Dopo le europee Macron manda a casa tutti e va alla conta
Alle otto di domenica sera, non appena sono arrivate le prime notizie da Berlino a Parigi, qualche amico, e due miei nipoti, mi hanno scritto stupiti della inaspettata decisione “a caldo” del Presidente Macron di sciogliere il Parlamento francese.
Non che i dati francesi non avessero stupito anche me, ma confesso che mi aveva maggiormente impressionato vedere la cartina della Repubblica Federale Tedesca letteralmente divisa in due colori; con tutti i lander dell’est a maggioranza Alternative fur Deutschland, e quelli dell’ovest conquistati dai Cristiano Democratici.
A parte la débacle dei socialisti e dei verdi (tanto che la coalizione al Governo rappresenta adesso solo il 33% dell’elettorato), è emerso che l’85% degli elettori di AfD non ritiene che questo partito, additato per le sue posizioni troppo vicine all’ideologia del neo-nazismo, sia di estrema destra.
Ma la devono pensare così anche gli austriaci che hanno votato l’estrema destra del Fpoe (Gruppo Identità e Democrazia), diventato così il primo partito a Vienna, ed in prospettiva candidato ad esprimere il Cancelliere alle politiche di settembre.
Non so se mi spiego, ma qui parliamo degli eredi di Haider, di un partito fondato da ex SS, che basa le sue fortune prevalentemente sulla propaganda anti migranti.
Indipendentemente da come finirà la partita di Bruxelles, con la probabile conferma della coalizione “Ursula”, questi segnali, meglio questi risultati, non possono essere trascurati.
Se dovessi trovare una giustificazione a questo “vento di destra”, al di là delle motivazioni politiche che sicuramente ci saranno, io credo che la memoria storica si sia ormai del tutto affievolita nella nostra Europa, e gli elettori, in particolare i più giovani, non percepiscano più la pericolosità di votare per candidati che pensano che “ci fossero anche SS buone”.
Per quanto riguarda il panorama politico austro-tedesco per il momento mi fermo qui, per tornare alle vicende di Parigi, che tanto hanno colpito e preoccupato chi domenica sera mi ha scritto.
Credo sappiate tutti che il Rassemblement Nazionale di Marine Le Pen ha più che doppiato il Partito di Emmanuel Macron Renaissance.
Stante la costituzione francese Macron non aveva alcun obbligo di mandare a casa l’Assemblea nazionale, cioè la Camera bassa del Parlamento, ma lo ha fatto immediatamente dopo che sono stati resi i primi exit poll.
Un caso? Una mossa a sorpresa?
Sono troppo vecchio per credere alle fiabe.
La mia sensazione è che Macron avesse già contezza della propria sconfitta, e avesse quindi preparato la mossa in anticipo.
Sicuramente non ne aveva parlato, tanto che il suo annuncio è stato commentato dai leader di tutti i Partiti, innescando immediatamente le dietrologie che ci sono sempre in vista di ogni elezione.
Fatto sta che, stante la scelta del Presidente, la campagna elettorale appena finita, in Francia rincomincia da subito, visto che il primo turno si terrà il 30 giugno, ed il secondo il 7 luglio (in barba alle teorie italiane che in estate non si può andare alle urne).
Certo qualcuno, come ad esempio Jean Luc Mèlenchon, si è rammaricato che “le Président” non abbia deciso di “mettere in gioco il suo mandato” invece di spedire a casa deputati che secondo lui avrebbero a questo punto una legittimità superiore.
A tal riguardo, secondo Le Monde, qualcuno dall’Eliseo avrebbe ricordato che in una situazione simile Francois Mitterand, all’inizio degli anni ’90, ebbe a dire: “Il mio ruolo cambierà, ma non la mia posizione”.
Che in parole povere equivale a dire “anche se le legislative le vincerà la destra di Marine Le Pen, io resterò Presidente”.
Si tratta di quella situazione ben nota in Francia, anche se non frequentissima, in cui il Presidente è costretto a nominare Primo Ministro un esponente di un Partito che non è il suo (la cosiddetta cohabitation).
Ma allora perché tutta questa urgenza di andare alle urne?
Sicuramente si tratta di un rischio per Macron, ma va tenuto conto del crollo della sua popolarità, delle accuse di essere distante dai cittadini, e soprattutto di aver spesso utilizzato l’art. 49.3 della Costituzione per attuare riforme senza passare dal voto del Parlamento.
Naturale che il Presidente non intendesse affrontare i tre anni che mancano al 2027, anno di scadenza del suo mandato, durante i quali avrebbe subito il calvario della continua richiesta delle sue dimissioni.
Meglio, come si dice, “tagliare la testa al toro”, tendando di rilanciare il proprio mandato, anche se magari costretto a “coabitare” con un premier di estrema destra.
Non sarebbe certamente una passeggiata di salute, ma non dimentichiamo che il semipresidenzialismo francese attribuisce al Presidente il potere di porre temporaneamente il veto alle leggi.
C’è poi della “furbizia” politica in questa scelta, perché Macron sa bene che è improbabile che le legislative diano un risultato netto (cioè una vittoria netta alla destra), perché si tratta di elezioni a doppio turno, in cui per vincere un seggio bisogna ottenere il 50% al primo turno, altrimenti si va al ballottaggio.
In altre parole un meccanismo più articolato rispetto alle europee, che comporta maggiori difficoltà per un candidato di estrema destra di ottenere un seggio all’Assemblea nazionale.
E poi si sa che le legislative storicamente favoriscano i Partiti più tradizionali e meno estremisti.
Per non dire che “governare” spesso fa perdere consensi, per cui Macron potrebbe anche aver messo in conto che la destra, dopo due anni e mezzo di un eventuale governo, potrebbe uscirne indebolita.
Lo so che, messa così, potrebbe sembrare una partita alla roulette, ma la politica spesso è anche questo, vale a dire un rischio più o meno calcolato.
Avremo tempo per vedere quali saranno le alleanze che verranno concluse dai partiti, sia a destra che a sinistra, per le imminenti elezioni, ma sono pronto a scommettere che Macron con la sua scelta ha voluto creare anche un clima di paura, mettendo i francesi di fronte alla prospettiva di essere governati dall’estrema destra.
A noi non resta che constatare che queste europee hanno messo in crisi lo storico asse franco-tedesco.
Con quali sbocchi lo vedremo solo vivendo.