17 Gennaio 2023 - 10.07

Nel silenzio assordante dei media nasce il “Terzo Polo”

Sabato a Milano presso l’Auditorium San Fedele si è tenuto una Convention  che, di fatto, è stato l’atto fondativo di una nuova forza politica.

L’oggetto della discussione era condensato nel titolo: “Le sfide della liberaldemocrazia in Europa. Come rafforzare Renew Europe e Partito Democratico Europeo. L’unità dei liberaldemocratici”

So già che a questo punto qualcuno starà pensando: sai che novità?  Un altro Partito? Non ce ne sono abbastanza in Italia?

Può essere vero visto il grande numero di “partitini” che si presentano regolarmente alle elezioni, anche se fino ad un certo punto, come vedremo.

Ma in ogni caso ciò non giustifica il fatto che lo spazio dedicato all’evento sui giornali di domenica sia stato meno di quello concesso alle baruffe nel Pd per il voto on line agli anziani disabili, di fatto una “non notizia”.

Con la conseguenza che il cittadino ha potuto apprendere della convention di Milano solo da qualche trafiletto (non esagero), quasi fosse un necrologio,  annegato fra tutte le altre notizie.

Eppure la novità c’era, eccome se c’era!

E l’unica spiegazione che riesco a darmi sul comportamento “omissivo” dei mezzi di informazione è che  questa “novità” non viene accolta bene da un sistema politico-informativo che sguazza nel bipolarismo destra-sinistra, e quindi non vede di buon occhio l’affacciarsi sulla scena politica di quella che potrebbe rivelarsi appunto come una “novità di sistema”.

A meno di non  voler pensare che la libera stampa, quello che dovrebbe essere il “Quarto potere” a garanzia della libertà di giudizio e di pensiero dei cittadini, sia in realtà asservita alle logiche del potere partitico-corporativo.

E se gli spazi concessi sono stati quasi inesistenti, è perché sanno bene che se la scommessa lanciata sabato a  Milano da Carlo Calenda, Matteo Renzi, Sandro Gozi, Letizia Moratti, Benedetto della Vedova, Oscar Giannino e molti altri, dovesse avere successo fra gli italiani, costringerebbe la sinistra e la destra a ripensare se stesse, a rivedere uno schema dato per scontato, e forse a far assomigliare il sistema politico italiano ai grandi sistemi politici europei. 

Se questa nuova formazione si chiamerà Renew Italia, o in qualche altro modo, non ha in realtà nessuna rilevanza, perché da quello che ho sentito in streaming alla Convention (sì, me la sono sciroppata tutta dalla mattina al tardo pomeriggio) il disegno va molto al di là della semplice unificazione fra Azione di Carlo Calenda e Italia Viva di Matteo Renzi, in quanto si prefigge di promuovere una ripresa del riformismo italiano, al fine di rompere lo schema bipolare “droite-gauche”.

E mi ha fatto piacere sentire che l’obiettivo vero sia quello di «riportare i riformisti al governo» alle prossime elezioni politiche (che non è detto siano nel 2027). 

Esattamente il contrario della vulgata giornalistica che dipinge il Terzo Polo solo come una potenziale “stampella” della destra.

Quindi se il progetto si rafforzerà, l’elettore italiano alle prossime elezioni, cominciando dalle europee del 2024, ma anche dalle regionali fra un mese, dovrà porsi queste due domande:

Mi va bene votare per un Pd alleato, e con ogni probabilità subalterno, al Chavez in salsa appula, al Giuseppe Conte campione di un populismo buono per tutte le stagioni?

E mi sento a mio agio scegliendo la coalizione di centro destra dominata dai Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che rimangono pur sempre populisti-nazionalisti?

Il busillis sarà tutto qui!

Ed io voglio credere, e sperare, che a  breve un cittadino di sentimenti liberal-democratici possa scegliere senza turarsi il naso, scegliendo una forza che intende dare vita ad un’area centrista nello schieramento politico. 

Certo la sfida non sarà delle più facili, perché nel passato abbiamo visto troppe volte le forze del riformismo liberale dividersi in piccoli partititi, dai Repubblicani ai Liberali ai Radicali, perdendo di vista l’obiettivo finale di dare vita ad un’area politica centrista capace di far valere la propria idealità.

Certo l’area liberal democratica culturalmente non è di solito collegata alla politica di massa, ma ho chiaramente percepito che i promotori  hanno realizzato che i “circoli delle bocce” non servono a nulla, e Carlo Calenda lo ha ben espresso con queste parole: “Non facciamo un circolo di sfigati che fanno training autogeno tra di loro”.

Come ha sottolineato un po’ scherzando Luigi Maratin  nel suo intervento, si tratta di trovare uno spazio: “Tra la Cgil che intona l’inno sovietico e il ministro Sangiuliano che arruola Dante Alighieri accanto a La Russa e Lollobrigida”.

Io credo che questo spazio esista, e a mio modesto avviso si deve concretizzare in proposte atte a rompere equilibri decennali, che hanno frenato lo sviluppo del sistema produttivo (abbiamo da trent’anni la produttività più bassa d’Europa), che hanno perpetuato un sistema amministrativo-burocratico borbonico, che hanno imposto sia da destra che da sinistra un modello assistenzialista e statalista sempre più spinto.

E tutto questo mantenendo al centro dell’azione politica i diritti dell’individuo, contro il totalitarismo soffocante dello Stato e dei suoi apparati.

Facile?

No, sarà tutt’altro che facile, ma il solo fatto che ci siano persone che si stanno impegnando per offrire un’alternativa al sistema attuale, è già di per sé una bella notizia.

A pensarci bene,  nel sostenere questo progetto cosa abbiamo da perdere?

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