9 Gennaio 2024 - 8.42

Conferenza stampa di fine anno: Giorgia Meloni come Fidel Castro

Avete per caso seguito il 4 gennaio la conferenza stampa di fine anno della premier Giorgia Meloni?

No?   Io si!  Confesso che me la sono sciroppata tutta!  Tre ore!

Ne è valsa la pena?

Cosa volete, ogni “annualità politica” ha le sue ritualità; come il messaggio del Presidente della Repubblica il 31 dicembre, la cerimonia del ventaglio di fine luglio, ed appunto la conferenza stampa di fine anno del Presidente del Consiglio in carica.

Va da sé che questo incontro con la stampa sia seguito da una valanga di commenti, di giudizi, di interpretazioni, da parte di tutti i media, e a maggior ragione questa volta dopo un paio di rinvii per indisposizione della premier. 

Tornando alla domanda, per quanto mi riguarda devo ammettere che la “ragazza della Garbatella” in Tv funziona, in certi momenti è pure divertente, e a mio avviso riesce, forse grazie alle sue battute in romanesco, agli occhi strabuzzati, al suo slang, al suo gesticolare, a sdrammatizzare un passaggio tutto sommato ufficiale, peraltro trasmesso in diretta televisiva. 

Pensatela come volete, ma non c’è alcun dubbio che la premier è un’autentica fuoriclasse della comunicazione.

Vi risparmio i commenti sullo share raggiunto sul Tg1, il 15,5%, che sarà anche interessante per i pubblicitari e gli addetti ai lavori, ma corrisponde a non più di 1milione 330mila persone che come me sono rimaste davanti allo schermo (per tutte le tre ore però non ci giurerei).

Resta il fatto che si tratterebbe dello share più alto di tutte le conferenze stampa degli ultimi premier, da Draghi a Conte, da Renzi a Gentiloni.

Come vi accennavo, Giorgia Meloni è comunque un personaggio “vero”, non costruito, per cui in certi momenti più che un paludato incontro Potere-Stampa sembrava di assistere ad una riunione aziendale.

Impagabile, perché inusuale, il siparietto della premier che, quando mancavano solo una manciata di domande, ha chiesto il permesso, ai presenti, di andare in bagno: “Sto a mori’… signori, io devo andare in bagno, non so come fare. Vi giuro, vorrei farcela per altre tre domande, ma… posso? Che devo fare, scusatemi”.

Scontate le risate dei giornalisti, ma alla fin fine anche questo ha contribuito ad “umanizzare” Giorgia Meloni, perché ognuno di noi sa bene che “quando scappa, scappa”.

Umano anche lo sbadiglio della premier dopo circa due ore, stanchezza confermata quando alla  seconda domanda dopo il suo rientro dal “bagno”, un giornalista – prima di porre la domanda – è uscito con  una battuta che l’ha fatta sorridere: “Coraggio, è quasi finita”.   Cui Meloni ha risposto con un “Dai che ce la faccio”.

A parte questi aspetti umani, tutto sommato gradevoli, resta il fatto che si è trattato di un passaggio che sulla carta doveva essere molto importante, perché rappresentava il momento in cui “tirare una riga”, di fare il bilancio del primo anno “intero” del Governo di centro destra.

E qui in tutta onestà il discorso è diverso, ma molto diverso. 

Forse si tratta del fatto che la Conferenza stampa è ormai diventata un rito delle Feste, come il cotechino con le lenticchie, il pandoro o il panettone, ed il film di Natale; e come tutti i riti, dopo anni e anni mostra tutte le rughe del tempo.

Io credo che in primis non funzioni più il format, ormai superato, vecchio, ma soprattutto ingessato.

Perché ingessato?

Ma perché 40 domande dei cronisti, seguite da 40 risposte, sono decisamente  troppe, anche perché i giornalisti in questo modo diventano “spalle” del primattore, appunto la premier; semplici spalle perché non è consentito loro alcun diritto di replica o precisazione. 

Il risultato non può essere che un “finto dialogo”, che in realtà è un comizio del Presidente del Consiglio di turno, per di più di una durata inusitata, come quei “pistolotti infiniti” per i quali è diventato famoso Fidel Castro.

Uno spettacolo assolutamente noioso, ma che, come accennato, nel caso di Giorgia Meloni è risultato un po’ più godibile grazie alla sua verve.

Logico che, con queste regole, difficilmente un politico accorto cada in qualche scivolone, e cerchi quindi di eludere od aggirare i temi più spinosi divagando, allungando il brodo, evitando di rispondere nel merito, magari non dicendo tutta la verità, non fornendo indicazioni sui programmi futuri.

Non vi tedierò indicando punto per punto dove la premier ha “svicolato”, o ha dato indicazioni approssimative o fuorvianti (per usare un eufemismo), ma cosa volete, perché dovrebbe farsi del male da sola se le regole le consentono di dire quello che vuole in assenza di alcun contraddittorio?

Certo chi ha qualche anno si ricorda le conferenze stampa di altri tempi, di altri Presidenti del Consiglio, o le mitiche “Tribune politiche” dove il politico di turno veniva incalzato dalle domande di giornalisti forse di “altra caratura” rispetto all’oggi, e talvolta finiva a urla e insulti.

Qualcuno ha criticato l’atteggiamento dei cronisti, giudicandolo timido, forse intimidito, acritico, acquiescente.

Indubbiamente la maggior parte delle domande sono sembrate simili ad assist per Giorgia Meloni, e quelle veramente toste saranno state quattro o cinque, ma è evidente che con quelle regole, che vietano ogni replica e contro deduzione, cosa volete possano fare i giornalisti se non abbozzare, facendo finta di giocare una partita in cui il pallone ce l’ha sempre il premier?

Ma questa è l’Italia di questi anni, e non servono quaranta domande senza possibilità di replica per connotare una democrazia compiuta, dove la stampa possa svolgere il proprio ruolo fino in fondo. 

Bisognerebbe  superare questo rito bizantino, sostituendolo con un format più agile, meno paludato, più veloce, più aggressivo, più di qualità.

Basterebbe sorteggiare una decina di direttori di giornali o telegiornali, dando loro la possibilità di incalzare il premier ogni qual volta questi cerchi di svicolare o di scappare.

Ma siate certi che questo non succederà, e la riprova ce l’avremo in quello che viene artatamente presentato come lo “scontro televisivo diretto” dell’anno, quello che dovrebbe opporre Giorgia Meloni ad Elly Schlein, non a caso scelta dalla premier quale contendente per “personalizzare” e polarizzare la lotta elettorale, ai danni dei vari Conte, Salvini, Tajani.

Al riguardo si legge che si è già aperto lo scontro fra gli aspiranti “moderatori”. 

Vespa, Mentana, la Merlino, o un giornalista di Sky?       Chi la spunterà alla fine?

Lo vedremo.  

Speriamo non la spunti il più ossequiente al potere, chiunque esso sia.

Umberto Baldo

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