Bei: la spagnola Nadia Calviño designata Presidente. Battuti Franco e Vestager
Alla fine i “caballeros espanoles” l’hanno spuntata sui “patrioti deaaa Nazzzziiooone”!
Non in un duello tipo “disfida di Barletta”, bensì nei corridoi, nelle aule ovattate delle Istituzioni Comunitarie, in quel di Bruxelles.
Cosa c’era in ballo?
La Presidenza della Banca Europea degli Investimenti (BEI), un’Istituzione comunitaria forse fra le meno note al grande pubblico, ma sicuramente di quelle che contano.
La Bei, braccio finanziario della UE creato nel 1958, con il tempo è diventata la più grande Istituzione finanziaria multilaterale al mondo, indirizzando i finanziamenti necessari alle imprese, e sostenendo gli investimenti per stimolare la competitività e la crescita sostenibile dell’Europa.
E’ stata la prima Banca multilaterale a porre fine al sostegno continuo ai combustibili fossili, ed ha aumentato a livelli senza precedenti i suoi volumi di prestiti per investimenti in energia pulita e sicurezza in Europa, così guadagnandosi il titolo di banca “climatica” della Ue.
Tanto per capirci meglio, si tratta di una Istituzione finanziaria con un bilancio di oltre 544 miliardi di euro, ed un capitale sottoscritto di 249.
In pratica un vero e proprio centro di potere economico, che avrà sicuramente un ruolo chiave pure nel finanziamento della ricostruzione in Ucraina, e nella transizione verde tanto dentro quanto fuori la Ue.
Poteva non essere ambita una tale carica, che consente di girare il mondo brandendo assegni generosi, e che per di più prevede una remunerazione uguale a quella del Presidente della Commissione (300mila euro l’anno)?
Ed infatti a contendersela erano in tre.
Nadia Calviño, spagnola, Ministro dell’Economia e numero due del Governo di Pedro Sanchez, presidente di turno dell’Ecofin; una che a Bruxelles è di casa da anni avendo guidato dal 2006 la Direzione generale Bilancio della Commissione, dove ha imparato l’arte della diplomazia europea, e si è guadagnata l’appellativo di fine tecnocrate.
Competente e volitiva, dotata di una passione politica dimostrata fin da quando, nel 1986, non ancora maggiorenne, la Calviño affiancò il padre, socialista, nella campagna a sostegno del referendum sulla permanenza della Spagna nella Nato; la “senora” parla fluentemente in inglese, francese e tedesco, oltre che in spagnolo naturalmente.
La seconda candidata era una nostra vecchia conoscenza, la danese Margrethe Vestager, social liberale di centro, ex Vice Primo Ministro del Governo danese, la donna che da Commissaria alla Concorrenza più di tutti, negli ultimi anni, ha dato filo da torcere ai giganti dell’economia digitale.
Anche lei senza dubbio una politica di lungo corso, che in vista della “campagna per la Bei” si era auto-sospesa dal ruolo di Commissaria all’Antitrust europeo.
Il terzo in corsa era un italiano (veneto nato a Trichiana), l’ex Ministro dell’Economia e delle Finanze del governo Draghi, Daniele Franco, anche lui in possesso di un pedigree di tutto rispetto, da Ragioniere Generale dello Stato a Direttore Generale della Banca d’Italia.
Avrete capito che a spuntarla è stata Lei, Nadia Calviño, la prima donna ad arrivare al vertice della Bei, la Banca dell’Unione Europea.
Se pensate che queste siano “partite” dove si guardano e si pesano i curricula, fra l’altro tutti di livello, al top oserei dire, siete fuori strada.
La competenza dei candidati è un dato scontato, ma la vera posta in gioco è politica, secondo la logica del do ut des (e anche se non lo si dice, sulla base dell’appartenenza ad una delle Famiglie politiche che governano la Ue).
La Calviño si è sicuramente mossa bene, sfruttando il suo attuale ruolo di Presidente in carica del Consiglio Ecofin, il che le ha consentito di giocare su più tavoli.
Cosa ha fatto?
Ha consegnato le chiavi della trattativa sul futuro del Patto di stabilità e crescita in mano a Germania e Francia, gli adults in the room, fondamentali per ottenere la maggioranza qualificata per la Bei.
Segnalo che per essere nominato Presidente della Bei è necessaria una doppia soglia: il sostegno di almeno diciotto Paesi, che rappresentino il sessantotto per cento del capitale della Banca.
Nel corso della trattativa Berlino si è esposta nel sostegno alla spagnola, Parigi ha tenuto le carte semicoperte fino all’ultimo.
Per facilitare la “campagna” della Calviño, il Governo di Madrid avrebbe, invece, ritagliato per sé un ruolo quasi notarile di facilitazione del dialogo tra chi, da una parte, chiede più flessibilità sugli investimenti, e chi, dall’altra, insiste per ulteriori salvaguardie sui conti pubblici.
Una strategia perfetta! Chapeau!
Infatti, stando alle indiscrezioni trapelate da Bruxelles nessuno avrebbe sollevato opposizioni rispetto alla convergenza sulla Calviño.
A parte l’Italia!
Infatti mentre la Danimarca, visti gli orientamenti, d’accordo con la Vestager, ha ritirato la candidatura in ossequio al galateo istituzionale, il nostro Paese è rimasto fermo fino all’ultimo nel sostegno a Daniele Franco, ed il Ministro Giancarlo Giorgetti avrebbe anche contestato l’iter di designazione seguito dal belga Vincent Van Peteghem, rimettendosi alla fine alla decisione dei suoi colleghi, citando la nota massima calcistica di Vujadin Boskov: “Rigore è quando arbitro fischia”.
Con la nomina della Calviño alla Bei la Spagna recupera una Presidenza di spicco che le mancava dal 2007, quando Josep Borrell lasciò la guida del Parlamento Europeo.
Ma in questi anni Madrid non è comunque rimasta con le mani in mani, in quanto ha piazzato lo stesso Borrell come Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera e di sicurezza comune, Luis de Guindos come numero due della Banca Centrale Europea, e José Manuel Campa a capo dell’Autorità Bancaria Europea (Eba).
Mi viene un po’ da ridere se penso che noi nel frattempo siamo riusciti a piazzare Luigi Di Maio nel ruolo di “Rappresentante speciale della Ue per la regione del Golfo” (l’avete più visto o sentito nominare ultimamente?).
Certo le cariche di prestigio non finiscono con la Bei, e dopo le Europee di giugno le Cancellerie avranno di che sbizzarrirsi.
Ecco perché insisto nel dire che la Meloni deve cercare di sedersi con FdI ai tavoli che contano, quelli con democratici, socialisti e liberali, perché rimanere con Orbàn e Abascal (Vox), magari assieme ai “compagnucci” di Salvini, ti taglia fuori dalle decisioni fondamentali, e dalle nomine più prestigiose.
Un’ultima osservazione: con la sua nomina alla Bei, si consolida al vertice delle Istituzioni europee la presenza di donne che sono riuscite a conciliare la carriera con il ruolo di madre: Nadia Calviño ha quattro figli, Ursula von der Leyen (Commissione Ue) sette, e Christine Lagarde (Bce) due.
Umberto Baldo