Elezioni: la classifica
Meno 18, tanti sono i giorni che mancano per arrivare alla “ data fatale” del 25 settembre, quando le parole lasceranno il posto ai voti, quelli veri, quelli che noi cittadini esprimeremo nella scheda elettorale.
E allora si vedrà quanto ci hanno azzeccato i guru dei sondaggi, e mi auguro scopriremo, come ho già scritto, che buona parte degli stessi erano solo specchietti per le allodole utilizzati per influenzare gli elettori.
46 sono invece i giorni trascorsi dallo scioglimento del Parlamento, e sono stati tutti giorni di campagna elettorale, perché le macchine dei partiti sono partite quando l’inchiostro della firma di Sergio Mattarella sul decreto non si era ancora asciugato.
E’ troppo presto per tentare di fare un bilancio di quello che abbiamo visto e sentito finora?
Forse sì, perché ho l’impressione che nelle prossime due settimane potremmo assistere ad una ulteriore escalation di promesse fantasmagoriche da parte dei nostri Demostene.
Ma comunque il punto della situazione si può comunque farlo.
Sempre prendendo i sondaggi con le molle, sembrerebbe abbastanza assodato che la coalizione di centro destra alla fine queste elezioni dovrebbe vincerle.
Con che distacco è tutto da vedere, ma come accennavo questo dato fa parte della “realtà”, e quindi sarà disponibile solo dopo lo spoglio.
Ma l’elemento su cui vorrei attirare la vostra attenzione, perché rappresenta una chiave di lettura di come si stanno muovendo i partiti in questi giorni, è quello che io chiamerei “la classifica”.
Mi spiego meglio.
Io penso che, come Giorgia Meloni è conscia che le probabilità di vittoria sono tutte a suo vantaggio, così Enrico Letta sa che la partita è persa, per cui la sua battaglia è tutta tesa a limitare i danni.
Per inciso trovo positivo che si sia un po’ attenuata la polemica fascismo/comunismo, anche perché mi auguro che dalle parti della sinistra più accorta si siano resi conto che non solo non potranno esibire foto della Meloni in fez, camicia nera e giacca di orbace, ma che si tratta di una tematica che non appassiona più di tanto gli italiani, alle prese con altre e più gravi preoccupazioni per l’immediato futuro.
Tornando quindi alla “classifica”, con questo termine mi riferisco al fatto che, va bene le coalizioni, ma esistono pur sempre i singoli Partiti, e per i leader degli stessi è fondamentale cercare di posizionarsi nella parte alta della stessa, perché dall’ordine di arrivo consegue il loro potere contrattuale nella fase successiva alle elezioni.
Sgombrato quindi il campo da Fratelli d’Italia e Partito Democratico, che salvo sorprese, sempre possibili ma assai improbabili, dovrebbero piazzarsi rispettivamente al primo ed al secondo posto della classifica, e certi Partitini minori (per fare un solo esempio Italexit, che lottano per superare lo sbarramento del 3%), la lotta vera è quella per posizionarsi immediatamente alla spalle dei vincitori.
Cominciando da Giuseppe Conte, gli va riconosciuto che, partendo da una causa che sembrava persa, l’avvocato del popolo sta giocando molto bene l’unica carta che gli restava, quella dell’assistenzialismo.
Il nostro Ugo Chavez di Volturara Appula si è fatto bene i suoi conti, e ha realizzato che solo al Sud i percettori del reddito di cittadinanza sono 1,7 milioni, oltre a tutto in crescita per via della crisi, e sono concentrati soprattutto in Campania e Sicilia.
Inutile quindi perdere tempo con le Regioni del nord, dove i cittadini il reddito grillino lo vedono come il fumo negli occhi, e sembrano orientati a votare per la Meloni che senza infingimenti dichiara di volerlo togliere.
Molto meglio girare in lungo ed in largo per i territori del Sud, come una novella Madonna Pellegrina, magnificando il “Reddito” e garantendo che mai il M5S lo farà abolire, e già che c’è assumendo posizioni sempre più di estrema sinistra, andando così a pescare nel potenziale elettorato del Pd, almeno quello che rimpiange la “gauche di lotta e non di governo”.
Non so voi, ma io ho notato anche un adeguamento del look a questa politica “descamisada”, ed infatti l’ex premier ha abbandonato i completi di sartoria con pochette al taschino, sostituendoli con le magliette a mezza manica, molto più adatte ad un “figlio del popolo che lotta per i poveri”.
Si dirà che si tratta di “populismo deteriore”, di assistenzialismo-statalista da sinistra venezuelana, fatto sta che secondo certi sondaggisti in alcune zone del Sud sembra che Conte giri intorno al 20%.
Ovviamente questa presunta rimonta del “contismo chavista” sta preoccupando non poco Matteo Salvini il quale, sorpassato dalla Meloni (che sempre secondo i sondaggi lo avrebbe doppiato), ora si vede tallonato stretto dall’odiato Giuseppe Conte, che alcuni sondaggisti (che ricordiamo non sono oracoli) danno destinato al terzo posto della classifica.
C’è da capirlo il Capitano, che da premier in pectore non più tardi di un anno fa, si è visto via via relegato a junior partner di una donna, che gli sta facendo vedere la polvere, e che ora vive l’angoscia di arrivare quarto.
Si sa che la “medaglia di cartone” non piace a nessuno, figurarsi ad uno che si vedeva già inquilino di Palazzo Chigi!
E quindi cosa fa il Capitano per cercare di arginare i danni?
Lo si è visto chiaramente domenica al Forum Ambrosetti a Cernobbio, alla tavola rotonda con tutti i principali leader politici.
Quando, a fianco di una Giorgia Meloni fremente sulla sedia, che a un certo punto sembrava volersi mettere le mani sui capelli, lei che si giocava tutto davanti alla platea di imprenditori e finanzieri puntando sull’atlantismo, e sulla sua affidabilità in Europa, Salvini le ha rotto il giocattolo, scagliandosi contro le sanzioni alla Russia, e stracciando così l’immagine di un centro destra unito e allineato all’Occidente contro Putin.
Il perché è chiaro; vuole cercare di recuperare parte dei voti che dalla Lega sono passati a FdI, evitando così il quarto posto dopo Conte.
Penso che la Meloni dovrà guardarsi anche da Silvio Berlusconi, convinto di essere solo lui il garante moderato del centro destra a livello europeo, ma questo lo si vedrà fra un po’ di tempo.
Concludendo, la classifica è importante non solo a livello di contendenti di schieramenti diversi, ma anche all’interno della stessa coalizione.
Sempre rimanendo al centrodestra, ma solo perché accreditato della vittoria finale, capite bene che se il 25 settembre Lega e Forza Italia dovessero uscire molto ridimensionati, il prossimo governo non diventerebbe certo un monocolore di Fratelli d’Italia, ma il potere della Meloni crescerebbe a dismisura, potendo ad esempio rivendicare, oltre al premier, anche la guida dei ministeri più importanti, la gestione dei rapporti con l’Europa, e, cosa non trascurabile, il potere di riempire le caselle in Rai e nei grandi Enti pubblici.
Ecco perché, come nel Campionato di calcio o al Giro d’Italia, quello che alla fine conterà veramente sarà la classifica finale.