Trieste e Hausbrandt: la cultura mittel sotto il segno del caffé (in mostra al Salone degli Incanti)
In mostra al Salone degli Incanti, il rapporto tra il famoso marchio del caffè che ha superato i 130 anni, Trieste sua città natale e luogo dell’anima e la cultura mitteleuropea.
Cuore del percorso espositivo, la storia dell’immagine grafica e della comunicazione del brand Hausbrandt, che da fine Ottocento, tra arti e design, accompagna il mutare dei tempi,
con pittori e cartellonisti famosi – da Metlicovitz a Biban – e approcci innovativi.
Un mese e mezzo di eventi collaterali tra talk, incontri e concerti
Una storia lunga oltre 130 anni, intrecciata al percorso di crescita dell’Italia, ai mutamenti di gusti, stili e riti della società, e sempre profondamente legata alla città di origine: a quella cultura mitteleuropea, quel crocevia di popoli, religioni e saperi che Trieste, città del caffè per eccellenza, tutt’oggi rappresenta.
“Hausbrandt e Trieste. Cultura e commerci mitteleuropei 1892 – 2023” è l’evento/kermesse promosso dalla Fondazione Hausbrandt, con la coorganizzazione del Comune di Trieste, il Patrocinio della Regione Friuli Venezia Giulia e della città di Treviso, che dal 9 settembre al 22 ottobre 2023 animerà il Salone degli Incanti, nella città Giuliana, con l’intento di ricostruire il lungo, straordinario percorso del famoso marchio del caffè presente in 90 Paesi del mondo.
L’evento, fortemente voluto dal Comune di Trieste e accolto da Martino Zanetti, Presidente della Fondazione Hausbrandt, vuole valorizzare e celebrare la stretta relazione tra la città e l’azienda. L’importanza dell’evento è sottolineata anche dalla presenza al vernissage assicurata dai Presidenti delle Associazioni Industriali mitteleuropee. A rappresentare l’Austria sarà Markus D’Asburgo, amico fraterno della famiglia di Martino Zanetti. La loro partecipazione assume grande rilevanza in quanto Hausbrandt Trieste 1892, decana dell’industria europea, ha voluto dedicare questa mostra e lo sforzo per organizzarla alla città di Trieste ma anche alla crescente condivisione degli industriali mitteleuropei della volontà di pace, unico contesto nel quale può prosperare la civiltà.
La curatela dell’evento “Hausbrandt e Trieste. Cultura e commerci mitteleuropei 1892 – 2023”, che sarà animato da talks e concerti, è stata affidata all’arch. Luciano Setten.
Leopoldo Metlicovitz – Grafica Logo – anni ‘20
Un brand divenuto, da quel lontano 1892, un’icona famigliare riconosciuta nell’immaginario collettivo, grazie anche alle scelte grafiche, alla corporate image creata da grandi artisti del Novecento e ad alcune soluzioni comunicative, a tratti rivoluzionarie, con cui Hausbrandt ha saputo innovare, nel cruciale scorrere del cosiddetto secolo breve e tutt’oggi, il marketing e la pubblicità.
Grandi personalità, come quella del pittore e cartellonista Leopoldo Metlicovitz, dei pubblicitari Luciano Biban e Robilant e dello studio Demner Merlicek & Bergmann, saranno tra i protagonisti di questo racconto che, nel mentre, darà conto anche della Trieste del tempo e renderà evidente il passare delle mode.
Nella città che ha fatto la storia del caffè e dei caffè, quali luoghi carismatici e palpitanti di connessioni culturali, ecco dunque un intenso percorso – attraverso immagini storiche, oggetti di design e industriali, bozzetti, grafiche, loghi, materiali d’archivio – per scoprire i nodi del successo d’immagine di questo marchio ultracentenario, rappresentativo di una delle eccellenze italiane: immagine preservata e valorizzata anche nel recente corso dell’azienda da Martino Zanetti.
Nella sua duplice veste di Presidente del Gruppo Hausbrandt e di artista, e cultore della Arti, della Musica e delle Lettere, Zanetti ha contribuito in questi ultimi anni a innovare la comunicazione, partendo proprio da una sua opera, “Figura 1”, per inondare di geometrie e colore gli strumenti iconici e il merchandising dell’azienda; in occasione dei 130 anni della stessa, ha inoltre dato una nuova veste alla famosissima Moka Hausbrandt, la cùccuma umanizzata che beve una chicchera del suo stesso caffè, creata negli anni Sessanta dal celebre artista friulano Luciano Biban: un intervento che richiama il saldo legame con l’iconografia della pubblicità del primo Novecento e con l’anima mitteleuropea di Hausbrandt.
Accanto a La Storia del brand, che si apre ricordando il primo slogan scelto, alla fine del XIX secolo, per evidenziare in modo semplice e diretto la qualità di questo caffè – “Specialità Caffè Hausbrandt”, un motto tanto innovativo e immediato da divenire presto sinonimo della Ditta stessa – il percorso nei bellissimi spazi di quella che fu la Pescheria Centrale di Trieste (edificata nel 1913) si completa con una sezione dedicata a La Tecnica, tra sacchi di caffè, macinini e macchine del caffè per i bar a partire dagli anni ‘50, e un omaggio a Il Territorio, ovvero alla Trieste di ieri e di oggi.
Hausbrandt del resto è stata sempre attenta all’innovazione tecnologica nella conservazione e nella lavorazione del caffè: è stata la prima azienda a offrire prodotti lavorati e confezionati in contenitori metallici, sigillati all’interno dello stabilimento, e già nel 1900 aveva presentato il sistema brevettato Grevenbroich:un sistema innovativo a motore elettrico e con meccanismi di raffreddamento che garantiva tostatura e aroma del caffè perfetti. Così, anche l’evoluzione delle macchine da caffè, da quelle di tipo lever azionate manualmente degli anni Cinquanta fino a quelle sofisticate d’oggi, testimonia l’attenzione crescente del settore del caffè verso la qualità.
Quindi Trieste. Il legame con la città di Svevo e Saba è fondamentale nella storia dell’azienda. Quando inizia l’avventura di Hausbrandt, la città è un importante hub commerciale per il caffè, fulcro delle relazioni tra i Paesi dell’Europa centrale.
La cultura del caffè già da tempo si era espansa a dismisura in Italia e in Europa.
A Venezia il primo caffè pubblico era stato aperto nel 1643, circa un secolo dopo l’arrivo nella città dogale, pare, del primo chicco di caffè usato da medici e speziali; seguirono la Francia, ove la bevanda fu introdotta anche alla corte di Luigi XIV, e soprattutto l’Austria che – con il primo caffè inaugurato a Vienna nel 1683, a seguito dell’invasione delle truppe ottomane – avrà un ruolo fondamentale per la nascita di Hausbrandt a Trieste. È sotto l’Impero asburgico infatti che la città, nominata porto franco da Carlo VI d’Austria, diviene uno snodo cruciale del commercio dell’Impero e l’importazione del caffè diventa una delle maggiori occupazioni del porto triestino, oggi scalo principale del Mediterraneo nel settore.
Nel 1748, a Trieste apre la prima caffetteria: ne seguiranno molte altre tra XIX e inizi del XX secolo, tuttora testimoni negli arredi, nelle architetture e nell’atmosfera, delle mode e degli stili dei diversi periodi storici. Ma sarà soprattutto il loro destino di luogo d’incontro tra artisti, filosofi, politici e intellettuali, a rendere i caffè cuore fervido e vitale dei dibattiti e dei cambiamenti cruciali della società, dove, nel frattempo, sorseggiare quella che l’illuminato Pietro Verri nel 1764 definì – nelle pagine della rivista filosofico letteraria “Il Caffè”, fondata insieme al fratello Alessandro e a Cesare Beccaria -una bevanda “che rischiara lo spirito e riconforta l’anima”.
Un anno prima della nascita di Hausbrandt a Trieste si forma l’Associazione Industriali e agli inizi del XX secolo viene aperta la Borsa del caffè.
Oggi il legame tra Hausbrandt e Trieste è dimostrato anche dall’impegno della Fondazione Hausbrandt che – nata per volontà di Martino Zanetti in Austria – oltre ad affrontare studi e ricerche connessi all’età rinascimentale, intende contribuire al dibattito sulla valorizzazione del patrimonio storico architettonico della città, come ricorda il metaprogetto per il recupero dello storico Palazzo Carciotti, illustrato in mostra.
Proprio in occasione del termine dell’esposizione, il 22 ottobre, è in programma un evento di gala legato alla raccolta fondi per i progetti che la Fondazione Hausbrandt dedicherà a Palazzo Carciotti.
Tra arte, design e comunicazione, attraverso il Novecento
La Hausbrandt fin dalla sua nascita capisce l’importanza di definire la propria immagine e la necessità della comunicazione o, meglio, di un’attenta “propaganda” come si diceva all’epoca.
L’immagine pubblicitaria del prodotto agli inizi dell’imprenditoria moderna non è questione immediatamente affrontata se non da pochissimi precorritori e, tra la fine dell’Ottocento e fino agli anni 30 del Novecento, la distinzione tra artista, illustratore e pubblicitario è praticamente assente, liberi com’erano i creativi da necessità e regole di marketing.
Già negli anni della Bell’Epoque Hausbrandt aveva utilizzato réclame innovative e soluzioni grafiche precorritrici, come il disegno del turco che sorseggia caffè e alza tre dita a sottolineare tre parole, “Specialità Caffè Hausbrandt”, esempio di modernissima sintesi formale, simmetria e nel contempo grande iconicità nel turbante arancione; o come la famosa campagna del 1910 – di carattere diametralmente opposto ma non meno efficace – con i cosiddetti “Vecchietti”, debitori del realismo romantico ispirato dallo statunitense Norman Rockewll e ancor oggi uno dei segni grafici più riconoscibili dell’azienda.
Allo stesso modo lo slogan utilizzato viene inserito nelle confezioni e sui primi mezzi aziendali, attuando una declinazione coordinata della campagna promozionale ancora sconosciuta per l’epoca.
Sarà però negli anni immediatamente seguenti che la prima industria italiana di torrefazione inizia a collaborare con alcuni dei più importanti artisti impegnati anche nella grafica pubblicitaria, tra cui il triestino Metlicovitz considerato tra i padri del moderno cartellonismo italiano.
Leopoldo Metlicovitz, in particolare, pittore e illustratore nato a Trieste nel 1868, era divenuto famoso collaborando con la Casa editrice musicale e le Officine Grafiche Ricordi – suoi i cartelloni di Tosca, Madama Butterfly e di Turandot di Puccini – ma anche come scenografo e costumista per il Teatro alla Scala, illustratore di libretti, spartiti, calendari e riviste.
Prima di dedicarsi quasi esclusivamente alla pittura, come illustratore sui lavori erano apparsi anche su La Lettura (1906-1907,1909) mensile del Corriere della Sera, e nel 1906, in occasione della grande Esposizione Universale di Milano, Metlicovitz aveva vinto il concorso per il manifesto simbolo della fiera, dedicata al Traforo del Sempione. Quindi trai vari incarichi spiccano i suoi impegni nella cinematografia, in particolare per l’Italia Film.
In mostra ci saranno dunque alcune delle prime pubblicità Hausbrandt ideate dal geniale triestino ma anche e soprattutto i bozzetti originali per la realizzazione di un fondale e di un’insegna di Casa Hausbrandt a Trieste, con anche la ricostruzione scenografica di questa lunga quinta, sulla base delle indicazioni lasciate dello stesso artista a corredo dei bozzetti.
Affiancando infatti le riproduzioni litografiche di ciascun disegno, raffigurante un diverso personaggio stilizzato in cui è distinguibile una lettera dell’alfabeto, si forma il nome Hausbrandt in una parete ad archi lunga 6 metri: “Avvicinando i dieci disegni, che si tocchino l’un l’altro – scriveva Metlicovitz – già si gode dell’immagine di questa barchessa ad archi, che sarà nei tempi la “Casa Hausbrandt”.
E se tante sono le curiosità che mostrano l’esplorazione di nuove possibilità comunicative e veri e proprie sperimenti espressivi – come i sei quadri proposti per una campagna pubblicitaria del Maccò, alcuni in stile Depero e con una simpatica storiella in rima, che dovevano essere riprodotti e stampati fronte/retro dalla De Agostini – un altro fondamentale momento della storia del marchio, ricordato in mostra, è quello legato alla creazione e alle molteplici trasformazioni della Moka Hausbrandt: il logo ancora oggi simbolo forte dell’azienda.
È Luciano Biban, veneziano di nascita e friulano d’adozione, nato nel 1935 e scomparso a soli 33 anni, a dare vita nel 1967, partecipando ad un bando di concorso, alla “coccuma umanizzata” che resterà nella storia della comunicazione italiana e diverrà identificativa del piacere del caffè di qualità Hausbrandt.
A completare il logo, Biban – dedito alla grafica pubblicitaria, ma anche alla pittura che gli aveva già fruttato diversi premi e riconoscimenti – inserì anche un payoff, posto lì dove si sprigiona l’aroma del caffè, prima caratteristica sensoriale di chi si accinge a berlo: “Il piacere di un buon caffè”, propose Biban, poi modificato in “Che piacere…un buon caffè”.
Nel 1980 sarà Robilant Associati a far evolvere l’iconico logo, ancorando la Moka a un rettangolo che la definisce meglio, rendendo più grafico e meno pittorico il segno, inserendo i colori – il rosso e il giallo – che hanno contraddistinto il marchio Hausbrandt nel mondo; quindi, quindi vent’anni dopo, nel 2019 è stata l’Agenzia Demner, Merlicek & Bergmann di Vienna, fondata nel 1969, a impegnarsi nel restyling del logo e del sistema comunicativo dei prodotti.
La Moka diventa nera e stilizzata, il look diventa più mitteleuropeo e il mood del marchio cambia senza stravolgere. Gli elementi di base rimangono il lettering di taglio obliquo e la moka, con l’essenzialità di uno stile puro e minimale.
Infine Martino Zanetti, che ha festeggiato i 130 anni dell’Hausbrandt intervenendo personalmente sul logo colorato e ammiccante delle origini, nella rivisitazione di Roibilant. La coccuma animata, che beve un caffè fumante, esce lei stessa allegra da una tazzina stilizzata esclamando con gioia “Che caffè!” a esprimere i concetti di convivialità, di condivisione e di gioia che sono i valori della Hausbrandt.