4 Febbraio 2022 - 15.57

SANREMO – Ecco le pagelle… acidissime

“Eccoci qui, anche quest’anno … vabbè …” da pronunciarsi esattamente come la direbbe la sublime Drusilla Foer che della kermesse – così la chiamano gli addetti ai lavori più acculturati e addento nella sacra materia – sanremese.

Il Festival di Sanremo appartiene alla categoria “Nessuno ufficialmente lo guarda – bugiardi! – ma tutti si sentono in obbligo di scriverne o dirne qualcosa”; dunque in realtà una buona fetta d’Italia per cinque serate si scorda – e verrebbe da dire “meno male!” – della pandemia, di un possibile conflitto alle porte dell’Europa e dell’inflazione galoppante per concentrarsi su una manifestazione che nonostante tutto ha un suo appeal, al pari dei film trash con protagonisti il mostro della palude oscura o la tarantola gigante, dal quale difficilmente si può sfuggire.

Alla terza serata, con tutte e venticinque – venticinque!!! – canzoni ascoltate due volte è tempo di pagelle, non senza premettere che si tratta di pagelle “acide”, politicamente parecchio scorrette, mirate a strappare un sorriso pur tenendo ben presenti alcuni elementi oggettivi di ciascuna esecuzione e di ognuno degli artisti in gara.

Per dovere di cronaca e di obbiettività bisogna dire che la classifica provvisoria, con l’ingresso del voto popolare che rivede in parte quello un po’ sempre con la puzza sotto il naso dei colleghi giornalisti che rabbrividiscono a “cuore-amore” a meno che non sia cantata da un alternativo collezionista di piercing e possibilmente lontano dalla doccia da almeno sei mesi, risulta quest’anno parecchio obbiettiva. Strano ma vero.

Procediamo rigorosamente in ordine, dal primo classificato per calarci negli abissi delle ultime posizioni.

Mahmood e Blanco:

hanno già vinto, in ogni caso. Testo bellissimo tanto da far digerire i melismi e il falsetto sempre più insopportabili di Mahmood, che però sa cantare, a cui si unisce l’intesa perfetta col diciottenne angelico. Sguardi da innamorati, carezze parecchio esplicite che “Morte a Venezia” sparisce proprio e una presenza martellante sui social con due milioni di download del video in ventiquattr’ore, insieme al video di Blanco nascosto sotto la tovaglia del carrello del servizio in camera – tipo ragazza nella torta – destinato al compagno d’arte. Resta il mistero del mantello, utile quanto un’impermeabile nel deserto

Voto 9 e se stasera si baciano vinceranno per acclamazione.

Elisa:

intonazione perfetta, biancovestita come Carla Fracci e aria da catechista in vacanza fuori stagione, canzone bella. Resta il fatto che è cantante da Sanremo tanto quanto Valeria Marini è un’attrice drammatica. Voto 8 perché se lo merita.

Gianni Morandi:

Jovanotti gli ha scritto un pezzettino in cui ha frullato “Andavo a cento all’ora” insieme ad un pizzico del latte che la mamma aveva mandato a comprare. È ironico e generoso e gli occhietti furbi lo aiutano però sinceramente il terzo posto proprio non ci sta perché sarà anche giovane dentro, ma fuori proprio no. Voto 7- dove il meno va alle giacchette che nemmeno da Zara in svendita.

Irama:

il capello lungo lo sbatte parecchio e il trucco Madame Tussaud non lo aiuta, per non parlare dello strafanto che indossava la prima sera: abbiamo però scoperto che i ragni lavorano all’uncinetto. Però basta chiudere gli occhi e si gode di una voce meravigliosa e di una canzone che a riascoltarla va piazzandosi davvero come tra le più belle in gara. Voto 8++

Sangiovanni:

tra gli ultimi dopo il voto della sala stampa risorge grazie al suffragio dei sui fans. “Farfalle” è un easy-listening che somiglia tanto a “Malibù” ed è pronta a fare sfracelli estivi, magari remixata. Look dimenticabile. Voto 6+, per incoraggiamento.

Emma:

una guerriera nata, combatte su ogni nota e su ciascun accento; la canzone è profondamente sua e Francesca Michielin la sostiene benissimo con l’orchestra. Voto 7 ++ anche per il taglio di capelli bellissimo.

Massimo Ranieri:

chioma rada e tinta di un color volpe scuro, voce oramai al di là del lecito consentito e intonazione fantasiosa: l’età, duole dirlo, c’è e si percepisce impietosa. La sua “Lettera al di là del mare” è un classicone supermelodico niente male, ma soccombe all’interprete. Voto 4 perché ci ricordiamo di “Perdere l’amore”.

Fabrizio Moro:

rappresentante di punta della scuola romana, vestito da rockettaro un po’ passato canta “de core” e tutto sommato convince. Voto 7 anche perché è ancora carino.

La Rappresentante di lista:

lui sembra il fratello di Satomi in Kiss me Licia e lei ostenta delle extension ricondizionate, però il pezzo – come si suol dire – spacca. Ironici quanto basta il loro “Ciao ciao” è destinato a diventare tormentone. Starebbero benissimo tra i primi tre. Voto 8

Dargen D’Amico:

ogni Sanremo ha il suo Gabbani e quest’anno è lui solo in versione “perché io so’ io e voi …”. Insopportabile e supponente oltre che vestito orrendamente. Piace molto alla sala stampa perché pare sia ottimo autore. Voro 5 e scrivesse per gli altri.

Michele Bravi:

È educatissimo, ha una voce riconoscibile e quella timidezza di fondo che piace al pubblico. Ma perché presentarsi come Scialpi travestito da Edward Mani di Forbice per peggiorarsi poi con un abominevole vestito rosso tagliuzzato probabilmente dallo stesso Edward per ritorsione. Ah, la canzone è buona. Voto 7

Ditonellapiaga e Rettore:

Chi-chi-chi-chimica tra una giovane vestita da professoressa cattiva e quel che resta di un mito anni Ottanta, però insieme funzionano e sono divertenti. Trash allo stato puro in un pezzo che riecheggerà in tutti i villaggi vacanze italiani a partire da giugno in poi. Voto 7

Aka 7Even:

Tutto pulitino e ritroso viene ribattezzato subito Alka Seltzer, presidio medico necessario ad arrivare in fondo alla sua indigesta “Perfetta così”. Che noia pazzesca. Voto 4

Achille Lauro:

parecchio sottotono – “Domenica” è la brutta copia di “Rolls-Royce” – riesce comunque ad indignare prelati vari autobattezzandosi e questo è già di per sé un risultato; tuttavia è moscio, graffia quasi niente e servono a poco l’esibizione delle tettine e la mano che scivola nei pantaloni: Iggy Pop lo faceva cinquant’anni fa. Voto 5

Noemi:

straelegante e strastonata; non becca una nota nemmeno per sbaglio, cosa che statisticamente dovrebbe capitare. Pezzo molto suo, niente male, ma … Voto 5 per il vestito della prima sera.

Rkomi:

la versione leather di Sangiovanni e per giunta con una cosa in testa che sembra la parrucca di una bambola assassina. Stona anche quando parla e si presenta con una miserrima “Insuperabile”. Voto 3 e una gamella sulla coppa.

Matteo Romano:

Cucciolo! Spaventatissimo e con una giacca oversize prestatagli da uno zio Granatiere di Sardegna canta con grade garbo “Virale”. Viene voglia di comprargli un cono gelato. Voto 7 perché si farà.

Iva Zanicchi:

ottantatadue anni di maleducazione – la battutta, rintuzzata con classe sublime, a Drusilla è vomitevole – e una voce che non esiste più. Canzone da balera o anche da sagra della salamella. Almeno ha scelto di coprirsi. Ok il voto giusto è 2.

Giovanni Truppi:

canottiera da sfollato, aria da “vissuto” e una domanda: ma se ha novant’anni come mai è una giovane promessa? Occhio, la canzone non è malvagia ma veramente lui non si può guardare. Voto 5 per compassione.

Highsnob e Hu:

siccome il nome è complesso da ricordare lui, quello che somiglia a Herman Monster ma in brutto, se lo è fatto tatuare sul viso insieme ad altre cose mentre lei pare un manichino omicida. Canterebbero niente male e il testo funziona, ma ragazzi a tutto c’è un limite. Voto 6 più un punto per l’effetto Halloween.

Giusy Ferreri:

se la tristezza avesse un nome sarebbe il suo e un megafono d’ottone non basta a mascherare la voce ingolata di sempre. Aggiungi un look da impiegata pretenziosa e la frittata è fatta. “Miele” riarrangiata e affidata a un altro avrebbe successo. Voto 3 col megafono.

Le Vibrazioni:

Amadeus presentandoli ricorda che aprirono un concerto degli AC/DC dimenticando di aggiungere che dovettero fuggire dal palco dopo due canzoni per non essere aggrediti dal pubblico inferocito; e questa è storia. Canzone orrenda ed esecuzione pessima. Voto 2 volendo essere buoni.

Yuman:

rinominato immediatamente Caso Yuman riuscirebbe a irritare un bonzo asceta con la sua “Ora e qui” ridefinendo immediatamente il concetto di “Sparare sulla Croce Rossa”. Voto il numero perfetto, 3.

Ana Mena:

siccome in Spagna non se la filava nessuno allora è venuta a tentare la fortuna qui da noi e parrebbe averla trovata. In confronto a lei Baby K sembra Lady Gaga, per dire. La canzoncina sarà comunque popolarissima su tutte le spiagge italiche. Voto 3+

Tananai:

scappato di casa cerca rifugio sul palco dell’Ariston dove trova parziale conforto alle sue stonature. Da Tananai a Tenevoiannà è un battito di ciglia. Per pura carità si sorvola sul suo look un perlo più grigio di lui. Voto 2-

Riguardo alla conduzione che dire, Amadeus è un “solido professionista” – leggi dj attempato consunto da anni di telequiz – protagonista di siparietti bolliti con Fiorello.

Con lui finora Ornella Muti insipida come una minestrina di stelline – ma che stacco di gambe! – e Lorena Cesarini Antigone angosciante che però costringe a riflettere, ma su tutte la sola e unica Drusilla Foer che in un secondo si prende il palco con classe assoluta facendo sembrare chiunque altro un dilettante: se Amadeus ha un merito è quello di averla voluta all’Ariston.

Zalone? E chi è?

Adesso vado a fare un riposino perché stasera ci sono i duetti e prima delle tre non credo si finirà.

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