Assedio all’Europa
Umberto Baldo
Due sono le notizie della settimana che sta finendo su cui credo valga la pena di fare qualche riflessione.
Sulla prima, la rivolta dei trattori, mi sono già occupato lunedì’ e mercoledì, e abbiamo visto che questa “jacquerie” ha portato la Ue a fare precipitosamente marcia indietro sulla riduzione dei pesticidi, e vedremo su cos’altro; l’altra è la visita a Roma di John Elkann, il Presidente di Stellantis.
Quanto ho letto le cronache dei colloqui romani del rampollo di “Casa Agnelli” (perché questo è) con il Presidente della Repubblica Mattarella, con il Ministro dell’Economia Giorgetti, con l’ambasciatore Usa in Italia Jack Markell, con il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Teo Luzi, e con il Governatore di Bankitalia Fabio Panetta (non con la Meloni, solo perché era in missione in Giappone), non ho potuto non chiedermi: ma ho letto bene, ma di chi si tratta?
Di Joe Biden, di Ursula Von del Layen?
Ma no! Semplicemente di John Elkann, il Presidente di Stellantis!
Innanzi tutto sarebbe interessante sapere di cosa si sia parlato fra lui ed il Numero Uno dei Carabinieri! Di batterie? Mah!
Facile invece immaginare che al centro degli altri incontri ci sia stato il famoso “milione di automobili” che il nostro Paese vorrebbe tornare a produrre.
Direi che, a fronte delle parole all’Ad di Stellantis Carlos Tavares, che in estrema sintesi ha detto “o cacciate i soldi o chiudiamo le fabbriche in Italia!”, forse sarebbe il caso di abbandonare l’atteggiamento troppo servile, quasi cortigianesco, nei confronti del nipote dell’avvocato Agnelli, e dire le cose come stanno.
Cioè che un milione di auto prodotte da Stellantis nel Belpaese, per quanto possiamo pregare, ce lo sogniamo, perché in questo siamo in diretta concorrenza non solo con Paesi dove produrre costa meno, ma anche con i cugini francesi, che per di più del Gruppo (olandese non italiano eh!) sono anche azionisti.
Il momento è particolare; per allinearsi con le direttive Ue sull’Elettrico, i Costruttori d’auto si sono lanciati verso la nuova tecnologia con enormi investimenti, dai quali ora sarebbe difficile tornare indietro.
E come sempre avviene, tradizione della Fiat docet, hanno pensato che a sostenere i loro piani debbano essere i contribuenti; e questo chiede in fondo Tavares all’Italia, mettendo chiaramente in gioco i posti di lavoro dell’automotive.
C’è poco da fare, e ancor meno serve chiacchierare a vuoto; per quell’obiettivo serve almeno un altro costruttore d’auto in Italia, con buona pace del Sindacato che continua a chiedere “nuovi modelli” a Tavares.
Che sia francese, tedesco, inglese, turco e cinese in fondo non frega un c….. a nessuno; come diceva Mao “Non importa di che colore sia il gatto, l’importante è che prenda i topi”.
Certo per questo obiettivo servirebbe anche svecchiare un po’ il Paese, aprirlo di più alla concorrenza, riformare la Giustizia, tagliare le unghie alla Burocrazia, migliorare la qualità della nostra legislazione bizantina, e tante altre cosette che magari fanno perdere qualche voto, ma servono per attrarre capitali e aziende, che diversamente vanno verso altri lidi.
Sicuramente piangere, pietire, umiliarsi per inseguire John Elkann serve a poco.
Come pure servono a poco anche gli incentivi agli acquisti, dato che si è già visto che gli italiani sono poco orientati a comprare auto elettriche, mentre i fondi per le auto e per i motocicli e ciclomotori a combustione interna si esauriscono in pochi giorni.
Ma pensare, e mettere a terra, politiche industriali innovative, è molto più difficile e impegnativo che elargire bonus, cosa che invece viene bene ai nostri Demostene!
A questo punto sono certo che vi starete chiedendo: ma cosa c’entrano le automobili con i trattori e gli agricoltori?
C’entrano, perché entrambi pongono problemi che sono diretta conseguenza della globalizzazione.
A scanso equivoci, quelle che state leggendo non sono le elucubrazioni di un economista o di un esperto, bensì di un cittadino come voi, che si tiene un po’ informato, e che prova a fare “due più due”.
Inoltre io non sono assolutamente contrario alla globalizzazione (se gestita con intelligenza), e sono europeista fino al midollo perché sono convinto che fuori dall’Europa la nostra “Naaazzzziiiiioooone”, con il nostro debito pubblico e la nostra produttività, in breve si troverebbe nella medesima situazione dell’Argentina.
Chiarito questo, perché i cedimenti della Ue, e del Governo, agli agricoltori (una volta si sarebbe detto “calata di brache”) e il corteggiamento di Elkann da parte dei nostri “Potenti” sono le due facce di una stessa medaglia?
Meglio, della medaglia che mostra un’Europa assediata dalla globalizzazione?
Vi ricordate cosa rispondevano certi politici e certi “esperti” alle obiezioni di chi anni or sono manifestava qualche timore o perplessità?
In due parole; tranquilli, noi facciamo fare ai cinesi, ai vietnamiti, alle donne del Bangladesh, manufatti che prodotti da noi costerebbero tantissimo, e così li possiamo offrire ai nostri cittadini a prezzi contenuti; noi invece continueremo a detenere le tecnologie, e a gestire direttamente le lavorazioni di alta gamma e di elevata specializzazione.
Un po’ come facevano i Conquistadores, che prendevano l’oro dagli indios in cambio di perline.
Ma questi “so tutto” non hanno tenuto conto che i cinesi, gli indiani, e gli altri, alla fine le cose hanno imparato a farle da soli, hanno acquisito le tecnologie, le hanno sviluppate, e adesso avendo le materie prime che a noi mancano ci tengono per le palle.
E’ questo il motivo per cui le nostre blasonate industrie automobilistiche europee stanno subendo sempre più la concorrenza cinese sulle auto elettriche!” E sarà sempre peggio da qui in avanti!
Analogamente funziona con i prodotti agricoli.
Per fare un solo esempio basta limitarsi al grano.
A parte dall’Ucraina, grande produttrice di cereali, dagli Usa, dalla Russia, dall’India, e un po’ anche dalla Cina, la concorrenza agricola per l’Europa potrebbe arrivare anche dai Paesi del Sud America, non a caso al centro delle recenti proteste dei trattori per via dell’accordo di libero scambio tra l’Ue e il Mercosur (Brasile, la maggiore potenza economica della regione, Argentina, Bolivia, Paraguay e Uruguay).
Un trattato che prevede l’abbattimento dei dazi su circa il 90% dell’export sudamericano, siglato nel 2019 ma mai ratificato in Europa a causa della ferma opposizione di diversi Paesi (in testa la Francia di Macron, che teme la rabbia dei suoi agricoltori e soprattutto Marine Le Pen).
Cosa si può fare per rompere questo assedio all’Europa?
Riesumare politiche autarchiche, come fece a suo tempo il Fascismo?
Far rientrare in fretta e furia in Europa le lavorazioni ora delegate ad altri?
Per farle fare a chi, visto che la manodopera scarseggia ed i giovani certi lavori non li vogliono più fare?
Francamente non lo so! E mi piacerebbe veramente tanto sapere chi lo sa!
So solo che i problemi adesso cominciano ed essere evidenti; e gli operai dell’ automotive europea che giustamente temono per il futuro dei propri posti di lavoro, ed il letame scaricato davanti ai palazzi di Bruxelles nei giorni scorsi, rappresentano bene lo stato d’assedio in cui si ritrova il Vecchio Continente.
Umberto Baldo