10 Ottobre 2022 - 10.55

Perché Giorgia Meloni fatica a  trovare il futuro  Ministro dell’Economia?

di Umberto Baldo

Credetemi che formare un Governo di coalizione presenta forse le stesse difficoltà della mitica “quadratura del cerchio”.

Non meraviglia quindi che Giorgia Meloni stia concentrando tutte le sue attenzioni nella composizione del nuovo Esecutivo, con l’obiettivo dichiarato di mettere in piedi un Governo di “alto profilo”.

D’altronde la premier in pectore è conscia di avere gli occhi del mondo puntati addosso, in attesa di una suo errore,  e sa anche che, obiettivamente, il prossimo Governo sarà il primo di Destra  (esattamente dopo un secolo da quel 31 ottobre 1922 del primo Governo Mussolini) nella nostra storia repubblicana, e ciò comporta inevitabilmente considerazioni  e pregiudizi sia di carattere storico che ideologico.

La Meloni ha subito mostrato di mirare ad occupare le caselle più importanti del suo costituendo Governo con “tecnici” riconosciuti e stimati a livello europeo e internazionale, ed indubbiamente si tratta di una mossa politica intelligente, per mostrare al mondo che lei non è “quel mostro” cui accennava ieri nel suo saluto agli amichetti spagnoli di Vox.

Secondo la regola del “Dagli amici mi guardi Dio, che dai nemici mi guardo io”, i veri  problemi per mettere a terra i suoi desiderata non li ha certamente fuori, bensì all’interno della sua coalizione.

E stanno da una lato nelle resistenze ai “Ministri non politici” sia di Forza Italia che della vecchia guardia di FdI  che giustamente, secondo la loro logica, si stanno chiedendo perché ora che toccherebbe a loro si parla di ministri tecnici, e nel contestuale rifiuto di essere considerati personale politico di basso-medio livello.

Dall’altro lato, e forse è l’aspetto ancora più difficile da gestire,  sta nell’atteggiamento formalmente collaborativo, ma di fatto ostile, del vero perdente di questa tornata elettorale dal lato centro destra: Matteo Salvini.

Un Salvini sotto attacco dallo “zoccolo duro” dei leghisti della prima ora che gli chiedono apertamente di farsi da parte, e che come un leone ferito ha la necessità di riprendere una sua visibilità politica.

La conseguenza è che la formazione del nuovo Esecutivo è appesa allo scioglimento di “nodi” come quello di Licia Ronzulli, che Berlusconi vorrebbe a capo di un Ministero di “serie A” (Salute, Istruzione, sic!), ruolo per il quale la Meloni la giudicherebbe palesemente inadatta.

Ma tornando al problema dei “tecnici”, ce n’è uno in particolare che Meloni considera irrinunciabile per accreditare il suo Governo in Europa e negli Usa, quello dell’Economia.

Certo nei Partiti di maggioranza personaggi che farebbero la fila per andare a  sedersi in via XX Settembre ce ne sarebbero parecchi.

Ma la Meloni sa benissimo che la vera patata bollente del suo Governo sarà la politica economica, e sa anche che partire con nomi come Tremonti o Borghi, tanto per farne un paio, equivarrebbe a tirare giù le saracinesche in tempi rapidi, con mercati in subbuglio e spread alle stelle.

Da qui la sua spasmodica ricerca (che a quanto si è capito era iniziata anche prima del 25 settembre) di un tecnico riconosciuto, al chiaro fine di non urtare le suscettibilità e alimentare le paure degli investitori e delle Cancellerie.

Il problema è che, nonostante si tratti del Ministero di maggior prestigio, la Meloni sta ottenendo una serie di “No”.

Si è tirato indietro Fabio Panetta, ufficialmente perché non vuole abbandonare la Bce,  e forse perché mira al posto di Governatore di Bankitalia, ma avrebbe declinato l’offerta anche Domenico Siniscalco.

Si sussurrano altri nomi, dall’attuale Ministro Daniele Franco a  Vittorio Grilli, anche se la prima scelta era senza dubbio Panetta.

Ma perché la futura premier si trova di fronte a questa serie di rifiuti?

Io credo che ciò dipenda non solo dal momento tragico in cui un Ministro dell’Economia si troverebbe ad operare, ma anche dalle profonde divisioni in tema di politica economica che caratterizzano i tre Partiti di Governo.

A voler dirla tutta, a  ben guardare, relativamente ai programmi di politica economica, ci sono in campo tre destre.

Quella di Forza Italia che mira su una flat tax al 23%, accompagnandola  con altre promesse di spesa, aumento delle pensioni in primis, senza farsi mancare l’ennesima pace fiscale, che al di là delle parole resta sempre un condono mascherato.

Poi c’è quella di Matteo Salvini che propugna la flax tax al 15%,  quota 41 per le pensioni, e l’immancabile “pace fiscale” che è quasi un marchio di fabbrica della Lega del Capitano.  Salvini poi è uno strenuo difensore della necessità di uno scostamento di bilancio in tempi rapidissimi per aiutare famiglie e imprese a pagare le bollette energetiche.

La Meloni sembra avere idee diverse dai suoi alleati.  Sulla flat tax non sembra entusiasta, e pare preferire la cosiddetta Flax tax incrementale, ossia sul reddito in più rispetto a quello dell’anno precedente (questa misura presenterebbe però parecchie criticità, anche di tipo tecnico). Sembra inoltre puntare di più su alleggerimenti fiscali  sul costo del lavoro, in particolare a favore delle imprese che assumono. Manifesta poi una netta contrarietà agli scostamenti di bilancio, forse perché qualcuno le ha spiegato che potrebbero innescare reazioni negative dei marcati.

Parafrasando una espressione cara a Mao “Grande è la confusione sotto il cielo”, mi sembra di poter dire che Salvini, Berlusconi e la Meloni non hanno certo le stesse sensibilità e le stesse priorità relativamente alle scelte di politica economica.

Se questo è il quadro, se l’unica cosa abbastanza certa è che nei prossimi mesi, qualunque delle tre diverse “visioni” prevalga all’interno del Governo, avremo un peggioramento dei conti pubblici, perché una persona dotata di professionalità e di credibilità internazionale dovrebbe infilarsi a cuor leggero nel ginepraio delle lotte sotterranee, dei bracci di ferro, fra Capi Partito, rischiando di perdere la faccia nei confronti di Bruxelles e delle altre Istituzioni sovranazionali?

Ecco perché al momento la poltrona di Ministro dell’Economia resta vuota, e non è detto che la Meloni alla fine riesca, senza un eventuale aiuto di Sergio Mattarella,  a trovare il tecnico di alto profilo cui aspira.

Umberto Baldo

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