1 Settembre 2023 - 9.09

Giù le mani dalla rivalutazione delle pensioni!  L’ottima iniziativa della Uilp

di Umberto Baldo

A volte mi chiedo perché i pensionati non al minimo continuino ad andare a votare, visto che, è ormai palese, sono considerati da Lor Signori dei cittadini di serie B, dei figli di un dio minore, una massa di rincoglioniti ai quali poter tagliare impunemente anche la rivalutazione della pensione al tasso dell’inflazione.

Le pensioni sono da ben 11 anni il Bancomat della politica, cui poter attingere risorse quando queste mancano per realizzare le promesse elettorali, e chi sperava che la destra in questo fosse diversa dalla sinistra si è dovuto ricredere già l’anno scorso, quando Giorgia Meloni ed il suo Governo decisero che l’adeguamento all’inflazione (12,8% nel 2022) sarebbe stato pieno solo per gli assegni al minimo, mentre per tutti gli altri il coefficiente di rivalutazione sarebbe calato al crescere dell’importo della pensione. 

Per di più con un sistema di calcolo chiaramente punitivo per i pensionati, cioè non progressivo, per scaglioni, come avviene con l’Irpef (ad ogni porzione del reddito si applica un’aliquota diversa), ma a fascia, cioè con un’aliquota unica applicata a tutto l’importo. 

Ma non erano i “patrioti” di Fratelli d’Italia, unitamente ai leghisti ed ai seguaci di Berlusconi, ad accusare le sinistre di mettere le mani tasca agli italiani?

Evidentemente, visti da Palazzo Chigi, i pensionati con pensioni superiori al minimo non sono italiani.

Ricordo che quando si parla di importi si intende sempre al lordo delle tasse, mentre parlando di pensioni sarebbe bene che si riportassero sempre gli importi al netto, perché con l’indegna pressione fiscale italiana gli importi lordi sono sempre fuorvianti, e di conseguenza quei “poveracci da 15.000 e più euro al mese” che sono i nostri Deputati, possono riuscire nell’intento di far passare per “nababbi” persone anziane che in una grande città riescono a mala pena a vivere con dignità. 

Inoltre non va mai dimenticato che, contrariamente a quanto accade per i lavoratori in servizio attivo, i cui stipendi vengono rivalutati sulla base della dinamica contrattuale, e quindi crescono circa ogni 4 anni, l’assegno pensionistico è immutabile, nel senso che può aumentare solo in conseguenza di una crescita dell’inflazione; ne consegue che la rivalutazione prevista dalle leggi dello Stato è quindi l’unica possibilità che ha un pensionato per non impoverirsi progressivamente in conseguenza dell’aumento del costo della vita.

E’ evidente che se il recupero dell’inflazione non avviene al 100% il processo di mantenimento del potere di acquisto si inceppa, come dimostrato da uno studio del Centro Studi della Uil politiche sociali, secondo cui, dal 2011 al 2021, gli adeguamenti ridotti sono già costati un’intera mensilità ai pensionati con assegno quattro volte superiore al minimo (i veri nababbi di questo Paese secondo i nostri Demostene).

Non ho timore nel definire la ridotta rivalutazione delle pensioni all’inflazione  la rottura di un patto da parte dello Stato, perché quei “nababbi” non solo hanno pagato le tasse per una vita, ma anche i relativi contributi, per trovarsi poi vittime di quella che è e resta una “porcata”.

E’ infatti evidente che, messo alle strette dalla carenza di risorse, il Governo preferirà rivalutare al 100% solo le pensioni minime, quelle cioè di chi i contribuiti non li ha mai versati, a scapito dei trattamenti più alti.

Ma, ciliegina sulla torta, con la Finanziaria dell’anno scorso il Governo dei “patrioti” aveva stabilito che la perequazione ridotta delle pensioni si sarebbe applicata anche negli anni successivi, e ciò ha comportato che lo scorso anno, complice una rivalutazione senza precedenti (8,1%), il Governo ha recuperato 10 miliardi di euro netti  per il triennio 2023-2025, e ben  37 miliardi se si guarda al decennio 2023-2032.

I pensionati sono vecchi, si incazzano ma non vanno in strada a protestare, alcuni fanno anche fatica a capire che il Governo li sta “tosando” (anche se mi verrebbe da usare un parola che inizia con in…),  per cui questo “salasso” era di fatto stato accettato, sia pure con qualche mugugno.

Se non che ieri giornali e media hanno scritto fior di articoli in cui si paventa un ulteriore intervento, ovviamente al ribasso, sulla rivalutazione delle pensioni più alte (sempre quelle dei nababbi per capirci). 

Mi auguro sia un’ipotesi, ma cosa volete, di soldi ce ne sono pochi, e Lor Signori per non perdere consenso devono confermare il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti (che da solo costa 11 miliardi) oltre a qualche altro intervento di maquillage elettorale (tagliare spese inutili mai?). 

Voi cosa fate quando avete bisogno di soldi?

Ma andate al bancomat, ovviamente!

E così, secondo i giornali, il Governo dei “patrioti” potrebbe ricorrere ancora una vota al bancomat; e questo bancomat ha, come sempre, le fattezze dei pensionati. 

L’anno scorso mi ero quasi scandalizzato che i Sindacati dei pensionati, i più grandi quanto a numero di iscritti, di fronte alla “porcata” del Governo si fossero limitati alle solite proteste e minacce di mobilitazione.

Devo dire che mi sbagliavo, perché la UILP, il Sindacato dei pensionati della Uil, è passato dalle parole ai fatti, e per conto di 5 pensionate e pensionati iscritti, ha avviato altrettante cause pilota, facendosi carico delle spese legali e giudiziarie. 

Ovviamente, come si fa in questi casi, nell’individuazione dei ricorrenti si è tenuto conto delle diverse aree geografiche del Paese, e dell’appartenenza sia al settore pubblico sia al settore privato.

E’ evidente che lo scopo è quello di arrivare ad una pronuncia della Corte Costituzionale sulla illegittimità di una normativa che scarica le esigenze di finanza pubblica solo su un ristretto gruppo di cittadini. 

Secondo la Costituzione infatti la perequazione automatica delle pensioni deve garantire nel tempo l’adeguatezza dei trattamenti e salvaguardare il loro valore reale rispetto all’inflazione, tanto che eventuali riduzioni e modifiche, non escluse,  devono essere ragionevoli e limitate nel tempo.

Come accennato sono 11 anni di fila che ai pensionati con assegni superiori al minimo viene negata la rivalutazione piena degli assegni all’inflazione, causando loro un  danno permanente.

Questo vi sembra ragionevole e limitato nel tempo?

Purtroppo i tempi della Giustizia in questo nostro Paese sono terribilmente lunghi, ma io voglio sperare che il famoso “Giudice a Berlino” per i pensionati italiani possa essere proprio la Corte Costituzionale. 

E in ogni caso credo vada riconosciuto alla UILP di essere l’unico Sindacato a non essersi limitato a fare chiacchere.

Chiudo riprendendo il discorso con cui ho introdotto queste considerazioni.

I  pensionati che in questi anni sono stati trattati a pesci in faccia dalla politica non sono pochi.

Si tratta di circa 3,5 milioni di uomini e donne, tutti dotati di diritto di voto.

Credetemi un numero sufficiente, se votasse compattamente, a determinare la vittoria di uno schieramento o dell’altro.

Parlare non serve, urlare idem, protestare non è facile dal punto di vista organizzativo, i Partiti dei pensionati non hanno mai avuto successo.

Cosa resta per farsi valere?

Una sola cosa, il voto!

Basterebbe ad esempio che ognuno dei “bancomat dello Stato” scrivesse  due righe al Deputato o al Senatore della propria circoscrizione facendogli capire chiaramente che, se toccano ancora le pensioni, alle prossime europee il suo Partito il voto se lo può scordare!

Lo so che non siamo in Inghilterra!

Ma credetemi che l’unica cosa che i Partiti temono veramente è perdere voti.

E poi cosa costerebbe?  Al massimo il prezzo di un francobollo, o addirittura nulla se si riesce a spedire loro una mail.

Umberto Baldo 

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