20 Ottobre 2023 - 8.37

Udite udite: i Btp non sono ricchezza!

La notizia è di quelle che a mio avviso sono destinate ad essere raccontate dai nonni ai nipoti fra qualche secolo, come nelle saghe nordiche.

Tanto è vero che quando martedì 17 ottobre mi è capitata sotto gli occhi una nota dell’Ansa credevo di sognare, e mi ci è voluto un po’ di tempo per riuscire a gridare “ma è tutto vero!”

Partiamo quindi da quell’Ansa, che vi riporto integralmente: 

(ANSA) – ROMA, 17 OTT – Arriva dalla manovra una spinta ai nuovi Btp people. Nell’indice della legge di bilancio circolato nelle ultime ore compare una norma per escludere i titoli di Stato dal calcolo dell’Isee. La misura rientra nel pacchetto famiglia annunciato dalla ministra Eugenia Roccella. Quest’anno il ministero dell’Economia ha effettuato due emissioni del Btp Valore, il titolo pensato appositamente per i piccoli risparmiatori. Nella prima edizione di giugno sono stati raccolti 18 miliardi e nella seconda di ottobre 17 miliardi. (ANSA).

Come vi accennavo, dopo aver escluso che fosse una fake news, mi sono chiesto se si trattasse di una genialata di qualche Ministro, magari causata dai postumi del caldo estivo, oppure se il livello di disperazione del Governo sia tale da portare a immaginare una misura che di fatto stabilirebbe per legge che i Btp “non sono ricchezza”. 

Non aspettatevi astruse analisi economiche: non ne vale la pena.

Mi limiterò ad inquadrare il problema, lasciando a ciascuno di voi le considerazioni del caso.

Innanzi tutto partiamo dalla “ratio” di una tale ipotesi normativa.

L’inarrestabile crescita del debito pubblico (2.874 miliardi) conseguenza dell’incapacità dell’intera classe politica italiana (destra e sinistra in questo per me pari sono) a contenerlo e a ridurlo, con il conseguente aumento degli oneri per gestirlo (oneri vuol dire interessi da pagare ai detentori dei Btp, che l’anno prossimo si stimano sui 100 miliardi), trasformano le periodiche verifiche delle Agenzie di Rating (e la relativa classificazione del debito) in un vero e proprio incubo.

In questa situazione sempre più claudicante, scatta quello che io chiamo “sogno giapponese”.  

E’ noto infatti che il debito pubblico del Giappone, il più alto del mondo pari al 258% del Pil, è nelle mani di soggetti interni (è una bubola che a detenerlo siano le famiglie, in quanto è per l’88% nelle mani di istituzioni pubbliche o semi pubbliche, poco propense a rivenderlo sul mercato secondario).

E’ evidente che ciò rende il Giappone del tutto immune da eventuali  “giudizi negativi” di Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch. 

Forti di questo esempio, cosa hanno pensato nei palazzi romani?

Che favorendo l’acquisto dei Btp da parte di soggetti interni potremmo anche noi diventare come il Giappone (sic!).

Ma poiché Banche e Assicurazioni sono già piene di titoli pubblici, e mostrano di non aver alcuna intenzione di aumentare la loro quota, la genialata è quella di favorire gli investimenti delle famiglie.

Ma come indurre gli italiani a comprare i Btp?

E qui arriviamo all’Isee.

Per quei pochi che magari non lo sanno, l’ Isee è l’indicatore della situazione economica equivalente, lo strumento che viene utilizzato per valutare e confrontare la situazione economica dei nuclei familiari che intendano richiedere una prestazione sociale agevolata, un‘esenzione, un bonus, un incentivo od un sussidio al reddito.

Nella situazione economica equivalente oltre ai redditi da lavoro o da pensione rientrano, ovviamente,  anche  le componenti immobiliari e mobiliari, quali case. conti correnti e certificati di deposito, obbligazioni e titoli di stato, quote di investimento collettivo del risparmio, azioni.

Inutile dire che anche i Bpt (che già godono della tassazione agevolata al 12,5%, e non sono soggetti ad imposta di successione) rientrano a pieno titolo nelle componenti che servono per determinare il reddito familiare ai fini Isee.

E non occorre che lo stabilisca una norma, basta la logica, perché i titoli di Stato si comprano con i soldi, e quei soldi (quella ricchezza) bisogna averli. 

Non serve avere una docenza di scienza delle finanze per capire che la proposta di sterilizzare il possesso dei Btp nell’Isee è una misura folle, ma soprattutto talmente ingiusta ed iniqua da far dubitare che passerebbe un eventuale vaglio della sua costituzionalità.

Per capire meglio le possibili conseguenze vi faccio un esempio.

Il Sior Bepi ed il Sior Piero hanno entrambi un reddito complessivo annuo inferiore a 8.263,31 euro, e quindi fra le altre cose sono ad esempio esenti dal ticket per le prestazioni sanitarie.

Mettiamo che il Sior Bepi riceva in eredità un milione di euro in Btp e li lasci nel suo deposito titoli. 

In questo caso, se la norma del Governo fosse approvata, gli Isee di Bepi e Piero non varierebbero, ed entrambi continuerebbero ad usufruire delle prestazioni sociali agevolate (nell’esempio l’esenzione ticket).

Mettiamo che per caso il Sior Piero l’anno successivo abbia un’entrata non prevista, ipotizziamo di 4mila euro.

In questa ipotesi l’Isee del Sior Piero crescerebbe, e quasi sicuramente sarebbe costretto a pagare i ticket sanitari, mentre il Sior Bepi (con il suo bel milione di Bpt in Banca) resterebbe ancora ticket-esente. 

Siete ancora seduti, o state urlando alla finestra?

Avete anche voi l’impressione che, al di là delle buone intenzioni di “internalizzare” il debito riducendo la quota in mani straniere, stabilire che “i Btp non costituiscono ricchezza”, escludendoli dal calcolo dell’Isee, sarebbe quanto meno indecente?

Ma in questa Italia, forse nostalgica di un po’ di autarchia, sembra che il senso del ridicolo stia sparendo dalla politica.

E così, sulla scorta del successo delle due emissioni del Bpt Valore, il Governo ha deciso di puntare sempre più sui “Btp people”, ovvero su quegli italiani che si immagina coinvolti nella retorica “daa Nazzziiooneeee”, e quindi disponibili alla chiamata alle armi della premier che impone di comprare il debito italiano per “amor di Patria”. 

In tutto questo “slancio patriottico” ritengo che non si informino a sufficienza i risparmiatori che sui Bpt emessi dal 2013 in poi gravano le cosiddette CACs (Clausole di Azione Collettiva) che prevedono che il nostro Ministero delle Finanze in condizioni di emergenza  possa chiedere agli obbligazionisti un HAIRCUT, ovvero di accettare il taglio del valore nominale dei bond, con un’ovvia riduzione del tasso cedolare, e magari anche un allungamento delle scadenze. Cose viste per esempio nella ristrutturazione del debito della Grecia. 

Fantascienza?

Da italiano mi auguro proprio di sì, ma in tema di economia credo sia sempre meglio mettere in conto il “mai dire mai”.

Soprattutto se metti in piedi una “fiction” come questa sui Btp, che i mercati sicuramente percepiranno come un trasferimento quasi terminale del doom loop da Tesoro e Banche ai cittadini.

In conclusione, per quanto mi riguarda, la proposta del Governo che ho cercato di illustrarvi mi sembra talmente indecente da non stare in piedi, anche se sono pienamente d’accordo nell’incentivare in ogni modo l’acquisto di Btp da parte degli italiani. 

Per il motivo molto semplice che se una parte rilevante di quei 100 miliardi annui di interessi venisse pagata dallo Stato a risparmiatori italiani, tali risorse favorirebbero la crescita del Pil, e quindi renderebbero più sostenibile lo stesso indebitamento pubblico; una condizione che non si verificherebbe se quegli interessi fossero pagati a compratori stranieri.

Ma a questo fine basta e avanza la moral suasion, ma non guastano tassi competitivi!

Umberto Baldo

PS: In cauda venenum: La proposta del Governo secondo me mira anche a rispondere ai problemi di sostenibilità del passivo del nostro Stato sollevati da Ue, Fmi, Agenzie di Rating ecc. (manca solo il Vaticano!).   Nel senso che il messaggio, neanche tanto subliminale, che si vuole trasmettere è che, allo strucco, sarebbe la ricchezza finanziaria totale del Paese ad assicurarne la solvibilità di ultima istanza.  Un modo elegante di Lor Signori per dire ai mercati: alla bisogna, in caso di rischio default, ci sono sempre i soldi dei c/c e dei depositi titoli degli italiani cui possiamo attingere.  E se quei soldi li avessimo già incassati con i Btp tanto meglio, o no?

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