxelles, che continuano a pontificare e a mettere bastoni fra le ruote anche quando partoriscono un piano vaccinale che è “un’autentica merda”.
Ribadisco che non l’ho detto io, ma Olaf Scholz, Vice Cancelliere tedesco e Ministro del lavoro e degli Affari Sociali.
Umberto Baldo