21 Agosto 2023 - 8.57

Sauditi in Champions League? Così nasce l’Eurabia: gli arabi provano a prendersi l’Europa

Per quanto uno possa anche snobbarlo, il calcio resta sempre lo sport più amato da noi europei, quello che sa smuovere grandi entusiasmi, ed in certi casi anche le peggiori pulsioni.
Che poi sia il più bel gioco del mondo francamente non lo so, anche perché a mio avviso un po’ tutti gli sport hanno la loro componente spettacolare.
Ho visto che alcuni di voi hanno commentato i due pezzi (“Ronaldo val bene un segno di croce! Gli Arabi si comprano l’Europa: diventeremo tutti mussulmani?” del 14 agosto, e “Della serie anche le formiche si incazzano: la Liga denuncia il Paris Saint Germain” del 15 agosto), segno che l’interesse per tutto quello che riguarda l’assetto delle squadre e i movimenti dei calciatori suscita notevole interesse.
Alla luce di ciò, oggi continuo a ragionare sul tema, ed in particolare su un’indiscrezione di cui si parla sempre di più nell’ambiente calcistico, cui accennerò verso la fine.
Riprendendo il discorso dell’esodo in atto di grandi talenti dalle squadre europee verso il campionato saudita (da Ronaldo a Naymar solo per citarne un paio), ed agli stenui tentativi, in particolare del Paris Saint Germain, di indurre i giocatori a restare nelle file del Club, credo che al riguardo si possa citare la famosa frase del Vangelo di Matteo “Chi di spada ferisce, di spada perisce”.
Perché dico questo?
Per il semplice motivo che in questi anni il Paris Saint-Germain ha usato lo stesso metodo, gli stessi mezzi, per accaparrarsi decine di giocatori.
Lamentarsi ora perché tutto questo lo si subisce, è per una volta più assurdo che incomprensibile.
Chi è stato a dare vita a questa situazione?
Non solo il PSG in verità; anche alcuni grandi club miliardari inglesi e spagnoli sono colpevoli di aver alzato in questi anni le offerte di contratto ai calciatori oltre il limite del ragionevole (ed oserei dire anche dell’etica).
Certo il talento calcistico è merce rara, nessuno lo vuole negare, ma chi prima ha preso, contribuendo a far lievitare alle stelle il costo dei cartellini e degli ingaggi, utilizzando i soldi facili di emiri ed oligarchi, non può ora lamentarsi perché adesso qualcuno utilizza gli stessi metodi per sottrargli i campioni.
E la realtà ci mostra che ora ci sono Club che garantiscono ai calciatori cifre decisamente migliori di quelle che offrono il PSG ed altri club europei; è il calcio mercato che ormai gira così.
E così in questi giorni Neymar è partito per l’Arabia Saudita dove divertirà (almeno loro lo sperano) per due anni il pubblico della Saudi Professional League alla cifra di 80 milioni più benefit (che comprendono oltre ad un bonus di 80mila euro per ogni vittoria, e ben 500mila euro per ogni post di Instagram che promuova il campionato saudita, anche un aereo privato da utilizzare senza limiti, una villa di oltre mille metri quadri con parco privato, personale di servizio a disposizione 24 ore su 24, tre chef personali in servizio permanente, autisti privati, auto lussuose, e secondo alcuni persino un piccolo zoo con animali esotici).
Buon per lui, ma non va dimenticato che la squadra che lo ha acquisito, l’AL Hilal, ha sborsato al Paris Saint-Germain 90 milioni di euro per avere un attaccante di 31 anni, che negli ultimi due campionati ha giocato circa la metà delle partite che poteva giocare. E non certo perché l’allenatore lo avesse preso di mira!
Quindi, non è che sia andata proprio male neanche ai proprietari qatarioti del PSG!
Perché lamentarsi quindi se sono stati gli stessi Club europei a mettere al centro della scena i calciatori, a fargli acquisire poteri di negoziazione prima inesistenti, a concedergli il proscenio del calcio?
Inutile adesso parlare di “mercenari” pronti a vendersi a chi offre di più.
Questi sono professionisti, sono sul mercato, sanno che la carriera è breve, e dato che le squadre hanno loro concesso il diritto di scegliere, adesso vanno a giocare per chi è disposto a coprirli di milioni.
L’unica cosa che chiederei loro di risparmiarci sono i baci della maglia, la corsa con il dito alzato sotto la curva per dire “io resto qui”, i pianti dopo una finale persa, il battersi il petto dove sta il logo della squadra; sono tutte pantomime che possono infiammare le tifoserie “credulone”, ma che sono destinate a cadere davanti ad un Club che si presenti con i soldi in bocca.
Come ho accennato nei due articoli precedenti, l’Arabia Saudita ha semplicemente deciso che la propria Premier League debba essere all’altezza di quelle delle Federazioni europee, e così, acquisto dopo acquisto, la Saudi Professional League si sta trasformando in un bel giocattolino dove militano i migliori giocatori al mondo.
E se ne sono subito accorte le reti televisive specializzate, tanto che, anche se non è stato ancora ufficializzato nulla, tra la Lega saudita professionista e i vari operatori – Dazn, Sky, Mediaset, Amazon Prime e la stessa Sportitalia- sarebbero in corso trattative per i diritti delle partite di calcio, in particolare di quelle giocate dall’Al-Ittihad, dall’Al-Nassr, dall’Al-Hilal e dall’ Al-Ahli, ovvero i club del Public Investment Fund, il fondo sovrano saudita con un patrimonio totale stimato di oltre 620 miliardi, proprietario anche del Newcastle.
E così sono pronto a scommettere che dalla prossima stagione potremo seguire le partite della Saudi Pro League in diretta sugli schermi di qualche emittente nostrana.
Credo che ormai non sfugga a nessuno che, a questo punto, non stiamo più parlando di sport, bensì di politica, e immagino quindi non ci si debba stupire più di tanto che da più parti si parli di una idea suggestiva del Public Investiment Found, e della famiglia Reale saudita che lo controlla; quella di ottenere un sorta di “wild card” per iscrivere la squadra vincitrice della Saudi Pro League alla Champions League Europea.
In fondo esiste già il precedente di una Federazione calcistica di un Paese asiatico che fa parte dell’Uefa dal 1994; quella di Israele.
E immagino che questo sia un argomento a favore della Federcalcio saudita che sta cercando di convincere i vertici dell’ Uefa a dare un posto in Champions League alla squadra vincitrice del proprio campionato.
E a chi magari sta inorridendo, magari parlando di etica, ricordo che Riad ha in mano ottime argomentazioni finanziarie per riuscire a convincere chi decide le sorti delle coppe europee.
E non facciamo le vergini violate, perché in questi ultimi anni abbiamo toccato con mano quale sia il potere dei soldi per determinare la location di avvenimenti che riguardano la Formula 1, il golf, i tornei di tennis ecc.
E siate certi che a Nyon, sede della Uefa, stanno sicuramente facendo i loro bei calcoli su quanto l’eventuale ingresso in Champions League della squadra vincitrice del campionato saudita possa aumentare l’interesse mediatico, e come diretta conseguenza anche quello economico.
Si chiama “profumo dei soldi”!
Anche se, in una visione geo-politica, francamente trovo l’idea piuttosto interessante, perché potrebbe aiutare ad avvicinare mondi ancora piuttosto distanti.
E se ci dovesse quindi capitare in futuro di vedere i calciatori di una squadra saudita alzare al cielo la coppa della Champion League Uefa ce ne faremo una ragione.
Mi viene un unico dubbio che mi fa sorridere: cosa succederebbe se per questioni di sorteggio una quadra saudita dovesse scontrarsi con una formazione israeliana, magari a Gerusalemme, Haifa o Tel Aviv?
Andrebbero i sauditi a giocare in casa dei “sionisti” israeliani, e parimenti accetterebbero una squadra di Israele nella sacra terra del Profeta?
In queste ipotesi, sarebbero le ragioni sportive a prevalere, o quelle politiche?
Basta avere pazienza, il tempo ce lo dirà!
Umberto Baldo

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