16 Marzo 2021 - 10.17

Metalmeccanica vicentina: quarto trimestre 2020 con cali produttivi

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Federmeccanica ha tirato le somme di un 2020 in cui la produzione metalmeccanica nazionale si è ridotta del 13,4% in confronto all’anno precedente, in particolare nel comparto degli autoveicoli (-20,6%).

I dati delle aziende vicentine che han visto, per tutto l’anno passato, una variabilità enorme a seconda del periodo e a seconda dei comparti (alcuni son cresciuti, altri invece han visto cali a due cifre), stanno iniziando a stabilizzarsi per provare un rimbalzo, seppur con le incertezze legate alle nuove restrizioni.

L’analisi congiunturale di Confindustria Vicenza relativa all’ultimo trimestre 2020 indica infatti come la produzione sia comunque in calo di circa il 2% rispetto allo stesso periodo del 2019 (nel trimestre precedente, però, il calo era di ben 11 punti percentuali); mentre alcuni spiragli si vedono dal lato delle vendite. Il mercato interno è stagnante, ma le vendite all’estero crescono di quasi il 3% in Europa e con percentuali anche migliori fuori dai confini comunitari.

“I numeri stanno definendo un trend di faticosa risalita – afferma Laura Dalla Vecchia, presidente della Sezione Meccanica, Metallurgica ed Elettronica di Confindustria Vicenza – ma la situazione è talmente incerta che non possiamo dare per scontato un periodo di crescita costante. Sicuramente, però, il 2021 sarà un anno in cui le nostre imprese dovranno riscoprire, ancora una volta, le proprie doti di flessibilità ed inventiva per affrontare ostacoli nuovi che sono venuti a galla con decisione, in special modo per quanto riguarda le catene internazionali del valore”.

I numeri forniti da Federmeccanica, in questo senso, sono chiari: l’attività produttiva è stata condizionata dal pesante crollo del commercio mondiale e nel 2020, le esportazioni metalmeccaniche italiane sono complessivamente diminuite del 9,7% rispetto al 2019 e le importazioni hanno segnato un -12,8%.

“Le aziende vicentine non solo esportano come nessun altro in Italia – riprende Dalla Vecchia -, ma fanno del rapporto di collaborazione con il cliente il cuore del proprio valore aggiunto. Non poter viaggiare, per noi, è un colpo durissimo perché siamo eccellenti nel trovare soluzioni personalizzate ai problemi, ma per fare questo tipo di co-sviluppo dobbiamo poter essere fisicamente in fabbrica da e con i nostri clienti di tutto il mondo. Su questo spero che, almeno a livello di Unione Europea, il Presidente del Consiglio possa spingere per una soluzione che preveda corridoi vaccinali o qualsiasi altra cosa fosse necessaria per permettere ai nostri tecnici di viaggiare con meno ostacoli possibili. Altrimenti rischia di fermarsi tutto e questo è un danno non solo per noi, ma per il Paese”.

Poi c’è l’annosa questione, che coinvolge non solo la metalmeccanica, del boom dei prezzi delle materie prime e della componentistica: “Ci sono rincari enormi, anche fino all’80% – prosegue -. Per ora i costi sono stati assorbiti dalle aziende, ma sono diventati insostenibili e per forza verranno riversati sul mercato, almeno in parte. Questo non solo perché il materiale è più costoso ma anche perché i costi della logistica internazionale sono, in taluni casi, quadruplicati a causa anche della nuova politica industriale cinese. Il rischio, ora, è di non avere abbastanza materiali e di dover ridurre la produzione anche a fronte di una domanda in crescita. Sarebbe un paradosso terribile, ancor più in questo periodo. Per questo dico che dobbiamo tornare ad essere innovativi e coraggiosi, pensare ad avvicinare le produzioni ai mercati di sbocco, ovvero riportare alcune produzioni in Europa con operazioni di reshoring magari grazie anche a politiche industriali europee nuove. Certo, non è banale: i costi e il mercato spingerebbero a fare altro, ma la pandemia ci ha detto che la componentistica deve essere prodotta dove è necessaria, ovvero in Europa”.


Tutto questo impatterà sulla tenuta del mercato del lavoro, anche a Vicenza: “Non dobbiamo nasconderci dietro un dito – conclude Dalla Vecchia -, c’è bisogno di un dialogo strettissimo tra parti sociali e governo per affrontare il tema delle politiche attive del lavoro. Il rinvio dello sblocco dei licenziamenti, che è comprensibile in situazioni di emergenza, non può essere eterno. Dobbiamo iniziare ora a pensare come affrontare quel momento costituendo ammortizzatori sociali ad hoc ma soprattutto mettendo in atto un piano nazionale per la riqualificazione del personale affinché possa ricollocarsi in un tessuto imprenditoriale che dovrà, per forza di cose, ristrutturarsi. Permettendo magari alle persone in CIG di formarsi e studiare, cosa che, incredibilmente, ora è vietata. Accrescere le competenze e il ritorno di produzioni in Europa potrebbero essere due spinte complementari verso un rilancio solido della nostra economia”.

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