Il declino della biodiversità: la fauna a rischio in Italia secondo Legambiente
di Anna Roscini
Dal
cambiamento climatico alla perdita di habitat, dall’inquinamento
allo sfruttamento eccessivo delle risorse; senza dimenticare la
diffusione di specie aliene invasive e l’antropizzazione: varie e
sempre più diffuse sono le minacce alla biodiversità. A risentirne
è anche il nostro Paese: nonostante l’Italia ospiti circa la metà
delle specie vegetali e circa un terzo di tutte le specie animali
presenti in Europa, la sua biodiversità sta diminuendo. A fare il
punto su alcune delle specie a rischio è il nuovo report di
Legambiente dedicato proprio alla fauna selvatica. Sono dodici le
specie a rischio e ad elevato valore conservazionistico in Italia: il
grifone, la trota mediterranea, il tritone crestato italiano, la
lontra, l’orso bruno marsicano, il lupo, il camoscio appenninico,
le farfalle, gli impollinatori, gli squali, i delfini e la
tartaruga Caretta caretta. Alcune di queste specie sono a
rischio estinzione, come il grifone, la trota mediterranea e l’orso
bruno marsicano, le farfalle e gli impollinatori, altre sono in
pericolo, come il delfino comune e la tartaruga Caretta caretta;
altre ancora, come il tritone crestato italiano, sono tra le specie
per le quali è stata richiesta una protezione rigorosa. Una
situazione delicata e preoccupante:
la
stessa Unione Europea ha ricordato che la fauna selvatica del pianeta
si è ridotta del 60% negli ultimi 40 anni e un milione di specie
rischiano addirittura l’estinzione. La perdita di biodiversità e
la crisi climatica sono interdipendenti, se una si aggrava anche
l’altra segue la stessa tendenza. Secondo l’associazione
ambientalista occorre quindi redigere piani di adattamento e di
mitigazione al cambiamento climatico dedicati; attuare una strategia
marina per rafforzare la tutela della fauna e gli ecosistemi costieri
e marini; creare una rete nazionale dei boschi vetusti e aree rifugio
per la fauna selvatica a rischio. E ancora, per tutelare gli animali
selvatici è necessario proteggere gli ecosistemi e migliorare i
servizi ecosistemici offerti dal capitale naturale entro il 2030. È
importante, inoltre, combattere le specie aliene invasive e procedere
alla eradicazione di specie dannose per la biodiversità; ma anche
destinare adeguate risorse per la tutela, il monitoraggio e la
gestione del capitale natura; nonché favorire le soluzioni basate
sulla natura per ripristinare le aree degradate e il rewilding del
territorio. Occorre, infine, finanziare i centri e le strutture
qualificate per il recupero della fauna selvatica a rischio.
Oltre
alle proposte, nel report non mancano alcune buone notizie come
quella del ritorno, dopo oltre 50 anni di assenza, della foca monaca
che ha fatto la sua comparsa nel Mediterraneo.
C’è
poi la storia del camoscio appenninico e del lupo salvati
dall’estinzione. Oggi, grazie al programma LIFE e all’impegno
delle aree protette, si contano tremila esemplari di camoscio
appenninico in un’area che comprende i Parchi dell’Appennino
centrale contro i 30 esemplari che si contavano agli inizi del ‘900.
Anche il lupo, è una delle specie che ha riconquistato aree da cui
era scomparsa, con una popolazione che oscilla tra i 1.800 e i 2.400
individui.