29 Aprile 2015 - 17.06

ASSALTO AI TIFOSI – Peripoli: “La polizia non c’era”

aggressione vicenza calcio 4

E’ un ventenne di Manerbio, Micheal Facchetti, il tifoso del Brescia arrestato ieri notte a seguito degli scontri dopo la partita tra Brescia e Vicenza. Altri dieci sono stati denunciati, tra questi ben cinque minorenni. Accompagnato in questura anche uno dei capi della Curva Nord del Brescia.
Sette i pullman dei tifosi biancorossi che erano partiti dal Vicentino, solo due quelli ritornati sani e salvi. In uno, preso di mira più degli altri, ci è scattato anche il ferito: un bambino di 12 anni, residente a Montecchio Maggiore, che ha riportato lesioni ad un occhio.

“L’assalto è stato improvviso – mi racconta Gianluca Peripoli, vicesindaco di Montecchio Maggiore nonchè tifoso del Vicenza Calcio, che ieri sera viaggiava proprio nel pullman in questione – ma tutti hanno notato la rabbia con la quale ci hanno attaccati”.
Un’azione probabilmente premeditata, spiega. Sembra che gli ultras biancoazzurri avessero nascosto le armi il giorno prima. “La partita era finita da un’ora quando ci hanno fatto salire in pullman. Eravamo tutti un po’ tristi per la sconfitta eclatante. Si respirava una brutta aria. Una volta partiti, uno dei passeggeri ha preso in mano il microfono e, per alleggerire la situazione, ha iniziato a raccontare delle barzellette. Nessuno sospettava cosa sarebbe successo di lì a poco”.
“Ad un tratto, a pochi chilometri da una rotatoria, ci siamo fermati. Abbiamo iniziato a vedere in lontananza, delle luci, dei bengala forse, subito non abbiamo pensato che fosse un agguato, ma, nel giro di pochi minuti, si è realizzato l’inferno. Erano in 40, si erano nascosti sotto all’argine e sono sbucati all’improvviso muniti di bastoni e sassi. Noi tutti ci siamo immobilizzati, eravamo spaventati. Con i bastoni hanno iniziato a colpire i finestroni del pullman, li hanno sfondati. Mi sono girato ed ho visto i vetri cadere addosso al bambino, lui urlava, era terrorizzato. Il padre, seduto al suo fianco, ha cercato di fare da schermo, ma ormai era troppo tardi. In tutto questo, la polizia non c’era”.
“Siamo riusciti a scappare – continua – abbiamo proseguito per 500 metri e poi abbiamo allertato le forze dell’ordine, che hanno subito scortato in pronto soccorso il 12enne”.
Ma gli scontri non sono finiti qui. Poco dopo, sono arrivati anche gli ultras biancorossi. Volevano vendicare l’accaduto, rispondendo alle mani con le mani. La polizia, però, è intervenuta per tempo, evitando il peggio.
“Noi, nel frattempo, siamo rimasti fermi nel parcheggio del mercato ortofrutticolo di Brescia ad attendere il bambino e il padre, che lo aveva accompagnato in ospedale con gli agenti – prosegue a raccontarmi il vicesindaco di Montecchio – alle 2:30 circa, una macchina della questura lo ha riportato da noi. Stava bene, ma era ancora molto spaventato. Gli infermieri gli hanno estratto dieci schegge di vetro dall’occhio, ma è stato fortunato. Visto le premesse, poteva andare molto peggio”.

Ad un giorno dall’accaduto, si può ripensare al tutto con più lucidità. Un episodio che va oltre il calcio. Entrambe le società hanno condannato il gesto di questo gruppo di ultras, che hanno trasformato l’euforia del gioco in violenza. “Questo non è tifo, non amore per la propria squadra – continua Peripoli – è solo delinquenza. Il ragazzino ferito io lo conosco bene, è un grande tifoso e spesso va allo stadio, questa non era la sua prima trasferta. La serata di ieri lo ha segnato. Per un po’, forse, si terrà lontano dalle tribune. Le urla, la paura, le lacrime sono cose che ti restano dentro”.
Prima di lasciarci, gli faccio un’ultima domanda. Gli chiedo come mai la polizia non c’era. Del resto, non era una partita con i primi che capitano. I tifosi del Brescia sono famosi per episodi simili. Mi lascia senza parole sapere che i pullman di vicentini erano lì, allo sbando. “Vedi – mi dice – dal mio punto di vista, la polizia bresciana ha sottovalutato il pericolo. E, sia chiaro, non sto muovendo delle critiche contro le forze dell’ordine, io sono sempre dalla parte di polizia e carabinieri. In questo caso, però, mi sarei aspettato un maggiore controllo. I pullman erano del tutto senza protezione. E, forse, visto che non siamo ultras, eravamo un bersaglio ancor più facile e ci avrebbero dovuto proteggere il doppio”.
Non è un tono di amarezza quello delle ultime battute della nostra conversazione, di desolazione semmai, di tristezza. Da parte di entrambi. “Quando succedono così del genere – conclude – ti senti vulnerabile e quasi ti passa la voglia di andare allo stadio”.
Ma il calcio, fortunatamente, aggiungo io, non è solo questo. Anzi, non lo è per niente. Il calcio è amore e passione. E per fortuna lo sarà sempre.

GM

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