PD – La consigliera regionale Bigon, che ha fatto affossare la legge sul fine vita, si giustifica: “Ho esercitato un diritto”
Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa di Anna Bigon, consigliera regionale del Partito Demicratco, che assieme a parte del centrodestra contribuì a fermare la legge sul fine vita scatenando molte polemiche nel fronte PD. La legge venne bloccata per un voto, che arrivò proprio dalla consigliera PD, mentre il suo partito votava a favore, assieme al governatore Zaia e a una parte della Lega.
“Il percorso del Partito Democratico – scrive – per applicare la sentenza della Corte costituzionale, che riconosce il suicidio medicalmente assistito per una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma che resta pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, è stato, fin dall’inizio, lineare e chiaro, anche rispetto alla necessità delle cure palliative.
“Un elemento fondamentale, contenuto nel pdl Bazoli, approvato alla Camera nella scorsa legislatura, è la previsione di cure palliative come presupposto per l’accesso al suicidio medicalmente assistito, recependo in ciò la sentenza della Corte costituzionale. Nel Pdl presentato dall’Associazione Coscioni questo presupposto è invece assente” – specifica la Consigliera Dem Anna Maria Bigon.
“Ho sempre difeso la linea nazionale del Pd: la necessità di una legge nazionale, che dia una disciplina organica e che garantisca a tutti la libertà, vera, di scegliere, anche grazie alle cure che devono essere garantite per tutti.
Il Pd è un partito che riconosce il pluralismo, recependo il dettato costituzionale sull’assenza per gli eletti del vincolo di mandato, e che riconosce la libertà di coscienza sui temi etici: è questo il perimetro di valori in cui ho agito e in cui mi riconosco”.
E sulla scelta di astenersi, anziché uscire dall’aula, Bigon torna a specificare: “La mia è stata una decisione condivisa con il gruppo consiliare, nel pieno rispetto dello statuto del Pd e del mio ruolo di Consigliera.
Uscire dall’aula non era una decisione “neutra”, significava un sì o un no determinato dalle decisioni di altri.
Ho scelto di astenermi in accordo con i miei colleghi. La libertà di coscienza esiste non solo quando è ininfluente, esiste anche quando può incidere sulla linea della maggioranza”.
Dopo la direzione provinciale di Verona la Consigliera sottolinea la volontà di proseguire con l’attività, pur con i necessari e dovuti chiarimenti: “Dopo gli eventi di queste settimane sarà necessario approfondire e chiarire i rapporti tra di noi per rilanciare l’attività del Pd”. E sulla revoca dall’incarico di Vicesegretaria conclude: “Ne discuteremo. La priorità è lavorare per i cittadini”.