5 Giugno 2021 - 10.03

Il referendum porterà alla riforma giudiziaria?

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Nel nostro ordinamento giuridico costituzionale il ricorso al Referendum è di fatto una sorta di extrema ratio, cui ricorrono forze politiche e sociali quando ritengono che il sistema dei Partiti non sia in grado di risolvere una o più questioni importanti per il Paese.
In generale, l’istituto del Referendum popolare è mal visto dalle Forze politiche organizzate, che tradizionalmente mal sopportano l’idea che il corpo elettorale possa “metterci il becco” nell’elaborazione dei provvedimenti legislativi.
La logica dei nostri Demostene è sempre stata “voi ci votate, e quando siamo in Parlamento vogliamo essere liberi di fare i nostri giochi, le nostre alchimie, le nostre mediazioni, senza essere disturbati. Se vi va bene, bene, se non vi va bene chi se frega”.
Il problema è che nella politica nostrana le divisioni, le lotte, le contrapposizioni, hanno raggiunto un livello patologico tale, che certi progetti di riforma languono in Parlamento per anni, se non per decenni, trascinandosi da una legislatura all’altra, senza mai trovare uno sbocco.
Fra le tante, la riforma della Giustizia rappresenta forse l’emblema dell’incapacità della politica di rispondere alle esigenze della nostra società.
Sento parlare di riforma dell’ Ordinamento giudiziario da quando ero studente di giurisprudenza (e parlo degli anni ’70), e siamo ancora qui a discuterne.
Nel frattempo il sistema è da anni sull’orlo del collasso, con processi che durano una vita, cittadini condannati e poi assolti in appello con tutto quel che consegue in termine di gogna mediatica, e grazie all’ iniziativa dei “grillini” con una prescrizione così strutturata che uno rischia di rimanere imputato a vita.
Nel frattempo abbiamo visto scandali su scandali, da ultimo quello di Palamara, seguito da quello dell’avv. Amara, che hanno fornito uno spaccato di una parte della Magistratura, e di un Consiglio Superiore dilaniato da lotte di potere, tali da far crollare la fiducia degli italiani su questa fondamentale Istituzione ai minimi storici.
Se non bastasse, giova ricordare che da lungo tempo l’ Europa comunitaria bacchetta il nostro Paese per il suo sistema giudiziario, individuando i motivi delle inefficienze nelle troppe leggi, nei troppi processi, nelle procedure troppo lunghe, nella scarsa capacità amministrativa, e nel basso livello di digitalizzazione.
È evidente che un’impresa od un investitore prima di stanziarsi ed operare in un Paese in cui non si sa quanti anni ci vogliano per risolvere un’eventuale controversia, ci pensa due volte, e questo è da sempre un problema anche per la nostra crescita economica.
La Ue, viste le reticenze, per usare un eufemismo, dei nostri Demostene a mettere le mani sul problema giustizia, ha pensato bene di collegare questa riforma all’erogazione dei fondi del Recovery Plan.
Pensate che di fronte a questa indilazionabile necessità di cambiamento del nostro sistema giudiziario i Partiti siano corsi in sostegno del Guardasigilli Marta Cartabia per elaborare un progetto di riforma che abbia un ampio sostegno parlamentare?
Ma quando mai! Tutti sono d’accordo ovviamente sul fine, ma quando ci si cala sul concreto allora riaffiorano paletti e bandierine.
La mia impressione è che, nonostante tutti sappiano che se non si riforma seriamente la Giustizia non arriveranno i soldi da Bruxelles, si continui a combattere sul terreno dei voti alle prossime elezioni anziché sull’interesse collettivo rispetto a un settore così importante per la vita dei cittadini e delle aziende.
A surriscaldare maggiormente il clima ci ha pensato Matteo Salvini annunciando che la Lega affiancherà i Radicali nella raccolta firme per 6 referendum proprio sul tema Giustizia, con quesiti sicuramente divisivi (Elezioni del Csm; Responsabilità diretta dei magistrati; Equa valutazione dei magistrati; Separazione delle carriere dei magistrati; Limiti agli abusi della custodia cautelare; Abolizione del decreto Severino) visto che interessano questioni su cui si dibatte da decenni, senza trovare uno straccio di soluzione.
Non sono un seguace di Salvini, ma debbo confessarvi che in questa occasione sono d’accordo con la sua iniziativa di affiancarsi ai Radicali in questa battaglia.
Non tanto per i contenuti dei quesiti proposti, su qualcuno dei quali nutro qualche dubbio, bensì sul metodo.
E sono d’accordo perché sono assolutamente convinto che questo Parlamento non sia in grado di approvare una riforma che rappresenti veramente una svolta, e temo che alla fine si riproporranno i soliti “pannicelli caldi” per mostrare all’Europa che qualcosa si è fatto.
Ovviamente, come sempre succede in Italia quando si parla di referendum popolari, si è subito levato il coro dei contrari, secondo cui i quesiti rappresentano “armi di distrazione di massa”.
È sempre la stessa accusa, e se andate a vedere la storia dei referendum in Italia vi accorgerete che ogni volta l’argomentazione utilizzata contro i promotori è sostanzialmente questa.
Distrazione da cosa? Viene da chiedersi.
Ma ragazzi, ovviamente dai giochini di palazzo con cui le consorterie politiche vogliono potersi trastullare al riparo da occhi indiscreti, in primis quelli dei cittadini.
Ecco perché dal 2 luglio andrò a firmare le richieste di referendum!
Pur sapendo che, anche se si raccogliessero le firme necessarie, si voterebbe l’anno prossimo.
Ma conscio che i Referendum possono rappresentare una spada di Damocle per questi Partiti, inducendoli spero ad affrettare i tempi della riforma.
Qualche prima crepa si è già aperta nel Pd, perchè è evidente che un Partito che aspira ad essere una forza di sinistra innovativa, democratica e libertaria, non può andare a rimorchio di manettari e giustizialisti della peggior specie.
E soprattutto non può essere pregiudizialmente contrario a che il popolo possa liberamente esprimere la propria volontà in un referendum.
Piaccia o non piaccia Salvini ha lanciato la sfida!
Non c’è che un modo per i Partiti per disinnescare la mina: fare una buona riforma della Giustizia che vanifichi le richieste di consultazione popolare.
Il tempo dei distinguo, dei bizantinismi, dei giri di parole, è finito.
Se i Partiti non sapranno fare il proprio lavoro, oserei dire il proprio dovere, alla fine subentreranno i cittadini.
È la democrazia bellezza!
Umberto Baldo

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