Il sistema elettorale inglese funziona. In Italia si litiga sul premierato
Erasmus
Mi rendo conto che di questi tempi sotto l’ombrellone sia più facile che i discorsi riguardino la figura barbina della nostra Nazionale di calcio, o su chi alle fine vincerà questi Europei, ma c’è sempre chi invece continua ad essere attento alle vicende del mondo, fra guerre, politica ed elezioni.
E sicuramente fra i temi più “gettonati” ci sono l’autonomia differenziata ed il premierato.
Pensate che sabato mattina una signora che conosco da anni mi ha inviato questo messaggio: “Hai visto come girano le cose in Inghilterra? Hanno votato il giovedì; il venerdì il capo dei laburisti Keir Starmer era a Buckingham Palace da Re Carlo per farsi dare il mandato, e sabato c’era già il Governo. In quarantottore tutto fatto”.
Concludeva la mia interlocutrice: “E noi stiamo discutendo da mesi, e chissà per quanto ancora, sulla riforma del “premierato”, il cui fine dichiarato è quello di attribuire al premier poteri tali da stabilizzare le maggioranze di Governo, e di evitare “inciuci” (cambi di inquilino a Palazzo Chigi) nel corso di una legislatura”.
Ovviamente ho cercato di sviluppare con la mia amica qualche ragionamento su questa problematica, ma poiché la sua domanda era assolutamente pertinente, e immagino se la sia posta anche qualcuno di voi, cerchiamo di capirci qualcosa di più.
Per cominciare, il Regno Unito adotta un sistema elettorale denominato “First past the post”, le cuiradici risalgono al Medioevo, e che trae ispirazione dalle corse di cavallitradizionali in Inghilterra, dove “vince il primo che supera il palo”.
Trattasi del sistema maggioritario più semplice da applicare, perché prevede che il candidato che prende più voti (anche uno solo in più) in un singolo collegio viene eletto.
In altri termini i voti dei “perdenti” vengono azzerati, meglio non vengono recuperati un alcun “Collegio Unico nazionale” per una successiva ripartizione.
E’ il classico “chi vince piglia tutto”!
Per cosa hanno votato gli inglesi giovedì scorso?
Per eleggere i 650 membri della Camera dei Comuni, che è la sola Camera elettiva.
L’altro ramo del Parlamento, la Camera dei Lords (House of Lords) era tradizionalmente una camera formata da aristocratici che vi sedevano per diritto di casta.
Ora è composta da membri per diritto ereditario, i vescovi della Chiesa Anglicana (noti come Lords Spiritual), e membri nominati (Pari a vita, che non trasmettono ai propri discendenti il diritto di sedere alla Camera dei Lord).
Senza approfondire troppo, basti dire che, proprio per il fatto che la Camera dei Lords non viene eletta dai cittadini, quest’ultima non vota la fiducia al Governo, e ha un potere ridotto riguardo alle proposte già approvate dalla Camera bassa (Comuni). Può al massimo proporre emendamenti ed esercitare un veto sospensivo, ossia ritardare l’approvazione di una legge per due sessioni parlamentari (dodici mesi), e dal 1949 è stato anche limitato ad un mese il potere di veto sulle leggi riguardanti la tassazione e la finanza pubblica.
Avrete capito che nell’Inghilterra del Re, delle divise, delle parrucche, delle tradizioni dure a morire, i Lords sono un retaggio del passato, ma con un potere sempre più virtuale che reale.
Altra particolarità che rende il sistema costituzionale britannico un unicumnel panorama internazionale è quella di essere fondato su una Costituzione non scritta, frutto di una plurisecolare tradizione di natura consuetudinaria e convenzionale (Constitutional Conventions).
Tutto qui! Come vedete un sistema elettorale così facile che lo capisce anche un bambino.
Tornando alla meraviglia della mia amica per la velocità con cui è nato il Governo Starmer, credo sia evidente che ciò dipende proprio da queste regole, che indubbiamente danno vita ad un sistema con diversi pregi.
Il primo, come accennato, è che è estremamente semplice, dunque non richiede particolari conoscenze da parte dell’elettore.
Inoltre, tende a creare un naturale solido legame tra il candidato e gli elettori del suo collegio (detto accountability). E’ noto che un giorno alla settimana il deputato inglese sta nel suo collegio per ricevere ed ascoltare qualunque cittadino voglia parlargli.
Per non dire che, per convenzione, da sempre il Capo del Partito che vince le elezioni viene incaricato automaticamente dal Sovrano come Primo Ministro, ovvero capo del Governo. Il Governo rimane in carica fino al termine del suo mandato, o finché la stessa Camera dei Comuni non vota la sfiducia.
Il vantaggio principale di questo sistema è che favorisce il bipartitismo, dunque tende a produrre una maggioranza assoluta (favorendo la governabilità di cui noi in Italia blateriamo da anni)
Sistema perfetto quindi?
Vi ho detto svariate volte che non esiste una legge elettorale perfetta, cioé che garantisca allo stesso tempo rappresentatività e governabilità.
E così anche il sistema inglese presenta delle contro-indicazioni.
Fra queste il fatto che il bipartitismo, se da un lato favorisce la governabilità, dall’altro ostacola l’affermarsi di Partiti esterni e alternativi, o di partiti di minoranza.
Il problema è analogo a quello del sistema presidenziale americano. Sapete infatti che negli Usa per vincere non conta il numero dei voti conquistati in assoluto, ma il numero degli Stati conquistati. E succede spesso che un Presidente venga eletto anche se ha preso in valore assoluto meno voti dell’avversario, ma si è aggiudicato più Stati.
Analogamente nelle elezioni politiche inglesi contano solo i collegi nei quali il candidato prende almeno un voto in più.
E così in Gran Bretagna è una costante che qualche formazione politica prenda a livello nazionale qualche milione di voti, ed una percentuale significativa, ma poi si trovi con un numero di deputati ridicolo, o addirittura senza, proprio perché quei voti sono diffusi su tutto il territorio nazionale, e non concentrati in un certo numero di collegi.
Ma a questo punto immagino che qualcuno si stia chiedendo: ma se il sistema inglese garantisce senza dubbio la governabilità, perché non adottarlo anche in Italia, dove da decenni si discute di riformare la Costituzione per risolvere il problema dell’instabilità dei governi e della lentezza nell’approvazione delle leggi?
Io credo che ne stiamo appunto discutendo da decenni sostanzialmente per un fattore culturale.
E’ innegabile che una parte importante della nostra politica guardi con sospetto qualsiasi modifica all’attuale assetto costituzionale che attribuisca maggiori poteri al premier.
Della cosiddetta “paura del tiranno” ve ne ho già parlato qualche giorno fa commentando l’intervista del Presidente della Consulta Augusto Barbera.
Se poi a fare la proposta del “premierato” è un Governo di destra la diffidenza, per usare un eufemismo, va alle stelle.
E visto che abbiamo parlato del sistema inglese, vale la pena di sottolineare che il Primo Ministro britannico non viene eletto direttamente dai cittadini (abbiamo visto che nel sistema politico britannico è la leadership di Partito ad essere collegata alla premiership di Governo).
Di conseguenza non è assolutamente vero che per avere stabilità dei Governi sia necessario che gli italiani eleggano direttamente il Premier, come sostenuto da Giorgia Meloni.
Esistono altre soluzioni possibili (solo per fare un paio di esempi, l’introduzione della sfiducia costruttiva, e la concessione al premier del potere di nomina e revoca dei Ministri), ed ecco perché sarebbe opportuno che invece di partire con i “referendum Bella ciao” la sinistra si approcciasse al problema in modo costruttivo e propositivo, e così dovrebbe fare anche la destra.
C’è poi un elemento che nessuno al momento sembra sta considerando.
Quello che il modello costituzionale del Premierato è a mio avviso intrinsecamente legato al sistema elettorale maggioritario: di conseguenza per introdurre definitivamente questa forma di governo parlamentare in Italia diventa necessario adottare una legge elettorale nuova, ed al momento sia la maggioranza di governo sia l’opposizione non mi sembrano ben disposte a scegliere una soluzione maggioritaria (e sicuramente non quella inglese del First past the post).
Ma diciamola tutta: i nostri Demostene sono intimamente, culturalmente, favorevoli al proporzionale.
Sono decisamente contrari a qualsiasi “premio di maggioranza”, e vogliono un Parlamento frazionato, con la presenza anche dei cosiddetti “Partitini” (anche quelli con 2/3 deputati), perché più le forze sono frazionate meglio possono fare i loro giochetti, i loro “inciuci”.
Detta in termini brutali, questi sono interessati ai “c….. i” loro, e non a quelli degli italiani.
Stando così le cose, fatalmente si arriverà ad un Referendum sul premierato promosso dalla “Sinistra Bella ciao”, che se dovesse passare riporterebbe tutto alla casella “Partenza”.
Con buona pace di noi fessi che li votiamo.
Erasmus