PILLOLA DI ECONOMIA – Il Trattato di Barcellona cambia l’assetto europeo
Se consultate Wikipedia alla voce “Trattato di Barcellona” apprenderete che si tratta dell’accordo di pace stipulato il 29 giugno 1529 fra Papa Clemente VII e l’imperatore Carlo V, che mise fine alla guerra fra gli Asburgo e la Lega di Cognac, che aveva portato fra l’altro al “sacco di Roma” da parte dei lanzichenecchi.
E’ molto probabile che a breve venga aggiunta un’integrazione relativa ad un altro accordo, concluso lo scorso 19 gennaio fra il Premier spagnolo Pedro Sànchez ed il Presidente francese Emmanuel Macron.
Ce si pensate bene, cos’è la politica internazionale?
In buona sostanza è fatta di accordi, alleanze, scelte di schieramento, che non sono mai eterne, anzi spesso sono soggette a giri di valzer, ma che in certi casi segnano un allineamento stabile fra le politiche di due o più Paesi, in vista di obiettivi comuni.
Limitandoci per il momento solo alla nostra Europa, l’uscita di scena di Angela Merkel, che per tre lustri è stata l’unica vera leader continentale, quella che dava le carte per intenderci, si è creato una sorta di “vacanza”, perché è del tutto evidente che il nuovo premier tedesco Olav Scholz non ha né il carisma né le capacità politiche della ex Cancelliera.
Per lo spazio di un mattino qualche analista aveva vagheggiato che ad assumere il ruolo di guida della Ue potesse essere Mario Draghi, ma era palese che SuperMario non aveva alle spalle la necessaria forza politica all’interno del proprio Paese.
Da non trascurare, parlando di equilibri europei, l’uscita della Gran Bretagna, che comunque con il suo peso ha sempre condizionato, non sempre in positivo per la verità, la politica della Ue.
A questo punto parrebbe che un qualche ruolo di guida, di punto di riferimento in Europa, potesse essere assunto da Emmanuel Macron.
Macron negli ultimi due anni ha concluso accordi di cooperazione rafforzata con l’Italia (nel 2021) e, appunto, con la Spagna.
Una linea politica che apre nuove prospettive che sembrano andare oltre la storica egemonia dell’asse franco-tedesco. Nei rapporti con Berlino qualcosa sembra essere cambiato. Olaf Scholz, come accennato, non è Angela Merkel e il Cancelliere tedesco sta pagando alcune decisioni: la Germania, fortemente dipendente dal gas di Mosca, ha mantenuto un atteggiamento molto cauto sulle sanzioni e sul price cap.
Queste scelte hanno indebolito la leadership tedesca a livello europeo, e l’immagine agli occhi dei partner. Le relazioni francesi con Berlino restano comunque molto solide (Trattato dell’Eliseo), ma Macron ha iniziato a guardare anche in altre direzioni, intensificando i colloqui con i Paesi confinanti.
Una conseguenza naturale di questa situazione è stata la firma con Mario Draghi e Pedro Sánchez di due accordi molto simili, per portata e ambizione, a quello che lega francesi e tedeschi.
Il trattato con la Spagna, che da luglio assumerà la guida del Consiglio dell’UE, è composto da oltre dieci capitoli che toccano vari temi, dall’istruzione all’economia passando per agricoltura e difesa.
Come accennato, l’Europa avanza, a volte a grandi falcate, altre a passettini, non solo attraverso le sue istituzioni, ma soprattutto grazie alle relazioni bilaterali dei suoi Paesi membri.
E questo nuovo assetto da sabato scorso, in virtù del “Trattato di amicizia” firmato a Barcellona, include anche la Spagna, che così diventa uno dei grandi Paesi dell’UE per dimensioni, economia e, soprattutto negli ultimi anni, grazie alla sue iniziative politiche.
Per la Spagna soprattutto il Trattato è infatti l’occasione per avere finalmente il suo posto al tavolo dei “grandi”, dopo aver pagato per anni la sua adesione tardiva all’Unione.
Un momento storico che Sánchez dovrà dimostrare di saper sfruttare a suo favore durante il semestre della Spagna alla presidenza del Consiglio dell’Unione Europea, e in occasione delle elezioni generali previste per dicembre di quest’anno.
E che si tratti di un accordo importante lo dimostra il fatto che lo stesso stabilisce che i Paesi terranno un vertice bilaterale annuale, e che saranno invitati al Consiglio dei ministri del Paese amico almeno una volta ogni tre mesi, a rotazione.
Ripeto che l’obiettivo di Emmanuel Macron è piuttosto evidente, e sta nel tentativo di continuare a rafforzare il ruolo centrale della Francia in Europa in una fase in cui Roma e Berlino, per motivi diversi, non vengono considerate altrettanto affidabili.
Visti i problemi di Scholz, infatti, è inutile nasconderci che neanche Giorgia Meloni al momento può contare sul pieno appoggio dei partner europei più importanti, ancora diffidenti nei confronti di una leader che ha sempre guardato con maggiore interesse ai Governi nazionalisti dell’est piuttosto che a Parigi e Berlino.
Se pensate che l’Accordo di Barcellona abbia solamente valenza politica vi sbagliate: perché la politica è anche economia, ed ecco il motivo per cui i due leader erano accompagnati da una ventina di Ministri, che hanno raggiunto importanti intese nel campo dei trasporti, dell’energia, delle migrazioni, dell’agricoltura, della pesca, dell’alimentazione.
Concludendo in chiave interna, ricordo che Mario Draghi Mario ha risposto così a un giornalista che gli chiedeva un parere sulla vicinanza tra la leader di FDI e Orbàn: “Mi sono chiesto, com’è che uno si sceglie i partner? (…) Bisognerebbe chiedersi quali sono i partner che mi aiutano a proteggere l’interesse degli italiani meglio? Chi conta di più tra questi partner?».
Macron sembra averlo risolto questo dilemma, visto che da oggi la Francia si troverà ad avere trattati bilaterali ambiziosi con Spagna, Germania e Italia, diventando così il collante politico, oltre che geografico, fra le tre maggiori economie dell’UE.
Inevitabilmente Giorgia Meloni dovrà nell’immediato futuro scegliere se stare con il Gruppo di Paesi che si propongono quale nucleo trainante dell’Europa, oppure continuare a fare l’occhiolino ai sovranisti alla Orbàn, rischiando che l’Italia conti poco o nulla nel grande gioco continentale.