18 Ottobre 2023 - 8.38

TV: Fazio fa il botto alla Nove, la Rai foraggia Corona

Ho sempre pensato che fare buona televisione non dipende dalle idee politiche dei conduttori, bensì dalla loro professionalità, dalla qualità dai proposte, dall’interesse che si riesce a suscitare negli spettatori.

Già perché un programma si può definire di successo se riesce ad incollare alla poltrona o al divano uno spettatore che da anni ha a disposizione un telecomando che gli permette di cambiare canale solamente premendo un tasto.

Sono stati scritti fiumi di inchiostro sulla progressiva perdita di appeal della Tv generalista, soppiantata sempre più nel gusto del pubblico da altre forme di intrattenimento, e dalla Rete in particolare.

Eppure, anche se si sono resi conto che le campagne elettorali vanno fatte ormai sui social media, i Partiti ritengono ancora fondamentale avere una sorta di “controllo” sulla Tv di Stato, la Rai.

E questo controllo, secondo lor Signori, si realizza piazzando in primis nei Cda, ma a cascata anche fra i conduttori delle trasmissioni più gettonate, personaggi cosiddetti “di area”, che in altre parole vuol dire che la pensano come i governanti del momento. 

Ed in linea con questa logica, dopo l’arrivo della destra al potere abbiamo assistito ad una sorta di spoil system, con l’approdo di gente nuova e la conseguente partenza di conduttori rodati da anni.

Non è che si sia trattato di vere e proprie “messe alla porta”, bensì di un cambio di clima che ha indotto professionisti come Fabio Fazio o Lucia Annunziata a lasciare la Rai per cambiare aria, non senza qualche polemica.

Da quanto si legge non è che la nuova Rai a trazione “meloniana” stia dando il meglio di sé.  Tanto per fare qualche esempio “Il Mercante in Fiera” di Pino Insegno, grande amico di Giorgia Meloni, colleziona ogni sera numeri ridicoli sulla seconda rete; e il primo pomeriggio di Rai1 gentilmente concesso a Caterina Balivo con “La volta buona” viene quotidianamente sconfitto da Canale 5, spaziando dal 10% al 14% di share, rispetto al 16/17% dello scorso anno firmato Serena Bortone; “Fake Show” con Max Giusti su Rai2 oscilla tra il 3% e il 4%, mentre “Avanti popolo” di Nunzia De Girolamo ha esordito su Rai3 con un pessimo 3,6% di share. 

Tirando qualche somma, secondo lo Studio Frasi nelle prime quattro settimane del palinsesto autunnale (dal 10 settembre al 7 ottobre) la Tv di Stato ha lasciato per strada 248mila spettatori nel giorno medio rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Di conseguenza Canale 5 ha sorpassato Rai 1, mentre Italia 1 sta sopra Rai 2. 

Dal punto di vista personale io ormai frequento quasi esclusivamente le pay tv, perché nelle tv generaliste non solo  non vedo niente di nuovo, ma si ripropongono sempre gli stessi format, tipo Grandi Fratelli o Ballando con le Stelle, che anno dopo anno perdono sempre più slancio.

Mi chiedo ad esempio a chi sia venuto in mente di affidare un programma a Nunzia De Girolamo, o come  Mediaset abbia potuto immaginare di realizzare il programma con i contenuti di Barbara D’Urso, ma con una conduttrice  che ha le caratteristiche di Mirta Merlino. 

Credo ci sia un po’ di smarrimento nelle direzioni dei grandi network televisivi, e non escludo che questa mancanza di idee sia in parte dovuto anche alla necessità di “non disturbare il governo” con programmi potenzialmente sgraditi.

A fronte di questi scenari, domenica scorsa abbiamo assistito al debutto col botto di “Che tempo che fa” sul Nove del Gruppo Warner Bros.

Per questo Gruppo si tratta del miglior risultato di sempre, anche se  va detto che è stato raggiunto con il simulcast,  vale a dire la messa in onda speciale per il debutto su tutte le reti del gruppo. 

Si parla di 2.600.000 spettatori (su Nove, Real Time, Dmax, Giallo, Food Network, MotorTrend, HGTV, Warner TV) pari al 13% di share, e con un picco d’ascolto di 2.900.000 spettatori. 

Ma quel che colpisce di questo successo è che il programma di Fazio si può definire come il “ritorno dell’uguale”.

Per spiegarmi meglio, “Che tempo che fa” è ripartito su Nove esattamente identico a com’era finito sulla Rai.

Stesso format, stesse facce, solo un po’ di pubblicità in più, ma questo lo davo per scontato. 

La parte più caratterizzante del programma a mio avviso sono state le interviste,  sia quella a David Grossman che quella a Liliana Segre sulla situazione in Israele e a Gaza, ma non trascurerei neanche quella ad Andriy Shevcheenko sull’Ucraina, e se vogliamo essere onesti hanno rappresentato momenti di “servizio pubblico”.

Alla fin fine Fabio Fazio, proprietario del format, non ha voluto cambiare pressoché nulla in un programma che funzionava e funziona, un talk show senza urla, senza offese, senza strepiti,  e a ben guardare “Che tempo che fa” non è altro che un pezzo di Rai che è stato trasferito su un altro canale. 

Devo confessarvi che a livello personale non sono mai stato un fans di Fazio, ma questo non mi ha mai impedito di riconoscergli una grande professionalità, e per questo ritengo che la Rai abbia fatto uno dei suoi più grandi sbagli lasciandolo alla concorrenza. 

Ed è stato un grande errore che ha fatto Carlo Fuortes; toccava a lui rinnovargli il contratto, ma essendo al capolinea non ha forse voluto inimicarsi i nuovi governanti. 

Intendiamoci, lo share della prima puntata è sicuramente stato influenzato dal cosiddetto “effetto annuncio”, e dalla curiosità degli spettatori di vedere le eventuali novità.

E’ quindi fisiologico che gli ascolti si possano assestare ad un livello più basso, ma penso che non andrà sotto di più di due punti percentuali, ed un 7% sarebbe già grasso che cola per il Nove. 

A fronte dei successi della concorrenza, forse per risollevare l’audience (sic!”), in Rai hanno pensato bene di riesumare un personaggio che pensavo non avrebbe più avuto l’opportunità di apparire in Tv.

Parlo di Fabrizio Corona, l’ex paparazzo noto alle cronache non solo per il matrimonio con Nina Moric e la sua storia con Belen Rodriguez, ma soprattutto per fatti di rilevanza penale, che lo hanno portato nelle patrie galere, da cui è stato scarcerato lo scorso 23 settembre.

Finita la pena per lui sembra iniziata la fase delle “ospitate in Rai”, da “Domenica In” a “Belve” di Francesca Fagnani,  fino ad “Avanti Popolo” de Nunzia di Gerolamo.

Corona non è sicuramente un soggetto che fa niente per niente, e così per “ospitarlo” la Rai sembra gli abbia riconosciuto circa 30mila euro (circa 12mila per Domenica in e le Belve e 8/10mila per Avanti Popolo).

Inevitabili le polemiche, e relativamente a queste mi limito a riportare il commento di un grande giornale nazionale: “Può un personaggio controverso come Fabrizio Corona diventare il principale maître à penser della Rai? È normale che un pregiudicato appena uscito dal carcere, ancorché motore delle rivelazioni sull’ultimo bubbone del calcio nazionale, venga pagato decine di migliaia di euro di soldi pubblici per riempire di provocazioni, parolacce e considerazioni spesso dubbie alcuni dei programmi più seguiti della Tv di Stato”.

Io la penso esattamente come l’estensore dell’articolo, non so voi!

E pensare che per godere di questi programmi “di qualità” della Tv di Stato ci vengono addebitati 90 euro in bolletta telefonica.

Mi correggo; nella bozza della Legge di Bilancio  il canone per il 2024 dovrebbe essere ridotto da 90 a 70 euro. 

Per il momento apprezziamo questo calo, anche se consiglio di stare sempre all’erta, perché, come vi ho scritto l’8 agosto nel pezzo “Addebitare il canone Rai nelle utenze telefoniche? L’ultima genialata!”, ho l’impressione che l’idea di collegare il pagamento del canone alle utenze telefoniche mobili (scelta che presenterebbe anche il vantaggio di allargare la platea dei contribuenti, poiché le utenze elettriche oggi sono pari a 21 milioni, mentre quelle telefoniche mobili sono pari a 107 milioni) con la fame di soldi che c’è in giro non sia stata del tutto accantonata da Lor Signori.  

Umberto Baldo

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