8 Luglio 2024 - 9.23


Terremoto a destra; nasce il clan dei “Patrioti”.  C’è sempre qualche “patriota” più sovranista di te!

Umberto Baldo

Vi avevo profetizzato che non ci saremmo annoiati dopo le europee.

E non era neppure difficile pronunciare un simile vaticinio, perché troppe sono le tensioni in campo, e tutti quelli che non sono invitati alla “tavola” a Bruxelles  cercano di posizionarsi per contare qualcosa di più. 

Già perché se sei fuori dal giro che conta potrai anche dire la tua in Parlamento, ma mentre tu abbai alla luna, a decidere saranno gli altri.

Quindi il punto di partenza è che per avere un po’ di voce in capitolo devi avere un Gruppo al Parlamento Europeo; ma per poterlo validamente costituire servono 23 eurodeputati, però appartenenti a 7 Paesi diversi (e delle due questa è di solito la condizione meno facile da ottemperare). 

Ad oggi (e non a caso sottolineo ad oggi, perché in realtà le cose cambiamo ora per ora) si stima che i Popolari (189 seggi) restino il primo Gruppo politico all’Europarlamento, seguiti dai Socialisti (136 seggi), dai Conservatori di Giorgia Meloni (83), da Renew Europe (74 seggi), da Identità e Democrazia (58 seggi), dai Verdi (51 seggi), dall’Estrema sinistra (39 seggi).

Tanto per dire, i deputati “contiani” (ex 5Stelle) per non restare fra i “cani sciolti” hanno chiesto di aderire proprio al Gruppo dell’Estrema Sinistra radicale (The Left); per capirci quello dove siedono Ilaria Salis e Karola Rakete.  Auguri e figli maschi!

A sparigliare il tavolo la scorsa settimana ci ha pensato il primo ministro ungherese Viktor Orbán, leader del partito di estrema destra Fidesz, annunciando  l’intenzione di creare un nuovo Gruppo parlamentare di destra nel Parlamento Europeo, chiamato “Patrioti per l’Europa”. 

Il progetto era nato da un’alleanza con Herbert Kickl, il leader del Partito della Libertà Austriaco (FPÖ), di estrema destra, e con Andrej Babis, l’ex primo ministro della Repubblica Ceca, del partito populista Azione dei Cittadini Insoddisfatti (ANO). 

Nel corso della scorsa settimana ha annunciato l’adesione al nuovo gruppo il Partito portoghese di estrema destra Chega, guidato da André Ventura, reduce da un  ottimo risultato alle elezioni portoghesi di marzo.

Parimenti hanno annunciato la loro decisione di unirsi ai “Patrioti per l’Europa” anche i partiti di estrema destra spagnolo, olandese, danese, e belga. 

Con questi arrivi adesso Orbán avrebbe i numeri per costituire ufficialmente il suo Gruppo.  

In prospettiva ai “Patrioti per l’Europa” potrebbe inoltre unirsi anche il Rassemblement National (RN) francese, che ha 30 eurodeputati, oltre che la Lega di Matteo Salvini, che lo ha reso noto con un comunicato in cui si definisce «da sempre favorevole a un nuovo gruppo patriottico». 

I Patrioti per l’Europa potrebbero essere ufficialmente fondati nei prossimi giorni (il termine ultimo per costituire i Gruppi è il 15 luglio), e nel caso di adesione di RN diventerebbero il terzo gruppo più numeroso, dopo il Partito Popolare Europeo di centrodestra e i Socialisti di centrosinistra. 

Guardate che qui non siamo di fronte al consueto posizionamento di Partiti e Deputati, normale dopo ogni elezione.

Quello in atto è un vero e proprio terremoto, innescato da un progetto politico pensato da Orbàn (cacciato dai Popolari e non gradito ai Conservatori di Meloni), che sta calamitando le forze alla destra dell’emiciclo, ridisegnando i confini dei gruppi, e rimescolando gli equilibri. 

E gli ultimi due acquisti, quelli che finora hanno fatto più rumore, sono gli spagnoli di Vox (quelli dell’amico Abascal), e il Partito per la Libertà di Geert Wilders, quest’ultimo appena entrato nella nuova coalizione di governo nei Paesi Bassi.

Immaginate cosa potrebbe succedere se aderissero anche il RN della Le Pen, e la Lega di Salvini.

Già con la sola uscita di Vox i Conservatori-Ecr (il gruppo della Meloni) sono scesi a quota 78 seggi: soltanto quattro in più dei liberali di Renew, che però si aspettano nuovi ingressi nei prossimi giorni. 

E se dovessero esserci altre fuoriuscite c’è il rischio di un ulteriore sorpasso, che potrebbe far scivolare Ecr dal terzo al quinto posto nella graduatoria dei Gruppi, e far salire il nuovo Gruppo dei “Patrioti per l’Europa” al terzo, con 79 seggi (sempre che la Le Pen si aggreghi eh). 

Per carità, non è che anche nei “Patrioti per l’Europa” ci sia un “idem sentire” su tutti i temi: tanto per dirne una i Partiti che già hanno aderito al nuovo Gruppo, ma anche quelli che potrebbero farlo, hanno posizioni molto diverse in politica estera, e soprattutto sulla guerra in corso fra Russia e Ucraina. Wilders e il Partito Popolare Danese sono convinti e attivi sostenitori dell’Ucraina invasa dalla Russia di Vladimir Putin, mentre Orbán in questi anni è stato spesso il principale ostacolo all’approvazione degli aiuti europei per l’Ucraina.  Ma evidentemente prevale sempre in tutti il “Parigi val bene una messa!

Ad ogni buon conto, se non vi sembra un terremoto questo, ditemi cos’è!

A questo punto io credo che, soprattutto per motivi di chiarezza, sarebbe opportuno che Giorgia Meloni cambiasse il nome con cui chiama i suoi adepti, perché ci sono troppi “patrioti” in giro, e fra i suoi e quelli di Orbàn è facile confondersi.  

Arrivando alle conseguenze politiche, che saranno inevitabili, è evidente che le manovre dei “patrioti” (di Orbàn)  mettono a rischio il ruolo di Giorgia Meloni nella destra continentale, ed in prospettiva gli stessi equilibri del governo italico. 

Come accennato, i suoi Conservatori non saranno più, con tutta probabilità, il terzo gruppo a Strasburgo, con grande giubilo (pubblico) di Matteo Salvini, che quanto a “sciacallaggio politico” non ha nulla da imparare.  

I nodi stanno venendo al pettine: tre partiti con tre linee diverse in Europa portano a Roma le proprie contraddizioni. 

Ha voglia a sminuire Tajani, dicendo che «L’Europa è un’altra cosa», nel mentre i movimenti ostili di Viktor Orban (con Matteo Salvini a traino) stanno svuotando i Conservatori, la creatura sulla quale Meloni ha investito da anni per accreditarsi anche fuori dai confini.

E comunque la si veda, è indubbio che i veleni coltivati a Bruxelles possono facilmente riversarsi nei corridoi dei Palazzi romani, e inquinare i rapporti tra alleati.   Non sarebbe la prima volta. 

Giorgia Meloni forse sperava che la fine della campagna elettorale europea, e i buoni risultati ottenuti dalle forze di governo nelle urne, potessero rasserenare il clima all’interno dell’Esecutivo. Invece, il vento si muove in direzione contraria. Salvini e Meloni si sono immersi in una competizione tossica, in cui la Premier continua ad essere attaccata su più fronti, mentre il leader della Lega, appena può, e lo fa ogni giorno, getta sale sulle sue ferite.

Che dire?

In primis che Giorgia Meloni, da politica di lungo corso, dovrebbe sapere bene che la riconoscenza non appartiene a quel mondo, ed il “tradimento” di Abascal, per il quale la nostra Premier si era spesa in molte occasioni, ne è la prova provata. 

Ma non sempre tutto il male vien per nuocere, e proprio l’uscita dei neo-franchisti di Vox dal Gruppo dei Conservatori, potrebbe costituire per Giorgia Meloni l’occasione per imporsi come la leader di una destra conservatrice ma responsabile. 

I suoi attuali alleati, quelli che le sono rimasti, dal Partito Ods del premier greco, ai nazionalisti fiamminghi della N-va, sono relativamente moderati.  E anche i Finlandesi ed i Democratici svedesi, pur essendo considerati di estrema destra, sono saldamente ancorati su posizioni filo ucraine.

Perché, inutile nasconderlo, il discrimine vero fra i Conservatori di Meloni ed i “Patrioti” di Orbàn e compagni è la politica chiaramente filo russa di questi ultimi. 

In definitiva, un Ecr-Conservatori più piccolo, ma ripulito dalle scorie filo putiniane, potrebbe contribuire a rendere la Meloni più credibile, e meno isolata, dentro al Consiglio europeo. 

Ma, come vi ho già detto altre volte, ciò comporta una scelta di campo definitiva, e si tratta di vedere se Giorgia Meloni è pronta a farla.

A mio modesto avviso le conviene, perché spero abbia capito che per quanto tu sia “patriota”, c’è sempre qualcuno più “patriota” di te.

Umberto Baldo

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