Buon 2023!
Certo sarebbe bello che in quel “soffio di tempo” che intercorre fra le 23,59 del 31 dicembre e le 0,01 del 1° gennaio, il mondo, e le nostre vite, potessero veramente voltare pagina, e guardare con rinnovata fiducia a quello che ci riserverà il 2023.
Sarebbe bello che nel momento in cui incrociamo i calici e ci abbracciamo per farci gli auguri, quello che è successo negli ultimi 12 mesi venisse come d’incanto cancellato, e si passasse come magicamente ad una nuova fase.
Purtroppo non succede mai, e a maggior ragione l’anno che inizia non potrà che partire da dove è finito il 2022, anno in cui molte nostre certezze sono inesorabilmente cadute.
Il 2022 è stato un anno caratterizzato dalla pandemia persistente, dal cambiamento climatico avanzante, da un’inflazione galoppante, da un rallentamento della crescita economica e, più di ogni altra cosa, dallo scoppio di una tragica e costosa guerra in Europa, accompagnato dalla preoccupazione che presto possa scoppiare un conflitto violento anche in Asia.
Forse ci eravamo illusi che in Europa l’epoca dei conflitti armati fosse finita, ed invece Vladimir Putin ha riproposto una guerra “imperiale” vecchio stile, con cui la Russia aveva in animo di estinguere l’Ucraina come entità sovrana e indipendente.
Di pari passo si è mostrata non più sostenibile l’idea che l’interdipendenza economica possa costituire un baluardo invalicabile contro la guerra perché nessuna delle parti avrebbe interesse a interrompere i legami commerciali e di investimento reciprocamente vantaggiosi; il conflitto in Ucraina testimonia che le valutazioni politiche vengono sempre prima di tutto.
Parimenti sembra essere fallita l’integrazione che ha animato decenni di politica occidentale nei confronti della Cina, e non resta che prendere atto che il sistema politico cinese sta diventando più repressivo, la sua economia si sta muovendo in una direzione più statalista, e la sua politica estera sta diventando più aggressiva.
Credo dovremo anche riflettere sull’effettiva efficacia delle sanzioni economiche nei confronti di Stati che violano i diritti umani o aggrediscono altri Stati, forse per prendere atto che, dalla Russia all’Iran, le sanzioni non sono riuscite fino a ora ad indurre Putin o gli Ayatollah a cambiare la loro linea politica ed i loro comportamenti criminali.
Altra riflessione andrebbe fatta sulla progressiva perdita di peso dell’Onu, bloccato di fatto dai veti, e delle Conferenze sul cambiamento climatico, in cui oltre a documenti frutto di mediazioni inconcludenti non si riesce ad andare (da ultimo quella in Egitto).
Anche sul fronte sanitario c’è poco da stare allegri. In occasione dell’epidemia da Covid 19 non si è riusciti ad elaborare e a mettere sul campo una risposta globale, e ciò è preoccupante perché la scienza ci dice che di pandemie ce ne saranno altre negli anni a venire, forse ancora più devastanti del virus di Wuhan.
Anche il grande sogno di Internet, visto come strumento di comunicazione libero e universale ha dovuto fare i conti con la realtà che Regimi autoritari come quelli di Cina, Russia, Corea del Nord e Iran, per citarne solo alcuni, possono chiudere le loro società, controllare i cittadini, violare qualsiasi forma di privacy, censurare le comunicazioni, e inondare la rete di fake news per disinformare od orientare le opinioni pubbliche dei Paesi democratici.
Da ultimo la sfida in atto fra sistemi di governo; democrazie da un lato, e sistemi autoritari dall’altro.
Apparentemente i leader delle democrazie sembrano in svantaggio nei confronti degli autocrati, che possono decidere senza rendere conto a nessuno, ma non è tutto oro quel che luccica, perché i regimi autoritari devono costantemente fare i conti con la minaccia della protesta di massa, come abbiamo visto di recente in Cina contro le politiche dei lockdown, o in Iran contro l’obbligo del velo islamico.
E, cosa da non sottovalutare, in entrambe le proteste sono affiorate fra i manifestanti le due parole magiche: libertà e diritti.
Alla fine di queste brevi considerazioni bisogna con atto di umiltà riconoscere che le nostre capacità previsionali sono alquanto limitate; e lo dimostra il fatto che pochi degli elementi sopra esposti erano prevedibili solo un anno fa.
Ciò dovrebbe insegnarci che la storia, con la sua imprevedibilità, è tornata a condizionare le nostre vite, e diciamo pure a sorprenderci.
Come accennavo all’inizio, il 2023 non potrà che partire da tutto questo, ma ciò non deve essere un invito al pessimismo più cupo, anche se tutto sembra remare contro la pace fra i popoli.
In questo senso “Historia magistra vitae” come diceva Cicerone, perché la storia dell’uomo è sempre stata caratterizzata da periodi di guerra, cui però sono succeduti periodi di pace.
Di conseguenza, anche se nei mesi scorsi, notizia dopo notizia, abbiamo perduto fiducia nella capacità dell’uomo di prevalere sugli istinti primordiali, sulla sua sete di potere, sul suo rancore atavico, bisogna sperare che prima o poi prevalga il coraggio di abbassare le armi per colloquiare diplomaticamente.
Con questa speranza, con questa voglia di credere in un futuro migliore, di cui il 2023 possa rappresentare l’inizio, a nome di Tviweb porgiamo a voi e a chi vi è caro i migliori auguri di Buon Anno Nuovo.