14 Giugno 2023 - 8.41

Economia: ma davvero va tutto bene?

A voler credere a giornali e media, e soprattutto ai nostri politici, sembra che l’economia italiana stia andando a gonfie vele, quasi avessimo soppiantato la Germania nel ruolo di “locomotiva dell’Europa”. 

E’ innegabile che nel primo trimestre del 2023 l’Italia ha registrato una crescita del Pil superiore rispetto ad altri paesi europei come Francia e Germania (quest’ultima addirittura in recessione tecnica)il mercato del lavoroè ai massimi (per i nostri parametri eh!), le esportazioni nel 2022 hanno raggiunto la quota stratosferica di 625 miliardi (il 32,7%del Pil), ed i consumi tutto sommato tengono.

Tutto bene quindi?   Praterie sconfinate davanti a Giorgia Meloni ed al suo Governo?  Una nuova età dell’oro si prospetta per la nostra Italietta?

Ho sempre amato la figura di Cassandra, sacerdotessa di Apollo, il quale, invaghito dalla fanciulla, le aveva donato la facoltà della profezia; quando però Cassandra lo aveva respinto il dio l’aveva punita, facendo in modo che alle profezie della vergine, pur destinate ad avverarsi, nessuno avrebbe creduto!

Non ho certo l’ambizione di paragonarmi ad un mito immortale come quello di Cassandra, o peggio ancora ad un oracolo, ma da sempre mi piace andare un po’ contro corrente, cercando di smontare i facili entusiasmi, e soprattutto mettere in evidenza come i nostri Demostene cerchino artatamente di minimizzare, e spesso occultare, le cose che invece non vanno nel verso giusto, e che dovrebbero quindi preoccupare noi cittadini.

Vi espongo quindi di seguito i motivi per cui, almeno a mio modesto avviso, in Italia le cose non vanno poi così bene come vogliono farci credere.

Come accennavo, se è vero che il Pil tiene, anche se le previsioni di crescita non sono poi così strabilianti (un + 1%  stimato per quest’anno non merita certo lo champagne!),  è altrettanto vero che  è in atto un vero e proprio crollo della produzione industriale.

Nei giorni scorsi l’Istat ha reso noto che la produzione del nostro comparto industriale è calata in un anno del 7,2%, ed un dato simile non lo si registrava dal luglio 2020 (questo segnale dovrebbe essere poco rassicurante perché la nostra capacità di esportare dipende ovviamente dalla produzione).

Certo a fronte del crollo dell’industria si registra un boom del settore turistico, ma non è detto che questo basti a sostenere il sistema-Italia, e comunque a mio avviso un Paese del G7 non può consolarsi aspirando a diventare una sorta di Disneyland europea.  

Considerando  che le imprese producono quindi di meno, ma in un contesto di inflazione ancora alta e di prezzi crescenti, io credo che l’effetto sui consumi (e anche sul Pil) non tarderà ad arrivare presto.

In questa fase i consumi hanno tenuto perché gli italiani hanno fatto ricorso ai risparmi accumulati nel biennio dei lockdown, ma purtroppo l’inflazione è ancora alta, e basta andare al supermercato per rendersene conto.

Per di più a mio avviso in questa fase c’è anche chi, con la scusa dell’inflazione, se ne approfitta per realizzare profitti non giustificati dagli aumenti dei costi di produzione (in altri tempi costoro venivano chiamati pescecani).

Una volta erosi questi risparmi (tra dicembre 2022 e marzo 2023 la liquidità è scesa di quasi 90 miliardi, quasi cinque volte quanto attinto dalle riserve degli italiani nei dodici mesi precedenti), se di conseguenza i consumi dovessero subire una forte battuta d’arresto, credo che per le imprese continuare a tenere i prezzi alti diventerebbe problematico, per non dire difficile.

Certo un Governo  coi fiocchi potrebbe favorire una politica pro-concorrenziale più incisiva (che per definizione aiuta ad abbassare i prezzi), ma fra balneari, taxisti ecc, abbiamo già capito che il termine concorrenza la Meloni ed i suoi Ministri lo percepiscono come il diavolo vede l’acqua santa.

In questo quadro non va poi trascurata la beffa ai cittadini conseguente al fatto che  dopo la robusta stretta monetaria della Bce, con il costo del denaro salito fino al 3,75% il mese scorso,  i tassi sui mutui alle famiglie sono arrivati al 4,36%,  ma non si è verificato però un pari aumento per quanto riguarda i tassi passivi: gli interessi bancari a favore dei depositi della clientela hanno sfiorato appena lo 0,4%”.  Le Banche quindi fanno i “caz… loro”, realizzando utili stellari, e guardando così più agli azionisti che a coloro che affidano loro il proprio denaro. 

Quindi, riassumendo: l’inflazione riduce il potere d’acquisto delle famiglie, le quali però prima di ridurre il tenore di vita, e quindi i consumi, mettono mano ai risparmi. Ma quando questi saranno finiti le imprese, che nel frattempo hanno aumentato i prezzi, probabilmente dovranno scegliere se ridurli o perdere quote di mercato. 

Venendo ai conti dello Stato, altro elemento preoccupante è il perdurare di un deficit pubblico fuori controllo, pari all’8% del Pil, il che equivale a 151,9 miliardi di euro.  Se un deficit altrettanto elevato era giustificato nel 2020 (160,4 mld) e nel 2021 (161,2 mld)  a causa delle misure di sostegno all’economia negli anni del Covid, lo diventa molto meno nel 2022, ad emergenza rientrata.

L’Italia ha sempre avuto un deficit ampiamente entro il limite massimo del 3% fissato da Maastricht, e quindi è legittimo il sospetto che i Governi italiani di questi ultimi anni (Draghi compreso) si siano un po’ rilassati, forse pensando, fra un bonus e l’altro, che questo parametro fosse definitamente saltato, o comunque passato in second’ordine. 

Ma non è stato così per gli altri partner comunitari, tanto che il deficit della Germania nel 2022 è risultato pari al 2,6%, quello della Francia al 4,7%, e persino quello della Grecia al 2,3%. 

Passando poi all’altro parametro di Maastricht, il rapporto debito/Pil, noi siamo ancora al livello stratosferico del 144,4% (che tradotto in cifre equivale a 2.757 miliardi), ed in questo caso ci piazziamo subito dopo la Grecia, che mantiene il record con un rapporto del 171,3%. Al terzo posto, dopo il nostro Paese, si trova il Portogallo, con un rapporto del 113,9%, subito seguito da Spagna (113,2) e Francia (111,6). Con un rapporto del 66,3% la Germania può guardarci dall’alto in basso.

Francamente con questi dati non so come nei palazzi romani si possano dormire sonni tranquilli, e continuare a dirci che “va tutto bene”.

Perché è vero che l’Italia è abituata da decenni a navigare in acque travagliate, con l’occhio sempre rivolto al dato dello spread, ma ci sono alcuni elementi che non possono far escludere del tutto una crisi del debito del Paese.

Vediamoli:

1) Il ritorno al Patto di Stabilità, sospeso per la pandemia, per quanto potrà essere modificato imporrà, visti i nostri dati di bilancio, un drastico cambio di rotta, fatto o di più tasse o di minore spesa pubblica.  Ha voglia il Governo a spergiurare che ciò non accadrà, ma a pensarci potrebbero essere i mercati!

2) La fine dell’epoca dei tassi zero, o comunque molto bassi, comporterà per l’immediato futuro una crescita della spesa per interessi da pagare ai detentori dei Btp di almeno 25 miliardi l’anno in più.  E da qualche parte questi soldi dovranno pur saltare fuori!

3) Non va poi trascurato che la riduzione degli acquisti di titoli di Stato da parte della Bce possa produrre gradualmente (sebbene lentamente) una pressione sui titoli di Stato dei Paesi con il debito meno sostenibile, com’è appunto quello italiano (per ora lo spread resta a livelli accettabili, ma questo non è una garanzia che in futuro rimarrà tale, proprio alla luce di quanto sopra detto).

4) L’incomprensibile ostinazione a non ratificare il Mes, pur non avendo conseguenze immediate, potrebbe però infastidire i partners europei, e  riverberarsi in decisioni poco favorevoli all’Italia (i primis il Pnrr, ma anche altro).

In definitiva a Bruxelles ad un certo punto potrebbero voler far capire a Giorgia Meloni che le politiche Ue non sono un menù da cui scegliere quel che più piace, o fa più comodo. 

Se a tutto questo aggiungiamo infine che il contesto geo-politico mondiale imporrà un aumento delle spese per la difesa, e che  eventi drammatici come l’alluvione in Romagna sono sempre più frequenti (con il corollario di ulteriori ingenti spese), vi chiedo: è così fuori luogo qualche preoccupazione?

Sicuramente molti penseranno a timori esagerati, e che lo stellone italico alla fine ci proteggerà, ma io voglio continuare a sperare che i leader di questo Paese si rendano conto prima o poi che non si può continuare a camminare sempre sull’orlo di un baratro…… facendo finta di  niente.

Umberto Baldo

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