13 Giugno 2022 - 9.43

PILLOLE DI ECONOMIA – Siamo diventati l’ “Alitalia dell’Europa”

di Umberto Baldo

E’ bastato che Christine Lagarde rendesse pubblico quello che tutti sapevano da mesi, e che i mercati avevano già “prezzato”, perchè venerdì scorso lo Ftse Mib di Milano andasse in caduta libera, e lo spread si impennasse.
Certo vi diranno che anche le altre Borse sono andate male, e che altri Paesi hanno visto crescere il loro differenziale dal bund tedesco.
Tutto vero, ma il perchè il nostro spread venerdì si sia fissato a 222,8 punti, mentre, solo per fare tre esempi, quello spagnolo a 119,4, quello portoghese a 126,7 e quello francese a 54,8, i nostri Demostene hanno sempre una certa “ritrosia” a spiegarcelo.
Non vogliono dire che lo spread non è solo il dato numerico che misura il differenziale di rendimento fra i nostri Btp ed i Bund a 10 anni, ma è un qualcosa di più, che io definirei come l’indice di fiducia che l’Italia sia in grado di onorare il proprio debito.
Detta in altre parole, comprensibili anche per i meno smaliziati, se una persona vi chiedesse un prestito, immagino che prima di dargli i soldi, o gli schei alla veneta, valutereste le probabilità che questo soggetto sia in grado di restituirveli, volendo usare un’espressione più tecnica la sua “solvibilità”.
Allargando il campo, il meccanismo è esattamente lo stesso con il debito pubblico degli Stati, i Bot ed i Btp tanto per capirci meglio.
Questi titoli con cui la Repubblica italiana paga “spesa corrente”, quale i costi ed esempio di scuola e sanita, oltre che le pensioni, sono messi ogni mese sul mercato e acquistati da noi cittadini-investitori, dalle Banche e dalle Assicurazioni, e per circa il 30% anche dai grandi Fondi di investimento internazionali.
Restando sugli investitori esteri, rispondete a questa semplice domanda: se fossi il gestore di un fondo pensione inglese o americano, e dovessi quindi garantire una vecchiaia serena ai miei assistiti, dove investirei?
Nei titoli emessi da Stati valutati con la tripla A, come quelli tedeschi od olandesi, o in quelli di un Paese come l’Italia valutati con una tripla B?
Nel debito di Paesi che hanno una gestione economica oculata e tengono i conti in ordine, o in quello di un Paese che sceglie l’assistenzialismo più deteriore dei bonus a pioggia, la spesa pubblica improduttiva, la nazionalizzazione di fatto di aziende decotte?
E quindi è comprensibile che come voi valutereste la solvibilità di chi vi chiede gli schei in prestito, parimenti i mercati valutano la solvibilità dello Stato emittente i titoli.
Vedete che, gira e rigira, il problema italiano resta sempre quello di un debito pubblico gigantesco alimentato da una classe politica incline allo spendere e spandere, senza mai preoccuparsi di porre un limite a questa dissennata dissipazione di risorse pubbliche.
Una classe politica con il vizietto del deficit, come titolava la “pillola di economia” di venerdì.
Certo adesso tutti i nostri politici, Salvini e Meloni in testa, facendo i pesci in barile e addirittura parlando di “decisione improvvisa (è da oltre un anno che se ne parla), sono prodighi di accuse alla Lagarde e alla Bce per aver deciso la fine del Quantitive Easing e l’aumento dei tassi dello 0,25% (sic!), senza tenere conto delle “peculiarità” dei Paesi periferici, che poi alla fin fine equivale a dire dell’Italia.
Ma sono tutti ballon d’essai tipici dei nostri politicanti, finalizzati a fomentare il sentimento nazionale al fine di trovare un nemico esterno (meglio se l’Unione Europea), e tutto per nascondere le loro manchevolezze, la loro incapacità di dire la verità agli italiani, i dieci anni persi a suon di bonus e finanziamento di consenso elettorale, la loro tolleranza per un’evasione fiscale indegna di un paese civile, la loro mancanza di visione del futuro.
Per tentare di nascondere quello che è sempre più palese, che cioè hanno portato il nostro Paese ad essere “l’Alitalia dell’Europa”.
Umberto Baldo

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