Aida a Gardaland: fra vip, vippini e la nuova scenografia
di Alessandro Cammarano
L’Arena di Verona celebra il suo centesimo Festival – non il centenario della manifestazione che è caduto nel 2013 – con un’Aida che sulla carta avrebbe dovuto essere uno spettacolo indimenticabile e che in effetti così è stato, ma non nel senso positivo del termine.
Tutto è stato preceduto da un battage pubblicitario martellante a base di “diretta mondovisione” e “si farà la storia dell’opera”, atto a creare aspettative spasmodiche.
A questo si aggiungano gli annunci di presenze vippissime tra gli ospiti prima tra tutte quella di Sophia Loren – che fu Aida al cinema “doppiata” da Renata Tebaldi – in veste di madrina dell’inaugurazione.
Che la serata non sarebbe stata delle migliori lo si doveva capire dal bugiardino – ufficialmente riservato agli invitati digiuni di opera e di dirette televisive ma finito in mano a chiunque – distribuito all’ingresso e in cui si raccomandava al pubblico di applaudire molto e di manifestare consenso a favore di telecamera il tutto a garantire il successo pieno dell’avvenimento.
Roba che anche in Corea del Nord si sarebbero vergognati.
La presentazione tivvù era affidata alla solita Milly Carlucci – affiancata da un impacciatissimo Luca Zingaretti e un sempre credibile Alberto Angela – capace di inanellare una serie di inenarrabili castronerie a partire dalla costante storpiatura del cognome del soprano protagonista che secondo Miss Ballando con le Stelle si chiamerebbe NetreNko e non NetreBko. Il resto lo si può recuperare su RaiPlay dopo aver assunto un antiemetico, per sicurezza.
E poi la platea di “intenditori” tra cui Jerry Calà, Iva Zanicchi, Orietta Berti, Lino Banfi, Alfonso Signorini.
Mancavano solo Wanna Marchi e il Mago Otelma perché l’incubo fosse completo.
Tutto, ovviamente, all’insegna della “cultura alta” e delle “eccellenze italiche”.
In tribuna sette ministri e il presidente del Senato, tutti col naso all’insù a guardare il passaggio delle Frecce Tricolori dopo aver ascoltato l’Inno di Mameli cantato dal coro – bravissimo – vestito coi colori della bandiera.
Si pensava che il trash potesse finire lì e invece no, il peggio doveva ancora venire.
Dopo una pisciatina di Giove Pluvio lo spettacolo, quello sul palcoscenico, è iniziato con qualche minuto di ritardo.
Stefano Poda, al suo debutto areniamo, fa come sempre lo “One man band” e firma regia, scene, costumi, luci e coreografia – ci è ignoto se abbia organizzato anche il noleggio dei cuscini e il catering – di un’Aida tutto fumo, nel senso letterale del termine, e niente arrosto.
Sia chiaro: chi scrive apprezza molto il teatro di regia e non si scandalizza per i cosiddetti allestimenti “moderni”, purché si facci teatro e non fuffa.
Tutto sembra uscito direttamente da Gardaland: un dance-floor animato da fasci laser e brandelli di un’astronave, il tutto vegliato da una manona meccanica che dovrebbe simboleggiare l’oppressione del potere; vabbè …
In realtà non succede nulla se non un grande ingombro di palcoscenico unito ad un dispendio di glitter e paillettes che esplodono nella scena del Trionfo: che il trash sia con voi.
Più avanspettacolo che spettacolo.
Marco Armiliato, bacchetta di lungo corso e di esperienza solida, tiene tutti insieme prima con qualche difficoltà poi con credente sicurezza.
Star della produzione Anna Netrebko, con la faccia pittata rainbow per non scontentare nessuno, che si rende protagonista assoluto soprattutto quando canta piano.
Al suo fianco il compagno Yusif Eyvazov, voce sgraziata ma tecnica impeccabile, è Radames convincente.
Olesya Petrova, vocione brado e pronuncia incomprensibile, è Amneris molto al di sotto dell’ accettabile mentre Roman Burdenko è Amonasro appena sopra la sufficienza.
Splendido il Ramfis di quel maestro di canto che è Michele Pertusi.
Bene gli altri.
Alla fine applausoni per tutti alla fine di un’Aida che, visti i costi, vedremo ancora per molti anni.