Putin ha perso l’aura
Mai come ora le famose parole di Mao Tse Tung “Grande è la confusione sotto il cielo…” furono più adatte a descrivere il momento che sta vivendo la Russia.
Già perché dopo la “marcia su Mosca” da parte delle Brigate Wagner, guidate dall’ex cuoco di Putin Yevgeny Prigozhin, chiusa dall’improvviso “fermate tutto, si torna indietro”, francamente avere un’idea precisa di cosa stia succedendo risulta piuttosto problematico.
Cosa sia accaduto immagino lo abbiate vissuto quasi ora per ora nella giornata di sabato, per cui tralascio di ripercorrere le varie fasi della vicenda per cercare, per quanto possibile, di dare un senso a qualcosa che di senso sembra averne poco.
Partirei dalla percezione che si ricava da quanto riportato ieri sui media dalle “capitali del mondo”, intendendo con questo le tre grandi potenze planetarie, Stati Uniti, Cina e Russia.
Partendo dal WashingtonPost, sotto il titolo “Il Capo di Wagner si tira indietro dopo una sfida sbalorditiva a Putin”, c’era questo breve: “Il leader del gruppo mercenario Wagner, Yevgeniy Prigozhin, dovrebbe recarsi in Bielorussia in base a un accordo mediato dal presidente bielorusso, ponendo fine a una sfida scioccante, anche se di breve durata, all’autorità del presidente russo Vladimir Putin. Prigozhin non sarà perseguito, ha detto un portavoce del Cremlino, aggiungendo che le forze di Wagner che non si sono unite a quella che Putin ha definito una “ribellione” sarebbero state assorbite dal ministero della Difesa russo”.
Seguivano poi altri tre pezzi, fra i quali il più interessante a mio avviso riferiva che l’intelligence statunitense sapeva da metà giugno che Prigozhin stata tramando un’azione armata in Russia.
Passando al CinaDaily (ChinaDaily.com.cn) la notizia era relegata ad un breve di spalla, in cui sotto il titolo “Incidente Wagner risolto, ma è una calma inquieta” si dava notizia dell’accordo raggiunto con la mediazione del Presidente bielorusso Lukashenko, senza fornire alcun approfondimento, e soprattutto senza esprimere alcun giudizio di merito sulla vicenda.
Arrivando alla Pravda (pravda.ru), nessun tono trionfalistico, ma soprattutto nessun accenno vero alla vicenda del tentato “colpo di stato”, né tanto meno una qualsiasi spiegazione.
Perché questi silenzi, perché queste reticenze, anche da parte degli occidentali, che teoricamente avrebbero tutto l’interesse ad affondare la lama sulle debolezze di Putin?
A mio avviso per il più semplice dei motivi; quello che non si sa bene in realtà cosa sia accaduto, per cui, per avere un quadro preciso della questione, restano ancora senza risposta alcune domande fondamentali.
La prima: veramente Prigozhin pensava di poter sfidare lo zar? Non ci sono cifre precise sul Gruppo Wagner e sul suo dispiegamento in Ucraina dal febbraio 2022. Le stime di fonte occidentale parlavano di circa 50.000 soldati. Veramente una persona sana di mente poteva ritenere possibile affrontare l’esercito russo, uno dei più numerosi al mondo, con circa 1,3 milioni di effettivi, e più di due milioni di riservisti? Oppure, come spesso succede in tutti i casi di golpe, aveva avuto qualche affidamento da parte di settori delle forze armate russe?
La seconda: perché, vista questa superiorità numerica, Putin non ha scatenato le sue forze per schiacciare sul nascere la ribellione, addirittura consentendo una sorta di trionfale “marcia su Mosca” delle forze di Wagner? Non era del tutto sicuro che le sue forze armate lo avrebbero seguito?
La terza: quali sono i termini dell’accordo promosso da Lukashenko, che senza dubbio, vista la sua dipendenza da Putin, non ha sicuramente agito di propria iniziativa, ma su preciso mandato dell’autocrate del Cremlino?
Verrebbe da pensare che l’intesa sia stata valutata accettabile (o forse inevitabile) da Prigozhin, visto che sembra che il capo della Wagner si sia già trasferito in Bielorussia, anche se nessuna fonte è in grado di confermarlo, ed in realtà sembra scomparso nel nulla.
Non so a quale Santo intenda votarsi Prigozhin, ma fossi in lui non farei troppo affidamento sul fatto di riuscire a mangiare il dolce di Natale (qualunque esso sia nella tradizione ortodossa). Se i sicari di Putin sono stati in grado di avvelenare indisturbati gli oppositori riparati a Londra, figuriamoci che difficoltà potrebbero trovare nel territorio del vassallo di Minsk. Per questo io credo che Prigozhin alla fine si sposterà in Africa e resterà ben nascosto da qualche parte nella giungla, cercando così di sfuggire alla vendetta di un Putin che non può perdonarlo.
A meno che non abbiano ragione coloro che sostengono si sia trattato di una farsa concordata, messa in piedi da Putin per dimostrare che un eventuale suo sostituto potrebbe essere peggio di lui, e da Prigozhin per lasciare l’Ucraina con “dignità”.
In un Paese da decenni in balia di un dittatore e di una cerchia di oligarchi tutto è possibile, per cui, allo stato dell’arte, cercare di trarre conclusioni credo sia impossibile oltre che inconcludente.
E molto più prudente continuare a mantenere alta l’attenzione su cosa succede in Russia, cercando di cogliere anche le sfumature.
Che potrebbero essere anche sostanziali, dato che da più parti non si esclude che, nell’accordo ottenuto da Prigozhin in cambio dello stop «per evitare un bagno di sangue» e al suo esilio in Bielorussia, ci sia stato da parte di Putin il via libera a un rinnovamento dei vertici militari russi.
Ipotesi finora stemperata dal Cremlino, ma che solo i prossimi sviluppi potranno realmente smentire o confermare.
Ma viene comunque spontaneo pensare: se così fosse era proprio necessario trasformare Prigozhin in una sorta di novello Napoleone per fare fuori due o tre generali?
Ma se diamo per buona l’accennata ipotesi di un “teatrino” ad uso del mondo, sono credibili anche le cose più folli!
Non pensiate che non mi renda conto che in queste mie considerazioni i se ed i ma si sprechino, ed il modo verbale più utilizzato sia il condizionale; ma credo siate ben consci anche voi che fare previsioni in queste condizioni di assoluta incertezza delle informazioni assomigli un po’ alla consultazione dei tarocchi.
Ragionando in termini politici, escludendo quindi l’ipotesi della farsa programmata cui faccio fatica a credere, parrebbe di poter comunque concludere che se c’è stato un obiettivo indubbiamente raggiunto da Prigozhin, è certamente quello di aver dimostrato che il potere di Putin non è più monolitico, come ha cercato di rappresentarlo la propaganda russa nel corso degli ultimi vent’ anni.
Le cronache di sabato hanno riferito che mentre le schiere della Wagner si avvicinavano a Mosca, c’è stato un insolito aumento dei voli di jet privati da Mosca verso l’estero, in particolare Turchia e Azerbaigian.
Che fosse una sorta di “si salvi chi può” da parte degli oligarchi russi è tutto da dimostrare, ma i voli sono stati confermati dalle piattaforme specializzate.
Ma in contemporanea si erano diffuse anche voci, poi smentite, di una fuga di Putin dalla Capitale. Secondo i social e Fontanka, il giornale più popolare a San Pietroburgo, che citava dati di FlightRadar24, l’Ilyushin Il-96 presidenziale sarebbe decollato da Mosca e atterrato a San Pietroburgo.
Tutto ciò contribuisce a dare l’idea di come sia stata vissuta in Russia la giornata del “golpe poi rientrato”.
Basandomi su quanto si è appreso dai media, l’impressione che io ho ricavato dalla vicenda è quella che si comincino ad intravvedere delle crepe nel sistema di potere di Putin, che in qualche modo fanno prevedere la fine del regime.
Perché Prigozhin ha mostrato ai russi e al mondo che lo Zar si può sfidare armi in pugno, che la stabilità tanto sbandierata da Putin come il valore aggiunto del suo regime è in realtà una favola; ed è regola antica che in un regime totalitario il Capo non può restare al potere a lungo dopo aver perso la sua aura, il suo status di leader supremo.
Anche ammesso che fosse una fake news, il solo fatto che si sia parlato sui media del presunto volo del suo Ilyushin, ha dato vita all’immagine di un dittatore che scappa per salvarsi la vita.
Come succede sempre alla fine dei regimi, dall’Asia all’Africa e soprattutto al Sud America!
Ed una Russia potenza atomica ingovernabile, con il rischio concreto di una disgregazione come quella che seguì la fine dell’Urss, non va bene a nessuno; in particolar modo alla Cina.
Umberto Baldo