18 Giugno 2024 - 9.23

Il G7 delle anatre zoppe

Tutte le cose hanno un dopo, e calata la polvere sul vertice mondiale del G7, forse vale la pena fare un piccolo bilancio.

Non date retta alla soddisfazione sparsa a piene mani dalla nostra Premier durante la conferenza stampa finale.

Cosa volete che dicesse?

Ovvio che per lei sia stato un grande successo, e onestamente sono d’accordo con lei, quando dice che l’Italia ha fatto una bella figura, sia dal punto di vista organizzativo, sia relativamente al ruolo politico.

Ma come nel calcio si usa dire che una squadra gioca bene o male anche in funzione dell’avversario che si trova di fronte, così Giorgia Meloni ha potuto brillare perché, volenti o nolenti, quello pugliese è stato il “G7 delle anatre zoppe”, le famose “lame duck” degli anglosassoni.

Già perché con la guerra in Ucraina giunta al terzo anno, i partiti di estrema destra che assaltano i centri di potere europei, il Medio Oriente in fiamme, il mondo democratico avrebbe avuto urgentemente bisogno di una forte leadership da parte del G7. 

Un sogno, perché nella località costiera di Borgo Egnazia, si è tenuto probabilmente il più debole raduno di leader che il gruppo abbia raccolto da anni e anni.

A parte Giorgia Meloni, sicuramente la più in forma sotto tutti i sensi, guardiamoli gli “altri”.

Il francese Emmanuel Macron e il britannico Rishi Sunak  stanno entrambi affrontando delle campagne elettorali che hanno convocato per tentare di invertire le loro sorti.  Al riguardo Macron rischia una coabitazione forzata con l’estrema destra della Le Pen, e Sunak, a voler essere buoni, è “un morto che cammina”.

Il tedesco Olaf Scholz è stato umiliato dai nazionalisti di estrema destra dell’Afd nelle elezioni del Parlamento europeo dello scorso fine settimana, ed il suo Governo rappresenta poco più del  30% dell’elettorato teutonico.

Justin Trudeau, primo ministro per nove anni in Canada, ha parlato apertamente della sua intenzione di lasciare il suo “folle” lavoro. 

Il giapponese Fumio Kishida sta sopportando il suo più basso indice di gradimento personale, in vista del voto per la leadership che si svolgerà nel corso dell’anno. 

E infine Joe Biden, alle prese con la condanna del figlio Hunter, ad appena due settimane dal primo cruciale dibattito con Donald Trump, in una campagna elettorale che il vecchio Presidente rischia seriamente di perdere.

Come dicevo, in questo campionario di debolezze, appunto di “anatre zoppe”, non poteva non brillare la nostra premier, che due anni dopo essere salita al potere,  ha ulteriormente aumentato la popolarità del suo partito alle elezioni europee di domenica, e se saprà giocarsela bene nei corridoi di Bruxelles potrebbe svolgere un ruolo importante nel definire la nuova direzione politica della Ue.

Per tutte queste ragioni, nel vertice pugliese i Paesi partecipanti hanno dovuto giocare prevalentemente in “difesa”. 

Il fatto che le cose siano andate lisce, e tutti gli obiettivi siano apparentemente a portata di mano (e non era per nulla scontato),  può sicuramente essere considerato un successo. 

L’unico inghippo è stata la controversia sulla citazione dell’aborto nel documento finale, che ha portato Macron e la Meloni ai ferri corti, ma a che a mio avviso la dice lunga sulla inconsistenza del vertice sulle altre questioni cruciali per il mondo.

Non stupisce se il noto quotidiano Usa “Politico” abbia, non si sa se scherzosamente o meno,  definito il vertice come “L’ultima cena”, sicuramente avendo in mente che per alcune delle persone che si sono riunite in Puglia, sarà stato certamente l’ultimo appuntamento del genere. 

A cosa serve il G7?

Nato nel 1975, ma formalizzato nel 1986 con l’ingresso dl Canada, è un Forum  intergovernativo di cui fanno parte Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti, che dal 1998 al 2014 è stato affiancato dal G8 allargato alla Russia (sospesa dopo l’invasione della Crimea). 

Pur rappresentando oltre il 62% della ricchezza netta mondiale, con il tempo il suo ruolo a mio avviso si è via via ridimensionato.

Il mondo sta cambiando, nuovi attori si affacciano sulla scena, nuovi equilibri geo politici sono in fase di ridefinizione, e di conseguenza la mia impressione è che, come l’ Onu, il G7 debba essere almeno ripensato, se non addirittura abbandonato. 

E la riprova l’abbiamo avuta anche a Borgo Egnazia, perché ai sette leader occidentali si sono aggiunti il presidente ucraino Volodymyr Zelensky,  il leader turco Recep Tayyip Erdogan, ben tre leader del nucleo storico dei Brics, il premier indiano fresco di riconferma Narendra Modi, il brasiliano Lula ed il sudafricano Ciryl Ramaphosa.

Ma sono stati presenti per l’Africa anche Abelmadjid Tebboune, presidente algerino, assieme all’egiziano Abdel Fattah al-Sisi, al tunisino Kais Saied, e al kenyano William Ruto. 

Presente anche il Medio Oriente con figure di spicco come il principe saudita Mohammad bin Salmanil re di Giordania Abd Allah IIe Mohammad bin Zayed, presidente degli Emirati Arabi Uniti. 

Per l’America del Sud, oltre Lula, era presente anche l’argentino Javier Milei.

Fate due somme e vedrete che, di fatto, in Puglia è andato in scena in realtà un G20.

Guardate, non voglio dare l’impressione di essere disfattista a tutti i costi.

Ma ci sono due elementi che mi hanno confermato nella mia idea che il G7 non sia più quello dei decenni addietro.

Vi ricordate i Black bloc? 

Ma sì, quei gruppi di manifestanti, prevalentemente anarchici e provenienti da varie nazioni, spesso riconoscibili dall’abbigliamento di colore nero, che a partire dagli anni ‘90’ hanno dato vita, sia in Europa che negli Stati Uniti, a violenti scontri con le forze dell’ordine durante cortei e manifestazioni di movimenti no global, che trovavano la loro sublimazione proprio in occasione dei vertici del G7 o G8, mettendo a ferro e fuoco le città.

Ebbene, vi sarete accorti che questa volta non si è mobilitata nessuna di queste vere e proprie orde di delinquenti, probabilmente a testimonianza che i G7 non sono poi così importanti come un tempo.

Il secondo elemento è la presenza al summit di Papa Francesco, prima volta di un Pontefice romano da quando esiste il G7.

L’invito a mio avviso può avere due chiavi di lettura.

La prima, che in un mondo carico di promesse, ma anche in preda a tante paure, la Chiesa Cattolica viene riconosciuta come voce autorevole, che ha qualcosa da dire sulle questioni di interesse generale, con una particolare vocazione a difendere “beni comuni universali”: la pace, l’ambiente, la dignità della persona, la libertà religiosa, e nella specie anche segnalare i rischi derivanti dall’Intelligenza Artificiale.

La seconda, letta scherzosamente, che la situazione del mondo sia talmente ingarbugliata, e talmente a rischio, che ai grandi non resta che affidarsi a chi dovrebbe avere una certa “dimestichezza” con la Divina Provvidenza.

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