21 Aprile 2022 - 8.54

Rai: canone o non più canone?

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Per quanto sia da sempre un convinto sostenitore dell’Unione Europea non è che non ne veda le pecche, le carenze, e anche gli eccessi normativi.
Fra questi ultimi rientra certamente l’invito al Governo italiano di togliere dalla bolletta elettrica l’importo del canone Rai, in quanto considerato un onere improprio non previsto dalla normativa europea.
Onestamente questa mi sembra una intromissione illogica negli affari interni di uno Stato membro, che la Burocrazia europea poteva risparmiarsi.
Fu il Governo di Matteo Renzi a optare per la bolletta nel 2016, a fronte di una dilagante evasione del pagamento del canone TV, stabilendo che a pagare dovesse essere l’intestatario dell’utenza elettrica nell’abitazione di residenza.
Il che ha di fatto azzerato l’evasione, consentendo di conseguenza la riduzione del canone da 113 a 90 euro.
Con la citata presa di posizione dell’Europa, che ha il sapore di un’ingiunzione, il problema si riapre.
Ed è sempre quello; cioè come convincere, meglio costringere, gli italiani a pagare la tassa più odiata di sempre.
Indubbiamente un bel grattacapo per Draghi!
Ovviamente sono già cominciate a circolare indiscrezioni, ma a ben pensarci non è che le soluzioni possibili siano poi molte.
O si torna al vecchio sistema del bollettino postale (con tanto di accorato invito “a pagare” nel corso delle trasmissioni televisive, con minaccia di sanzioni per gli evasori), che ha portato nel 2014 ad un’evasione spaventosa (circa il 27%), oppure lo si trasforma in una tassa sulla casa come in Francia, o sull’auto come in Israele, o se ne affida la riscossione a società esterne come in Inghilterra o in Svizzera.
L’ipotesi che al momento circola di più è quella di inserirlo come voce nel mod. 730.
Di primo acchito mi sembra che quelle prospettate siano tutte di difficile applicazione, se non addirittura impercorribili.
Non è facile collegare il canone Tv al mattone, perchè da noi la prima casa non paga tasse, a meno di non pensare di farlo pagare solo a coloro che possiedono una seconda abitazione!
Analogamente non è agevole collegarlo al possesso di un veicolo, perchè non tutti ce l’hanno.
Inserirlo nel 730 a mio avviso sarebbe addirittura demenziale, non solo perchè 13 milioni di italiani non pagano l’Irpef e quindi non presentano la denuncia, ma anche perchè il mod. 730 è stato tarato su misura per lavoratori dipendenti e pensionati.
Resterebbe la soluzione più logica, nonché la più drastica; quella di eliminare una volta per tutte questo odiato balzello, affidando allo Stato il compito di finanziare la Rai mediante la fiscalità generale.
Quest’ultima soluzione, adottata ad esempio in Spagna, Belgio, Ungheria, Norvegia, a mio avviso sarebbe sì la più logica, se fosse però accompagnata da una seria analisi, e da un altrettanto serio dibattito, su cosa sia e cosa debba fare nel terzo millennio una televisione pubblica, e se abbia ancora un senso parlare di “servizio pubblico”, concetto di cui si riempiono la bocca vertici e dipendenti Rai. Ma su questo c’è da comprenderli in quanto difendono a denti stretti il proprio posto di lavoro!
L’ostacolo fondamentale per una profonda revisione del “modello Rai” sta a mio avviso nel fatto che non si vuole riconoscere che il mercato televisivo e multimediale in generale siano profondamente cambiati dai tempi in cui la Rai era il monopolista dell’etere.
Le Reti televisive private sono cresciute a dismisura, ed internet ha rivoltato il mondo.
Ma come succede nel Belpaese, ed in particolare nel comparto pubblico, la regola sembra quella del “rifiuto della realtà”, perchè accettare che le condizioni di mercato siano mutate significherebbe mettere le mani su assetti consolidati nei decenni, fra l’altro benedetti dalla politica.
Tanto per fare un solo esempio, quando in un Tg delle reti Mediaset propongono un servizio dall’estero, o anche dall’interno, il corrispondente è quasi sempre lo stesso sia per Canale 5, Rete 4 e Italia 1, per il semplice motivo che sarebbe inutilmente dispendioso inviare tre giornalisti in contemporanea nello stesso posto a fare la sessa cosa.
In Rai invece ogni canale ha la sua struttura differenziata, e quindi lo stesso avvenimento viene commentato da tre diversi inviati; uno per Rai1, uno per Rai2, ed uno per Rai3. Per non parlare delle sedi Rai regionali.
E’ chiaro che una simile struttura organizzativa elefantiaca moltiplica enormemente i costi, ma nessuno vuole mettere in discussione una tripartizione che “culturalmente” risale ai tempi in cui il primo canale era della DC, il secondo del Psi, ed i terzo del Pci.
Questi tre partiti di riferimento sono spariti da decenni, ma in Rai nulla è cambiato, ed in nome del cosiddetto “servizio pubblico” si continua a tenere in piedi un “carrozzone” dai costi proibitivi.
Eppure i Partiti attuali sembrano aver capito che il ruolo della Rai non è più quello di un tempo, visto che, ad esempio, dirottano quasi tutta la pubblicità elettorale sui siti internet.
Nonostante tutto i Partiti continuano a sbranarsi per nominare i vertici di Viale Mazzini a Roma applicando il “manuale Cencelli”, perchè la logica imperante è la stessa di Alitalia, cioè di scaricare i costi delle inefficienze e dell’incapacità di stare sul mercato sempre sulle spalle dei contribuenti.
Quindi tutti a parole ammettono che, a meno di un avere a modello le televisioni di Putin o di Kim Jong-un, la Rai andrebbe rivoltata come un calzino, ma alla prova dei fatti si fa fatica a rinunciare alla “Tv di Stato”.
E così nessuno si chiede il perchè del calo delle entrate pubblicitarie, che ovviamente è diretta conseguenza del calo degli ascolti.
E nessuno si chiede perchè i programmi Rai non siano più così attrattivi per il pubblico televisivo, e perchè siano esplosi i canali on demand come Netflix ecc.
Forse perchè non sono di qualità eccelsa?
In realtà il problema della qualità dei programmi si potrebbe fare un po’ per tutte le Reti televisive, ma le altre almeno non pretendono un canone.
La verità è che la Rai è l’emblema di un sistema che andava bene agli albori della televisione, che era funzionale ad un mondo diviso in blocchi, ma che ormai non è più in linea con la realtà attuale.
Sono decenni che si parla di riforma del sistema radiotelevisivo, ed il mio pensiero personale è che la Rai andrebbe privatizzata (almeno due canali), ed il canone andrebbe eventualmente riconosciuto ad una sola Rete, alla quale assegnare veramente la funzione di servizio pubblico.
Il che escluderebbe ovviamente dai programmi di questa Rete “ghigliottine”, “domeniche in”, “balli con le stelle”, “soliti ignoti”, ed altre trasmissioni che, come avviene per le altre emittenti, vanno finanziate con la pubblicità.
E’ palese che la logica, ed il contenimento della spesa pubblica, non facciano parte del bagaglio culturale dei nostri politicanti.
E quindi scommetto che alla fine, in linea con l’imperante filosofia dell’assistenzialismo pubblico, prevarrà la logica del finanziamento diretto della Rai da parte dello Stato.
Così gli italiani sarebbero contenti perchè si vedrebbero formalmente cancellato l’odiato canone, anche se di fatto continuerebbero a foraggiare la Rai con le loro tasse, e senza più alcun limite.
Ma nei Palazzi romani conoscono bene sia i loro polli, cioè noi, che il proverbio: Occhio non vede, cuore non duole!”
Umberto Baldo

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