Giorgia Meloni e la sindrome dell’assedio (che vede solo lei)
Ma a voi sembra normale che un Presidente del Consiglio in carica da nemmeno un anno, sorretto da una maggioranza numericamente forte (sul coesa ci sarebbe forse da discutere), cominci improvvisamente a parlare di complotti miranti a farla dimettere?
E’ pur vero che quella del complotto è un’ossessione da sempre presente fra i nostri Demostene, ed in parte è lo specchio del nostro Paese.
Dal finto Olocausto, all’emergenza climatica, dalla conquista della Luna ricostruita in un set, alla morte di Lady D. fino al Covid; sono tanti (troppi) gli italiani che si dicono convinti che dietro ogni fatto ci siano manovre occulte, oscuri manipolatori al servizio di fantomatici piani di controllo del mondo.
Ma un conto sono i creduloni o i gonzi, che vedono ombre e maneggi occulti dappertutto, un altro una Premier che sembra immaginare di essere ancora ai tempi di Papa Borgia e del Duca Valentino.
Evidentemente la destra italica non ha ancora metabolizzato la crisi di governo del 2011 che portò alla caduta di Silvio Berlusconi ed alla sua sostituzione con Mario Monti, caduta che viene ancora letta alla luce di un complottismo internazionale impegnato a far fuori il Cavaliere, senza considerare che lo spread arrivò allora a 500 punti.
Ma ve li immaginate Scholz, Macron, Sanchez ed altri leader europei riuniti in una sorta di conclave segreto per decidere come dare il benservito alla “Sciura Meloni” ed al governo dei “Patrioti”?
E parimenti Elly Schlein e Giuseppe Conte affaccendati a compilare una lista di Ministri tecnici?
Via ragazzi, siamo seri!
Eppure la Premier ha parlato apertamente di “poteri forti e sinistra” impegnati a maneggiare per sostituirla con un Governo tecnico.
Poteri forti è una di quelle espressioni molto usate in Italia, che vogliono dire tutto e nulla.
Genericamente si pensa alla Corte Costituzionale, al Csm, a Mediobanca, ai Servizi segreti, alla Massoneria, all’Opus Dei, a Bankitalia, ai grandi gruppi editoriali, alla grande industria privata, non dimenticando mai Goldman Sachs, la Trilateral, il gruppo Bilderberg e George Soros, che finanzierebbe l’immigrazione per operare la “sostituzione etnica” e favorire la manodopera a basso costo.
Se non fosse che questa gente che ci siamo scelti come governanti determina nel bene e nel male il futuro dei nostri figli e nipoti, non so se ci sia più da ridere o da piangere.
La verità è una sola, ed è quella che si cerca il nemico esterno (meglio se evanescente) come alibi e risposta alle difficoltà interne, e in questo caso all’impossibilità, per mancanza di risorse, di realizzare quanto promesso agli italiani in campagna elettorale.
Badate che non è un vezzo solo di Giorgia Meloni.
A turno quasi tutti i nostri Capi di Governo quando si sono trovati in difficoltà hanno cercato di far passare l’idea che non era colpa loro, bensì appunto di fantomatici nemici esterni, non importa se la Germania o la grande stampa, o le forze oscure della Finanza internazionale.
Ma perché questo improvviso nervosismo della Presidente Meloni?
Tutto è partito dal Financial Times, che nei giorni scorsi ha definito l’Italia “l’anello debole” dell’Unione europea dal punto di vista della politica economica.
Constatazione basata sul fatto che almeno metà della manovra di quest’anno, stando a quanto si è capito dalla Nadef, sarà finanziata in deficit.
Una scelta legittima, che però sicuramente farà storcere più di un naso a Bruxelles, e non solo.
E queste considerazioni del Financial Times in qualche modo sono state condivise anche dai mercati, visto che lo spread si è improvvisamente infiammato, superando la soglia psicologica dei 200 punti, per poi in verità ripiegare nei giorni successivi.
Francamente dare fuoco alle polveri in un’inutile polemica contro fantomatici speculatori, individuati nell’opposizione e in alcuni giornali che enfatizzerebbero i movimenti dei mercati per indebolire l’Esecutivo, mi sembra un po’ eccessivo, oserei dire quasi una reazione scomposta.
Perché è del tutto normale che gli operatori dei mercati guardino con attenzione le mosse dei Governi degli Stati in cui vogliono investire.
E da sempre non sono indulgenti quando vedono manovre economiche fatte a debito, perché, giustamente dal loro punto di vista, temono che aumentino i rischi di non vedere tornare indietro i loro soldi.
Si tratta dell’ a,b,c di un’economia aperta, e non è certo colpa dei mercati se il nostro debito è arrivato alla cifra monstre di 2.859 miliardi, e se, dato il clima da campagna elettorale permanente, la battaglia per ridurre il debito in Italia è destinata a risultare più improba e improbabile della conversione di Vladimir Putin ai valori della democrazia e della tolleranza.
Inutile prenderla a male: i mercati ci guardano e votano ogni giorno, e lo fanno attraverso lo spread.
E lo ha spiegato bene il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco, ormai alle sue ultime battute, dichiarando di essere convinto che il debito pubblico italiano sia sostenibile, ma che “occorre che ci sia una risposta sul pianoinfrastrutturale e sul piano di come vengono spesi i soldi tale che chi compra i nostri titoli per attività di investimento dei risparmi, diretti o di coloro che sono amministrati attraverso fondi, si convinca che noi abbiamo una capacità di crescita”.
Certo sarebbe bello se la premier smascherasse davanti agli italiani l’insostenibile pesantezza del debito pubblico, un macigno, anzi un vulcano che non fa sconti e che potrebbe esplodere con più fragore dell’inquieto Vesuvio.
E spiegasse anche perché il Governo di un Paese pesantemente indebitato è “meno libero” di portare avanti la propria politica, in quanto condizionato dalle esigenze di finanziamento del debito. E lei lo sta forse capendo solo adesso che è arrivata nella stanza dei bottoni!
In altre parole la perdita di sovranità non risiede nelle trame tessute negli oscuri seminterrati dei palazzi, o in fantomatiche Cancellerie, ma nel debito: se ne abbiamo accumulato per duemila e ottocento miliardi, ci tocca rendere conto ai creditori di come lo gestiamo, e se ai creditori non va bene sono guai.
Ma dati i vezzi della politica italiana forse sarebbe anche ingiusto chiederglielo, dopo decenni in cui il ceto politico ha fatto credere ai cittadini che “tutto può essere gratis”, nascondendo loro che il debito è più illusorio e ingannevole del doping.
E allora diventa comprensibile come la strada più facile sia sempre quella di evocare il complotto come arma di distrazione di massa, per concentrare le attenzioni dei cittadini verso fantomatici nemici esterni, o anche interni se serve.
Ma io credo che il complottismo serva poco per contrastare i problemi reali del Paese.
Non spieghi ad esempio perché il treno dell’inflazione rallenti in Europa (fonte Eurostat), ma molto meno in Italia.
Io penso che Giorgia Meloni debba evitare di farsi suggestionare da chiacchiere al vento, e soprattutto di chiudersi nel bunker della paranoia “da governo tecnico”.
Anche perché, detta banalmente, è evidente che dati i numeri di questo Parlamento, non può nascere nessun Governo tecnico senza l’appoggio di Fratelli d’Italia, e se proprio dovessero concretizzarsi le sue paure, le resta sempre la soluzione finale; le elezioni anticipate.
E visto che i Partiti difficilmente gradiscono un nuovo ricorso alle urne, questa mi sembra una decisiva “assicurazione di durata”.
Un’ultima osservazione: provi la Premier ad aprire una seria e pacata discussione sul Patto di stabilità, e faccia approvare subito il Mes dal Parlamento: vedrà come tornerà il sereno sul fronte dello spread!
In altre parole siamo giunti al momento della verità: se l’atteggiamento anti-europeo era una tattica per avere più margini nelle trattative, adesso è il momento di fare qualche apertura. Questo dovrebbe fare un governo serio e lucido; diversamente prepariamoci ad uno spread stabilmente sopra 200 punti base, e potrebbe essere solo l’inizio.
Umberto Baldo